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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 31-12-2009, 15.42.08   #131
nexus6
like nonsoche in rain...
 
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Data registrazione: 22-09-2005
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Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Perché quando vedo le persone soffrire io sento che devo aiutarle.
Mi aspettavo questa risposta e la domanda successiva è: perché questa sensazione, su cui si basa la tua ricerca della retta via, da dove viene, da cosa è causata? Cerchi di “approssimarti il più possibile” a cosa?
Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
So che non sei cattolico* ma ti chiedo ugualmente una cosa (nella speranza che chiarisca meglio la tua domanda): e per quali motivi, un cattolico, lo fa?
Credo (e so) che lo faccia per lo stesso tuo motivo, anche se interpreta la cosa come volontà divina; ma non in tutti i casi nel senso che faccio una buona azione perché così vuole Dio, altrimenti mi punirebbe: faccio una buona azione, invece, perché sento di doverla fare ed ho fede nel fatto che sia proprio così che vuole Dio. In questo senso, mi “uniformo” a ciò che Dio vuole, è un pastore, non uno sbirro. Vivere, perciò, secondo la via di Dio, ecco la ricerca di un fedele. Almeno... ci sono cattolici che la pensano così; anche se parlano chiaramente di “leggi divine”, dunque prescrizioni di comportamento che implicano punizioni, dicono pure che Dio è nel cuore di ogni uomo, il che non è poi molto differente dalla “legge morale in me” di Kant. E' una cosa che va scoperta ed ascoltata, ecco secondo me il senso di ciò che dice Giorgio, il suo uniformarsi... o approssimarsi... a ciò che Dio vuole.

Tu come interpreti, invece, il tuo -cercare- di fare buone azioni? E' questo il senso delle mie domande, partite tutte dall'uso del verbo “cercare”. I termini non vengono mai usati a caso... ... perché cerchi di fare, di approssimarti e non... fai e basta?


*= ma sono cresciuto in Italia ed al catechismo mi ci hanno mandato... dunque ho comunque ricevuto, come tutti noi, un condizionamento, magari meno forte della media. Tutte le mie riflessioni filosofiche sono state e sono una risposta di accoglimento, a volte, o rifiuto, altre volte, degli stimoli che ho ricevuto nel fondamentale periodo della crescita. La religiosità non è tanto una questione esteriore, i sacramenti, etc..., è cosa interiore.
nexus6 is offline  
Vecchio 31-12-2009, 16.54.23   #132
chlobbygarl
Lance Kilkenny
 
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Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
[...]
(La mia concezione morale è espressa, solo superficialmente ma comunque in modo articolato, nel mio sito.)[...]

Citazione:
<<Categoria: ETICA
In molte discussioni filosofiche, quando si inizia a trattare questioni etiche, subentra immancabilmente una qualche forma di relativismo morale secondo il quale ogni giudizio etico è arbitrario, una mera convenzione. Nello specifico, ciò che è bene e ciò che è male è relativo ad una singola persona o ad un singolo gruppo. In quest’ottica, naturalmente, non può esserci spazio per controversie morali:
Perchè scusa?Non ritieni che la morale e l'etica siano sostanzialmente anche il frutto di costume e tradizione, quindi prodotto 'epocale' del tutto storicizzabile, e dunque oggetto di elaborazione continua intesa come interazione di molte etiche, di molte morali?Perchè ove si dessero molte morali non dovrebbe esserci spazio per controversie tra le medesime?Oppure perchè tale fatto non dovrebbe accadere invece proprio in un ambito di assolutismo etico, quale quello che peraltro stai rilevando nello scritto di Giorgio?

Citazione:
ogni giudizio morale è arbitrario nella misura in cui è arbitraria la nostra preferenza per un determinato cibo rispetto ad un altro; quindi, come non ha senso dibattere su quale sia la pietanza più gustosa, così non avrebbe senso discutere – sempre secondo questi relativisti morali – su quali siano le azioni buone da compiere e quelle crudeli.[...]
Non trovo il paragone calzante perdonami, quanto io mangio inerisce sicuramente solo e soltanto la mia persona, come mi comporto in genere tocca invece direttamente gli "altri" da me, senza i quali i concetti di etica e di morale non esisterebbero mancandone il presupposto fondativo.Quindi il fatto che possa esistere teoricamente una varietà di inclinazioni morali, fosse anche equivalente al n di abitanti della terra, non farebbe mai venire meno la necessità di "organizzarla" volgendola allo scopo del vivere in comune.Organizzare etiche in modo funzionale al vivere collettivo è quanto fanno gli uomini durante qualunque attività quotidiana.


Citazione:
[...]Ma che caratteristiche deve avere il nostro atteggiamento verso il prossimo per dirsi morale? Il mettersi a disposizione del prossimo, naturalmente, deve essere incondizionato: non sarebbe un’azione morale se si agisse in aiuto di un individuo solo perché appartenente ad un particolare gruppo (etnico, culturale, religioso, economico, etc.), infatti, una “morale di parte” risulta essere un ossimoro. Inoltre, il rapporto deve essere asimmetrico nella misura nella quale ci si offre all’altro senza aspettare una ricompensa in cambio: se si aiutasse un individuo solo perché lui mi possa poi donare qualcosa in cambio, allora non si tratterebbe più di morale bensì di interesse egoistico.
In passato molti filosofi hanno sostenuto che sono i principi che fondano la morale, come se alla domanda “perché devo aiutare quel moribondo?” si potesse rispondere “perché vi sono questi e quest’altri principi da seguire”. Che risposta mai sarebbe questa? Riterremo morale un individuo che aiuti un moribondo solo e soltanto perché c’è una regola che lo istruisce ad agire così? Può un’azione ritenersi valida moralmente solo e soltanto perché compiuta conformemente ad un principio utilitaristico o di qualche altro indirizzo etico? “Io ho aiutato quell’individuo perché così vuole Dio”, “Io ho agito così perché massimizzo la felicità del maggior numero di persone” o altre ammissioni simili, non possono proporsi come fondazione dell’etica, anzi, tali azioni non possono nemmeno collocarsi nella dimensione morale. Mi pare, appunto, che non ci sia molta differenza tra chi aiuta un individuo accidentalmente (come conseguenza fortuita del proprio agire) o chi lo fa solo per conformarsi ad un principio. In entrambi i casi, infatti, non si considera in modo significativo l’individuo specifico con la sua sofferenza specifica. Quando si agisce moralmente la nostra attenzione non è focalizzata sul seguire un determinato principio, bensì è rivolta alla persona reale e particolare che si vuole aiutare. E’ proprio il sentire morale, quest’obbligazione fondamentale che sentiamo verso il prossimo, che permette all’uomo di entrare nella sfera morale: è questo che distingue degli esseri etici da dei meri “seguitori di regole”. Per di più, mi pare di non sbagliare affermando che è qui che risiede anche la differenza tra il fondamentalista e la persona con una sana moralità: la prima giudica astrattamente e disumanamente una situazione cercando di applicare qualche generico principio indiscutibile, mentre la seconda si preoccupa di questo specifico bisognoso e cerca di alleviare il suo tormento con soluzioni contingenti.
Il modello che proponi è mio avviso fortemente riduttivo rispetto alla realtà almeno osservabile e discretamente inadeguato a fornire modelli di comportamento funzionali a ciò che tu stesso dici, vale a dire lenire la sofferenza degli altri presupponendo una condizione di oggettività insindacabile.Per sgomberare il campo da equivoci prendiamo come esempio la pedagogia, che analizza legami forti e certo completi della voglia di lenire le sofferenze dell'altro che in quel caso è un figlio: noi sappiamo che il più sano e trasparente dei sentimenti di affetto, la migliore intenzione di andare incontro alle potenziali sofferenze altrui quale quella di donare amore e relativi annessi di prassi quotidiana ad un figlio, determina spesso esiti paradossalmente opposti alle intenzioni, quali ad ex. il pregiudicare 'costituzionalmente' lo sviluppo psichico della persona.Abbiamo cioè il caso in cui la spinta verso la sofferenza altrui è forte come non mai altrove, eppure osserviamo come tale condizione, certo necessaria (ma appare pleonastico ipotizzare un'etica senza la disponibilità ad aiutare gli altri, dunque altrettanto il ribadirne la necessità), sia ben lungi dall'essere sufficiente a soddisfare i requisiti di prassi morale: questo perchè nella quotidianità esistono in effetti tante morali possibili e ipotizzarne un principio cardine regolatore serve forse più alla nostra necessità di esattezza che non a modellizzare un reale anche qui ancora troppo complesso.Prescindendo dai raporti parentelari è infatti evidente a maggior ragione come partendo dalla migliore intenzione di lenire la sofferenza altrui io possa arrecare invece dolore: proprio perchè la lettura e la traduzione di quale e quanta sofferenza sono e rimangono personali, non oggettive.E trovo poi difficile fondare una pretesa di oggettività proprio sulla percezione del sentimento di sofferenza, che al di là di casi scuola appare atto quanto mai soggettivo e di cui interessa di più, sia in riferimento al singolo sia alle masse, la parte non espressa ma presente a livello inconsapevole (notoriamente la conculcazione di diritti porta spesso, psicologicamente e socialmente, alla totale perdita della convinzione di avere quei diritti e alla loro assoluta cancellazione dal proprio orizzonte di riferimento).La realtà quotidiana in cui si esplica l'azione etica e per la quale serve introdurre la categoria di moralità è infatti un quadro complesso in cui esistono attributi di immoralità potenzialmente riferibili ad ogni azione, secondo percentuali variabili.I casi particolari del bambino torturato costituiscono evidenti eccezioni, il problema nasce quando occorra scegliere tra comportamenti apparentemente o sostanzialmente contrapposti, eppure tutti legittimati da almeno una visione morale plausibile.
chlobbygarl is offline  
Vecchio 31-12-2009, 17.00.37   #133
Koli
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Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
Perchè non si può avere la certezza razionale di Dio? Perchè se si potesse avere l'uomo sarebbe trasformato in un robot, in una marionetta come dice Kant.
A maggior ragione, se Kant dice questo, non può voler dire che Dio giustifica la morale. Se Dio è solo postulato non può giustificare un lungo lavoro che l'agente etico kantiano svolge in questa vita autonomamente. Dio, in altre parole, viene dopo e la sua assenza non renderebbe insensata la morale.

Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
Per esempio per quanto riguarda l'immortalità dell'anima prende le mosse dalla santità e fa tutto il discorso sulla santità (che non riporto ma se qualcuno vuole lo riporto) che è in sintesi questo:
la santità morale ci fa degni del sommo bene, ma non essendo la santità realizzabile nel tempo della nostra vita si deve ammettere che l’uomo abbia a disposizione di un tempo infinito per perfezionarsi e raggiungere la santità.


Allo stesso modo per quanto riguarda l’esistenza di Dio, Kant considera che la realizzazione della felicità adeguata alla virtù postuli l’esistenza di una volontà santa e onnipotente che faccia corrispondere la felicità alla virtù per premiarlo.
Di nuovo, queste considerazioni non spostano in tuo favore il discorso.
Qui non viene detto, come invece sostenevi tu, che senza Dio e l'immortalità dell'anima la morale non ha senso.
Qui il discorso di Kant è ad un punto molto avanzato, diciamo pure che sta tirando le fila del suo sistema etico. Molto semplicemente egli ci sta dicendo che, poiché non possiamo realizzare la santità in questa vita bisogna postulare l'esistenza dell'anima immortale. Se l'anima fosse immortale realizzeremmo la santità.

Per quanto riguarda Dio, viene postulato, come dici, per "retribuire" il merito.

Non ci vedo però scritto che la morale, senza questi 2 postulati, sarebbe priva di senso come invece era parso a te.
Koli is offline  
Vecchio 31-12-2009, 20.36.02   #134
Giorgiosan
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Esauriamo un argomento alla volta, comincio dalla fine del tuo post

Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Non mi pare di parlare come un cristiano, dato che tu mi stai contrariando e tu parli come un cristiano.
Certo, alcune cose sono in comune col cristianesimo, non lo nego, ma non tutto. Anzi, sono proprio le fondamenta, i punti centrali, che sono diverse.

Dici: dato che Giorgio contraria (con le parole) Epicurus
e dato che Giorgio parla come un cristiano,
si conclude che Epicurus non parla come un cristiano.

Dico: Giorgio è cristiano e contraria Epicurus
anche i cristiani si contrariano (esempio: Paolo di Tarso e Pietro riguardo la circoncisione)
si conclude che Epicurus può parlare come un cristiano.

Il resto nel prossimo anno.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 31-12-2009, 22.08.04   #135
Giorgiosan
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Citazione:
Originalmente inviato da Koli
A maggior ragione, se Kant dice questo, non può voler dire che Dio giustifica la morale. Se Dio è solo postulato non può giustificare un lungo lavoro che l'agente etico kantiano svolge in questa vita autonomamente. Dio, in altre parole, viene dopo e la sua assenza non renderebbe insensata la morale.

Il concetto di Dio è dunque un concetto che per via empirica( fisica), rimane sempre un concetto della perfezione dell’essere primo, non così precisamente determinato da poterlo considerare come adeguato al concetto di una divinità ( né dalla metafisica, nella sua parte trascendentale, si può sperare di ottenere qualcosa).
Cerco ora di riferire questo concetto all’oggetto della ragion pratica; e trovo che il principio morale lo consente come possibile solo nel presupposto di un autore del mondo dotato della suprema perfezione. Egli deve essere onnisciente, per conoscere il mio comportamento fin nell’intimo della mia intenzione, in tutti i casi possibili e in tutti i tempi; onnipotente, per assegnargli conseguenze commisurate; e, del pari onnipresente, eterno, etc.
Pertanto, mediante il concetto del sommo bene, oggetto di una ragion pura pratica, la legge morale determina il concetto dell’essere originario dell’essere originario come essere supremo: cosa che il procedere speculativo della ragione, non poteva effettuare. Il concetto di dio è, dunque, un concetto originario, che non appartiene alla fisica, per la ragione speculativa, bensì alla morale, e lo stesso può dirsi anche degli altri concetti razionali, di cui abbiamo trattato più su, come postulati della ragione nel suo uso pratico. (Critica della ragion pratica. Parte I, libro II, capitolo III, nell’edizione di Rusconi 1993, a pag,281.




Il fenomeno morale postula necessariamente ( lo consente possibile solo nel presupposto) un essere onnisciente, onnipotente, onnipresente, eterno, ecc..

Capovolgiamo il discorso: se non ci fosse un essere, così e così, la morale sarebbe inconsistente, non si reggerebbe, sarebbe senza senso, anzi il fenomeno morale non esisterebbe, postulando necessariamente un essere così e così.

Se tu interpreti Kant in altro modo non so cosa dirti. A me sembra semplice ed evidente.

Buon anno anche a te.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 01-01-2010, 10.16.53   #136
emmeci
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Certo si può essere il più aperti possibile all’etica degli altri – degli altri individui, delle altre classi sociali, degli altri popoli – anche se questo principio filosofico sembra andare contro non solo a quello della politica ma a quello delle religioni – tutte le politiche e tutte le religioni - che ammettono un solo tipo di verità e un solo tipo di etica…..Ma è proprio un principio sostenibile senza eccezioni quello sostenuto da koli e da altri frequentatori del forum, che d’altra parte su quel principio sembra fondarsi? "Lasciate che cento fiori fioriscano" – diceva Mao, e abbiamo visto come poi è andata. Sì, perché questa generosità di vedute che appare come il fiore del liberalismo e della democrazia è facile che si rivolti contro di sé, in quanto si basa su un principio che è di assoluta validità a condizione che sia accettato da tutti…..altrimenti dovremmo giudicare ineccepibile anche il fascismo e il nazismo (e quanti altri regimi di oggi), usciti dalle speranze o dalla rabbia dei popoli. E non c’è bisogno neppure di appellarsi agli esempi offertici dalla storia, perché qualunque “base etica”, una volta diventata legge, va contro la vita della storia, che non ammette verdetti contro sé stessa, cioè contro quel “tutto scorre” che è l’unica garanzia di poter arrivare – anche se non qui, non ora – a quello a cui tutti tendono dentro di sé. Forse non, come dice Hegel, perché il reale è razionale, cioè perché la storia premia attraverso la vittoria armata, ma perché è storia della libertà cioè di un relativismo che è una ricerca senza fine della verità e del bene.
emmeci is offline  
Vecchio 01-01-2010, 14.29.09   #137
Nikolaj Stavrogin
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Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
Il fenomeno morale postula necessariamente ( lo consente possibile solo nel presupposto) un essere onnisciente, onnipotente, onnipresente, eterno, ecc..

Capovolgiamo il discorso: se non ci fosse un essere, così e così, la morale sarebbe inconsistente, non si reggerebbe, sarebbe senza senso, anzi il fenomeno morale non esisterebbe, postulando necessariamente un essere così e così.

Se tu interpreti Kant in altro modo non so cosa dirti. A me sembra semplice ed evidente.

Buon anno anche a te.

Dimentichi che la morale kantian è autoevidente (non ha bisogno di essere "dimostrata"), autonoma, e si esprime attraverso un comando, un imperativo, di cui Kant presenta 3 formule.

Per Kant, secondo me, la morale è un mezzo d'accesso per arrivare a Dio (un po' come dice emmeci), ma nè lo dimostra, e nè crolla se questo effettivamente non esistesse. Anzi, la sua stessa morale nè è indipendente: è autonoma! (e non, ancora, eteronoma)

Se dipendesse da qualcos'altro, sarebbe comunque eteronoma. Qualche post fa dicevi:

Citazione:
Non sono kantiano in morale, esagerando un poco, giudico la morale kantiana una morale fondamentalista.
Questo non toglie che alcune argomentazioni di Kant mi convincano anche se Kant non potrebbe mai essere dalla mia parte, nè io dalla sua.

Potresti spiegarti un poco su quel "fondamentalista"?

...Lo hai ben ammesso qualche post fa che "anche se Kant non potrebbe mai essere dalla mia parte, nè io dalla sua".

Allora perchè continui ad insistere? Basta ammettere che nei primi post hai ecceduto nell'interpretazione di Kant volendola far diventare una morale eteronoma basata sul comando di Dio. Non c'è bisogno di tirare per le lunghe questo discorso.
Nikolaj Stavrogin is offline  
Vecchio 01-01-2010, 18.40.50   #138
Giorgiosan
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Citazione:
Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Dimentichi che la morale kantian è autoevidente (non ha bisogno di essere "dimostrata"), autonoma, e si esprime attraverso un comando, un imperativo, di cui Kant presenta 3 formule.

Per Kant, secondo me, la morale è un mezzo d'accesso per arrivare a Dio (un po' come dice emmeci), ma nè lo dimostra, e nè crolla se questo effettivamente non esistesse. Anzi, la sua stessa morale nè è indipendente: è autonoma! (e non, ancora, eteronoma)

Se dipendesse da qualcos'altro, sarebbe comunque eteronoma. Qualche post fa dicevi:



Potresti spiegarti un poco su quel "fondamentalista"?

...Lo hai ben ammesso qualche post fa che "anche se Kant non potrebbe mai essere dalla mia parte, nè io dalla sua".

Allora perchè continui ad insistere? Basta ammettere che nei primi post hai ecceduto nell'interpretazione di Kant volendola far diventare una morale eteronoma basata sul comando di Dio. Non c'è bisogno di tirare per le lunghe questo discorso.


Rileggi con calma i post precedenti e capirai quello che ho voluto dire ...che non è quello che hai capito o meglio non hai colto la mia intenzione.
Poi, se vuoi, posso fornirti qualche spiegazione.
Focalizza il discorso su un argomento per volta.

Fondamentalismo. tendenza biblico-teologica sviluppatasi nel protestantesimo, soprattutto americano come reazione alla critica biblica.
Espressione di chiese o gruppi teologicamente conservatori.
Considero cristiani conservatori coloro che nell'esegesi biblica danno troppo rilievo alla cosidetta teologia veterotestamentaria e non riescono a cogliere la rivoluzione evangelica nella sua pienezza.
L'accentuazione del dovere, della legge morale e della sua rigidità, in una parola il rigorismo etico di Kant è tipico dei fondamentalisti.

Per similitudine ( è una figura letteraria con la quale anziché "descrivere" direttamente una qualità, una persona, la si presenta paragonandola ad una qualità cui somigliano) dico che Kant è un fondamentalista perchè , essendo il fenomeno del fondamentalismo risalente al secolo XIX non potrebbe propriamente essere usato per Kant che è del XVIII secolo.

Inoltre, credendo troppo nella volontà, direi che è anche pelagiano

Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Quindi io viverei senza morale?

Sul piano teoretico posso dare dei giudizi ma sul piano reale e personale non mi è possibile giudicare se tu viva senza morale.
Questo è un quesito che puoi rivolgere alla tua coscienza.

Giorgiosan is offline  
Vecchio 01-01-2010, 22.15.28   #139
Nikolaj Stavrogin
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Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
Dio è il bene e vuole il bene di tutti, uniformare la propria condotta a quella di Dio è la sola morale possibile.

Su cosa si fonda una morale che prescinda da Dio?
Dimmelo tu.

Questo è quello che dicevi all'inizio, che poi hai cambiato in un più aperto e prudente:

Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
Sul piano teoretico posso dare dei giudizi ma sul piano reale e personale non mi è possibile giudicare se tu viva senza morale.
Questo è un quesito che puoi rivolgere alla tua coscienza.

Interessante, anche se "la sola morale possibile" deriva da Dio, anche un ateo, sul piano "reale", può vivere moralmente.

Se è questa la tua posizione, allora è di certo più aperta di quella che trapelava all'inizio. Se non è questa la tua posizione, allora è stato solo un addolcimento temporaneo
Nikolaj Stavrogin is offline  
Vecchio 02-01-2010, 09.20.22   #140
Giorgiosan
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Citazione:
Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Questo è quello che dicevi all'inizio, che poi hai cambiato in un più aperto e prudente:

Interessante, anche se "la sola morale possibile" deriva da Dio, anche un ateo, sul piano "reale", può vivere moralmente.

Se è questa la tua posizione, allora è di certo più aperta di quella che trapelava all'inizio. Se non è questa la tua posizione, allora è stato solo un addolcimento temporaneo

Chi ricerca il bene è rivolto consapevolmete o inconsapevolmente a Dio. Rahner definisce queste persone cristiani anonimi. Credono di essere atei ma in realtà non lo sono.

Questo è quello che ho sempre detto, se tu avrai la pazienza di andare a leggere quello che ho sempre detto sulla coscienza e sull'impossibilità di giudicare della moralità altrui.
Non posso giudicare il mio prossimo perchè non posso "leggere" la sua coscienza e non posso neanche valutare le circostanze in cui una data decisione è stata presa. Il giudizio morale spetta solo a Dio.
Inoltre anche una coscienza erronea deve essere seguita.


Cattiva abitudine, il processo alle intenzioni.
Arcaica e ideologica almeno quanto la dietrologia: tu dici questo per mascherare quest' altro, ma io so che intendi una terza cosa, al puro scopo di fare o di dimostrare ec. ecc.
Si corre anche il rischio di essere ridicoli perciò di grazia risparmiami questi non argomenti.
Giorgiosan is offline  

 



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