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Vecchio 02-11-2009, 16.16.33   #101
Noor
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Riferimento: Una base per l'etica

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Qualora venissero a confronto due azioni che per principio sono eticamente ineccepibili (secondo il tuo modello, è chiaro) una non può contrastare l'altra. Se venissero a confronto e si scontrassero, una delle due non potrà essere valutata come un'azione etica.
Dunque stai affermando che è una scienza assoluta?
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Vecchio 02-11-2009, 21.24.26   #102
Giorgiosan
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Riferimento: Una base per l'etica

Il tentativo di albert è lodevole, come avevo gia scritto all'inizio, ma i risultati per ricercare una base etica accettata da un largo consenso sono scarsi.
E' anche comprensibile perchè nessuno è disposto a cedere parte della propria "sovranità" di coscienza.
Con etica o con morale s’intende semplicemente prendere delle decisioni che mantengano l'integrità della persona che le prende.

Il miglioramento delle condizioni economiche che offre maggiori possibilità a tutti e lo sviluppo delle tecnologie consentono una mai conosciuta possibilità di autonomia accentuando le possibilità di un individualismo che polverizza i sistemi classici di aggregazione.
Questo sullo sfondo dei crolli delle ideologie e della diminuita influenza delle religioni.
Ognuno ha il suo codice morale e si sforza invano chi vuole ricondurre le morali individuali a fondamenti comuni.

Dunque non rimane che concentrarsi sulle leggi, quelle promulgate dagli stati, che sono di natura coercitiva...ma le leggi sono scelte da una maggioranza e non possono quindi soddisfare tutti.

Non abbiamo altro di meglio o di meno peggio.

Per quanto riguarda l'etica ciascuno sarà guidato dalla sua esperienza (etica): le sue scelte gli faranno comprendere come ci si avvicinà alla serenità o ci se ne allontana....forse questo criterio condurrà in luoghi etici contigui se non nello stesso luogo.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 03-11-2009, 18.15.52   #103
Il_Dubbio
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Riferimento: Una base per l'etica

Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
Il tentativo di albert è lodevole,

Su questo non ci sono dubbi

ciò che non condivido è limitare la nostra analisi, per una base per l'etica, solo attraverso l'azione passiva, al - (meno) e non al più (+).
Non vedo perché ci si dovrebbe limitare ad apprezzare un'azione solo quando essa non danneggia gli altri e non anche quando un'azione si muove per favorire gli altri.

L'azione passiva è lodevole fin che è pensata per tutelare la libertà degli altri.
Non muovo il mio braccio per fermare la tua mano suicida perché voglio ostacolare la tua libertà di toglierti la vita, ma perché voglio trasferire in te il bene della vita.
Questa è altrettanto un'azione etica (secondo me), non passiva ma attivata per il bene dell'altro.

Sarà sicuramente più difficile comprendere quando essere passivi e quando invece essere attivi. Ma se togliamo questo dubbio, che è anche il sale, sapremmo sempre cosa è meglio fare e nessuno sbaglierebbe.
Come hai ben detto è una questione di coscienza, e solo dentro di essa, in quell'unità irrazionale, possiamo trovare la giusta risposta...che sarà comunque sempre sofferta, dolorosa, alcune volte anche impietosa, ma pur sempre non calcolabile.

[spero di aver chiarito la mia posizione anche per Noor]
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 23-12-2009, 18.12.08   #104
Nikolaj Stavrogin
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Riferimento: Una base per l'etica

Purtroppo io non condivido la posizione che vuole che le azioni siano intrinsecamente buone o cattive. Ad esempio, trovo difficile che l'omicidio siano intrinsecamente buono o cattivo, ovvero che proprio l'atto in se stesso, in tutti i casi possibili e immaginabili, sia malvagio. Infatti, come avete già citato voi, il suicidio è un caso particolare e difficile. Ma vorrei usare una situazione ancor più palese.

Supponiamo che un anziano signore, in fin di vita, stia vivendo i suoi ultimi giorni attaccato ad una macchina ospedaliera che lo tiene in vita. Ora, questa stessa macchina serve urgentemente ad un bambino, e non ve ne sono altre nell'ospedale, nè in luogo vicini. Se l'anziano decidesse di sua spontanea volontà di togliersi la vita in anticipo, per permettere l'utilizzo dell'attrezzatura ad un bambino (si uccide), noi lo riterremo un atto intrinsecamente detestabile?

Io, sinceramente, no. Per me le regole comportamentali sono date a posteriori. Genericamente parlando, l'omicidio è un atto detestabile. Infatti, nell'esperienza di tutti i giorni, e nella maggior parte dei casi che ci capitano, questo sarebbe sbagliato. Dunque il "non uccidere" è una norma estrapolata dall'esperienza, per la sua valenza generale. Ma non credo sia assoluta, quindi vera in se stessa, e valida atemporalmente, in ogni caso e in ogni luogo.

Per chi concorda con me, è veramente difficile credere che le norme morali possano fondarsi su principi assoluti, quando nemmeno il più importante di tutti - il "non uccidere"! - si fonda su di essi.

Quindi io non partirei da norme generali (forse anche troppo astratte), per poi vedere che nel concreto cozzano fra di loro. Piuttosto mi chiederei, perchè uno stesso atto x lo ritengo valido in una situazione s, e invalido in una situazione t?

Perchè è condannabile l'omicidio di un uomo sconosciuto che sta camminando in mezzo alla strada, e non il suicidio del povero vecchio di cui ho parlato più sopra?
Nikolaj Stavrogin is offline  
Vecchio 23-12-2009, 22.32.08   #105
Koli
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Riferimento: Una base per l'etica

Citazione:
Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Purtroppo io non condivido la posizione che vuole che le azioni siano intrinsecamente buone o cattive. Ad esempio, trovo difficile che l'omicidio siano intrinsecamente buono o cattivo, ovvero che proprio l'atto in se stesso, in tutti i casi possibili e immaginabili, sia malvagio. Infatti, come avete già citato voi, il suicidio è un caso particolare e difficile. Ma vorrei usare una situazione ancor più palese.

Supponiamo che un anziano signore, in fin di vita, stia vivendo i suoi ultimi giorni attaccato ad una macchina ospedaliera che lo tiene in vita. Ora, questa stessa macchina serve urgentemente ad un bambino, e non ve ne sono altre nell'ospedale, nè in luogo vicini. Se l'anziano decidesse di sua spontanea volontà di togliersi la vita in anticipo, per permettere l'utilizzo dell'attrezzatura ad un bambino (si uccide), noi lo riterremo un atto intrinsecamente detestabile?

Penso - ma mi potrei sbagliare -, che troverai ben poche persone sostenitrici della posizione etica che stai criticando. Generalmente (eslcudendo qualche fondamentalista, che però non ci interessa per il nostro discorso) si accetta che una norma morale non vada sempre seguita.

Ad ogni modo, quello che il tuo intervento mette implicitamente in risalto è - credo - il conflitto fra i diversi doveri (ad esempio il dovere di non uccidere, rubare, mentire ecc.) che una medesima persona può considerare fondamentali del suo agire etico. Queste situazioni producono quelli che sono anche chiamati dilemmi etici.
Il conflitto/dilemma nasce quindi quando 2 doveri che fanno parte del sistema etico di x si scontrano, ponendosi in un rapporto di esclusione: devo scegliere di seguire o il dovere a oppure il dovere b, nonostante entrambi facciano parte del mio sistema di credenze etico.

A titolo esemplificativo, modifichiamo un po' il tuo esempio:
sono il medico che deve decidere se mettere a disposizione del paziente anziano (P.a) o del bambino (P.b), l'unico apparecchio presente in ospedale che può salvare la vita ad uno solo di loro 2.
Ipotizziamo per comodità che P.a sia un senza tetto e privo di familiari che possano decidere per lui, arrivato in ospedale in coma ma prima del bambino.
P.a è già attaccato alla macchina quando il bambino arriva in ospedale.
Posso scegliere di staccare la macchina da P.a e ucciderlo (andando contro il mio dovere di non uccidere) e attaccarla al bambino (andando verso il mio dovere di salvare la vita) o viceversa.
Naturalmente l'esempio si può complicare aumentando il numero dei bambini o ipotizzando che il bambino sia il proprio figlio ecc.

Non mi interessa che qualcuno risponda che cosa farebbe lui, volevo solo rendere più chiaro quello che rilevavo nel tuo intervento.

Citazione:
Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Piuttosto mi chiederei, perchè uno stesso atto x lo ritengo valido in una situazione s, e invalido in una situazione t?
Molto semplicemente perché le situazioni sono diverse. L'imperativo "non uccidere" ad esempio, non può, come dici, essere seguito sempre e comunque perché si può scontrare con un altro imperativo.

Citazione:
Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Perché è condannabile l'omicidio di un uomo sconosciuto che sta camminando in mezzo alla strada, e non il suicidio del povero vecchio di cui ho parlato più sopra?
C'è ovviamente differenza fra un omicidio e un suicidio. Ci può ovviamente essere differenza anche fra un omicidio ed un altro. Questa differenza a volte la si può riscontrare nella motivazione o nelle circostanze oggettive che che producono le prime e che spingono qualcuno ad uccidere. Se sono ad esempio spinto ad uccidere perché la mia incolumità è minacciata seriamente, sarò giudicato diversamente da chi uccide per rapina. Questo mi sembra non problematico.
Koli is offline  
Vecchio 23-12-2009, 23.10.10   #106
Nikolaj Stavrogin
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Riferimento: Una base per l'etica

Citazione:
Penso - ma mi potrei sbagliare -, che troverai ben poche persone sostenitrici della posizione etica che stai criticando. Generalmente (eslcudendo qualche fondamentalista, che però non ci interessa per il nostro discorso) si accetta che una norma morale non vada sempre seguita.

Spero anche io che sia come dici tu. Però non riesco a pensarlo, la mia esperienza quotidiana mi insegna che ci sono più fondamentalisti di quel che si vede.

Citazione:
Ad ogni modo, quello che il tuo intervento mette implicitamente in risalto è - credo - il conflitto fra i diversi doveri (ad esempio il dovere di non uccidere, rubare, mentire ecc.) che una medesima persona può considerare fondamentali del suo agire etico. Queste situazioni producono quelli che sono anche chiamati dilemmi etici.
Il conflitto/dilemma nasce quindi quando 2 doveri che fanno parte del sistema etico di x si scontrano, ponendosi in un rapporto di esclusione: devo scegliere di seguire o il dovere a oppure il dovere b, nonostante entrambi facciano parte del mio sistema di credenze etico.

D'accordo, ma questi tipi di doveri morali da dove "saltano fuori"? Aveva ragione Kant quando diceva che esisteva una "legge morale dentro ognuno di noi"?

Io non d'accordo con Kant, come ho detto, un "dovere" come dici tu, lo recepisco a posteriori, come norma generalizzata della società in cui vivo. Dunque, se queste norme sono forme generali di un agire comunemente condiviso, c'è si dilemma etico, ma non si scontrano due assoluti. Allora è possibile valutare caso per caso quale due seguire.

Citazione:
Molto semplicemente perché le situazioni sono diverse. L'imperativo "non uccidere" ad esempio, non può, come dici, essere seguito sempre e comunque perché si può scontrare con un altro imperativo.

E' che vedi, a me non piace molto parlare in termini di doveri o imperativi. E' una morale molto stoica e kantiana, che rispetto, ma non la condivido.

Quello che premeva a me era di uscire da un'ottica in cui si pensa che siano le azioni in sè ad essere condannabili, o che certe azioni siano "quasi sempre" condannabili, in favore di un'etica - come dici tu - dei particolari, e consequenzialistica. Dove il contesto è fondamentale per la scelta del nostro agire, e anche le conseguenze del nostro agire lo sono altrettanto. E quindi, spostando il baricentro da "azione in sè", a conseguenza dell'azione, dare più importanza alle conseguenze. Dobbiamo farci consapevoli che alcuni nostre azioni, suppur non essendo per niente cattive in sè, possono dare a conseguenze terribili. Essere più previdenti, e più responsabili.
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Vecchio 24-12-2009, 10.47.33   #107
Koli
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Non voglio discutere qui Kant in modo "approfondito" perché meriterebbe una discussione a parte. Provo a rispondere comunque alle tue osservazioni per non eluderle.

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Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Aveva ragione Kant quando diceva che esisteva una "legge morale dentro ognuno di noi"?
Forse sì. Spesso sappiamo bene cosa si dovrebbe fare, ma per varie ragioni non lo facciamo.

Citazione:
Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Io non d'accordo con Kant, come ho detto, un "dovere" come dici tu, lo recepisco a posteriori, come norma generalizzata della società in cui vivo.
La società può avere molti doveri (molti dei quali possono essere "approvati" da Kant), ma il dovere come lo intende lui (necessità di un'azione per rispetto della legge) non coincide con una concezione "volgare" di dovere. A questo proposito fa la distinzione fra azioni compiute conformemente al dovere e azioni per dovere.

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Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Dunque, se queste norme sono forme generali di un agire comunemente condiviso, c'è si dilemma etico, ma non si scontrano due assoluti. Allora è possibile valutare caso per caso quale due seguire.
L'etica di Kant non è infatti solipsistica, ma tiene conto degli altri.
Inoltre non bisognerebbe considerarla come se fosse pura formalità; come se dicesse che, se utilizzassimo l'imperativo categorico saremmo certi di agire bene.
Egli riserva infatti spazio, all'interno del suo discorso morale, anche alla facoltà del giudizio "affinata attraverso l'esperienza" (Prefazione della Fondazione della metafisica dei costumi) che distingue in quali casi le leggi a priori vadano applicate. Non si dovrebbe quindi, a mio parere, parlare di etica deontologica come la intendi tu, a 360 gradi, nel Kant etico.

In pratica non siamo, per egli, dei robot che, dopo aver stabilito che "mentire è sbagliato", lo applichiamo sempre e comunque in tutte le situazioni. Le cose non stanno cosi. Possiamo, attraverso il giudizio e l'immaginazione, giudicare i casi dove le cose non sono cosi semplici; sono questi quelli a cui mi riferivo nel mio precedente intervento.
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Vecchio 24-12-2009, 13.37.02   #108
Nikolaj Stavrogin
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Citazione:
Aveva ragione Kant quando diceva che esisteva una "legge morale dentro ognuno di noi"?

Forse sì. Spesso sappiamo bene cosa si dovrebbe fare, ma per varie ragioni non lo facciamo.

Invece altre volte ci sono persone che compiono azioni per noi incondivisbili, ma che per loro sono il massimo della rettitudine. Prendi l'esempio dei kamikaze mediorientali; sono fermamente convinti che col loro gesto andranno in paradiso, e che quella è una azione assolutamente buona, e per questo la compiono. Cerrto, io non sostengo, in questo caso (e tantomeno negli altri), che questo modo di agire sia in qualche modo innato. Io sostengo semplicemente che l'idea che l'omicidio tramite kamikaze sia buona, gli derivi dall'educazione, quindi a posteriori. E purtroppo, non vedo motivi per dire che loro sapessero di fare azioni sbagliate, ma che le abbiano fatte lo stesso.

Tento semplicemente di dire che l'asserzione "esiste una legge morale dentro ognuno di noi" può essere intesa in due modi: o è a priori, o è a posteriori. Io credo nella seconda, e in questo caso certa gente si suicida con lo scopo di uccidere, purtroppo, perchè così gli è stato "insegnato" (indottrinato).

Quindi - ribadisco - non concordo con Kant sul fatto che la nostra legge morale (se c'è nè una), sia presente innatisticamente in ognuno di noi, e che questa legge sia la stessa per ogni individuo.


Citazione:
Dunque, se queste norme sono forme generali di un agire comunemente condiviso, c'è si dilemma etico, ma non si scontrano due assoluti. Allora è possibile valutare caso per caso quale due seguire.

L'etica di Kant non è infatti solipsistica, ma tiene conto degli altri.
Inoltre non bisognerebbe considerarla come se fosse pura formalità; come se dicesse che, se utilizzassimo l'imperativo categorico saremmo certi di agire bene. [...] Non si dovrebbe quindi, a mio parere, parlare di etica deontologica come la intendi tu, a 360 gradi, nel Kant etico.

Sono d'accordo con te, infatti la morale kantiana è piuttosto particolare (e per questo ho ribadito di stimarla, purn on condividendola ).
Il fatto qua è che io non parlavo di Kant! Il discorso in questo si riallacciava all'etica "assolutistica", tipica delle religioni rivelate. Infatti non mi pare (e qui siamo d'accordo) che Kant parli di assoluti nel senso contenutistico del termine, ma parla di imperativo categorico, con 3 formule, differenti l'una dall'altra.

Per il resto non saprei, la morale kantiana la rispetto, ma non posso condividere - purtroppo :P - l'idea che esista una legge innata dentro ognuno di noi. Certo, sarebbe bello, e faciliterebbe di gran lunga le cose. Purtroppo secondo me è una premessa debole, e do molta importanza al condizionamento della società in cui si vive, e dell'educazione ricevuta (vedi il caso dei kamikaze, dove - a parer mio - l'idea di una legge innata vacilla un po').

Invece non mi hai risposto sull'etica consequenzialistic, fiondando così forte su Kant (mi piacerebbe mi dicessi cosa ne pensi a riguardo). :P
Nikolaj Stavrogin is offline  
Vecchio 24-12-2009, 23.07.11   #109
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Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Invece altre volte ci sono persone che compiono azioni per noi incondivisbili, ma che per loro sono il massimo della rettitudine. Prendi l'esempio dei kamikaze mediorientali; sono fermamente convinti che col loro gesto andranno in paradiso, e che quella è una azione assolutamente buona, e per questo la compiono.
L'osservazione è più che legittima. Si può forse rispondere accennando a quello che Kant sostiene contro il suicidio e cioè che va contro la 2° formulazione la quale esige di trattare se stessi e gli altri anche come fini e mai solo come mezzi). Inoltre quello che i kamikaze fanno, rientra negli imperativi ipotetici (che non interessano a Kant) che che come sai, hanno la formula "se voglio x devo fare y".
In questo senso penso di poter dire (sperando di non travisare di molto il pensiero del nostro) che i kamikaze pensano di agire bene ma in realtà non è cosi.
Ovviamente è la tua stessa conclusione, ma ci si è giunti mediante motivazioni diverse. Ma forse ci siamo spinti troppo avanti.

Non so inoltre se i kamikaze sarebbero disposti a universalizzare (1° formulazione) la massima che recita "uccidi gli invasori" facendola diventare legge universale.

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Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Certo, io non sostengo, in questo caso (e tanto meno negli altri), che questo modo di agire sia in qualche modo innato. Io sostengo semplicemente che l'idea che l'omicidio tramite kamikaze sia buona, gli derivi dall'educazione, quindi a posteriori. E purtroppo, non vedo motivi per dire che loro sapessero di fare azioni sbagliate, ma che le abbiano fatte lo stesso.
Bisogna, credo, stare attenti al termine "innato". Non so se la legge può essere innata o meno, ma di sicuro essa non è una cosa palese che viene fuori in modo intuitivo, anzi ha bisogno di riflessione e giudizio. Kant usa l'espressione "rischiarare nell'intelletto" per sviluppare il concetto di volontà buona alla quale è connesso quello di dovere. Anche se la legge morale fosse innata, Kant è consapevole che potrebbe anche darsi il caso che non si sia mai verificata un'azione per dovere. L'esempio dei kamikaze non inficerebbe quindi il discorso.


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Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Tento semplicemente di dire che l'asserzione "esiste una legge morale dentro ognuno di noi" può essere intesa in due modi: o è a priori, o è a posteriori. Io credo nella seconda, e in questo caso certa gente si suicida con lo scopo di uccidere, purtroppo, perchè così gli è stato "insegnato" (indottrinato).
"A priori" andrebbe inteso come non affetto dalla inclinazioni e scevro dall'esperienza e, come ho detto, mi sembra che l'esempio dei kamikaze, sia lontano dalla legge morale kantianamente intesa.


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Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Il fatto qua è che io non parlavo di Kant! Il discorso in questo si riallacciava all'etica "assolutistica", tipica delle religioni rivelate. Infatti non mi pare (e qui siamo d'accordo) che Kant parli di assoluti nel senso contenutistico del termine, ma parla di imperativo categorico, con 3 formule, differenti l'una dall'altra.
Ok, comunque quella critica gli viene rivolta, quindi non è stato tempo sprecato, da parte mia, provare a chiarire il punto. (Anche perché Kant non mi è sembrato molto chiaro su questo).

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Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Invece non mi hai risposto sull'etica consequenzialistic, fiondando così forte su Kant (mi piacerebbe mi dicessi cosa ne pensi a riguardo). :P

Mah, purtroppo non ne so quasi niente.
Se tu volessi aprire una nuova discussione su un etica del genere, la leggerei volentieri.
Koli is offline  
Vecchio 24-12-2009, 23.27.57   #110
Nikolaj Stavrogin
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Koli sei troppo kantiano per me, sul serio

Una curiosità, per caso accetti, oltre al postulato della libertà (che è fondamentale, e su cui ho poco da ridire), anche quelli dell'immortalità dell'anima e dell'esistenza di Dio?

Sinceramente è sempre stato un punto di perplessità. Soprattutto dopo il monumentale Critica della Ragion Pura; insomma, le due credenze fondamentali cristiane escono da una parte, ma risputano dall'altra.
Nikolaj Stavrogin is offline  

 



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