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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 06-07-2009, 15.58.45   #31
Il_Dubbio
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Riferimento: Una base per l'etica

Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
Ho fatto fatica anch'io a risponderti dal momento che è risaputo che l'essere umano non è il solo essere animale pensante.

Saremmo off-topic comunque non hai parlato di "pensiero" ma di "ideazione" e di "libertà"; in nessun manuale si potrebbe scrivere che un animale è provvisto di queste due caratteristiche visto che nemmeno nell'uomo questo è possibile verificare-falsificare. E' una tua idea non una cosa che ormai si sa... non sarebbe possibile!


Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan

Ed è la libertà che genera l'etica.
Senza atti liberi non sono possibili atti etici.

Ciao

Vedi, la libertà è una congettura. A me sta bene che lo si pensi, ma nessuno potrebbe verificarlo-falsificarlo. Anzi tutto quello che si conosce si ritorce contro la presunta libertà, e quindi, come tu dici, non sarebbe possibile alcun atto etico.
Questo però è off-topic in quanto noi lo stiamo ipotizzando come cosa esistente anche se non verificabile (se non lo ipotizzassimo infatti non sarebbe possibile alcuna discussione sull'etica, a mio modesto parere). Tu diresti: va bhe ma come io ipotizzo di essere libero e "riflessivo" potrei ipotizzare la stessa libertà e ideazione per l'animale. Questo mi sembra giusto... ma allora dovremmo prendere alla lettera tutti i comportamenti degli animali, ed una tigre "madre" cura amorevolmente i suoi cuccioli e li educa ad uccidere. Non trovo in questo comportamento una base etica...non so tu.
Parli di minimo massimo? Io dico che il massimo si raggiunge con l'idealizzazione e la libertà, proprio quella che non noto nell'animale (anche se idealizzazione e libertà rimangono imperscrutabili alla nostra conoscenza). Ecco perché secondo me potremmo prelevare dalla natura alcuni comportamenti e vedere se è possibile "adattarli" all'uomo, nella sua nuova veste di animale coscienzioso.
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 06-07-2009, 18.46.32   #32
albert
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Riferimento: Una base per l'etica

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Tu però intendi dire che tutti i comportamenti eticamente scorretti danneggiano gli altri, quindi non danneggiare gli altri è un principio, non assoluto, che può essere preso come base.

Esattamente

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Prendiamo un altro esempio allora: questione Iran. Bomba atomica da costruire. L'Onu è lo stato etico che però non viene riconosciuto dall'Iran (sto costruendo una storia mezza inventata) la quale scrive una norma secondo la quale non si costruiscono armi atomiche. L'Iran se ne frega e le costruisce (tanto quello è uno stato etico che non viene riconosciuto).
Ora il pericolo (e ritorniamo al pericolo) è che una bomba venga davvero utilizzata e non solo costruita. In base a questo ragionamento, eticamente (almeno per noi) L'Iran è scorretto perché ha costruito la bomba, ma non l'ha ancora utilizzata quindi non ha ancora danneggiato nessuno.
Questo è un altro modo per essere eticamente scorretti senza danneggiare nessuno; il danneggiamento è solo potenziale ma che diventa perciò eticamente scorretto.

Non vorrei entrare in una discussione sull’Iran (in fondo tutti quelli che gli dicono che non può farsi la bomba loro la bomba ce l’hanno ...). Il punto è: se il mio vicino si procura una pistola e mi minaccia, mi danneggia subito oppure mi danneggia solo quando mi spara? Penso che si possa accettare la prima ipotesi (e quindi mantenere la corrispondenza azione non etica – danneggiamento)

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Altri esempi: un marito geloso sorveglia (pedina, senza fare reati di alcun genere) la moglie. Eticamente scorretto ma non mi sembra danneggi qualcuno, sempre che il presunto legame della moglie con altro uomo sia reale e verificato dal marito, per cui a rovinarsi sarà il loro matrimonio... ma a quel punto mi sembra sia un bene..o no? Comunque è senz'altro un comportamento eticamente scorretto.

Direi che che se uno mi pedina mi danneggia senz’altro. Che poi la moglie fedifraga anche lei abbia danneggiato il marito (il pedinamento potrebbe essere una sorta di legittima difesa) è un altro discorso

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
potrei trovarne altri ma è tardi

se ti viene in mente altro ...
albert is offline  
Vecchio 06-07-2009, 18.50.02   #33
albert
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Riferimento: Una base per l'etica

Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
albert sembra aver scelto un'etica il cui fine è l'utilità (utilitarismo ).
Ha scritto infatti " non danneggiare gli altri, che garantisce dei vantaggi a chi la segue".
In questo sistema etico l'azione individuale e sociale si giudica dall’utilità dei suoi effetti.

ciao giorgiosan. Devo dire che in questa discussione sono stato quasi sempre d'accordo con le tue risposte.
Vero che la mia proposta riecheggia l'utilitarismo, ma su questo ci sarebbe da fare un lungo discorso. Preciso solo che non sono un fautore "stretto" dell'utilitarismo
albert is offline  
Vecchio 06-07-2009, 20.46.13   #34
Il_Dubbio
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Riferimento: Una base per l'etica

Citazione:
Originalmente inviato da albert



Direi che che se uno mi pedina mi danneggia senz’altro.


Urge specificare il significato di danneggiamento, perché secondo me pedinando una persona non si danneggia nessuno, non si sta nemmeno parlando di sofisticati sistemi di controllo, ma solo di pedinamenti. La strada è libera quindi il marito potrebbe anche dire che era lì per caso, per farsi una passeggiata. E' l'intenzione che è eticamente scorretta, e la moglie certo ne subisce un danno, ma morale. Se invece tu identifichi il danno col danno morale come si fa a stabilire oggettivamente cos'è un danno? Mi sembrava che il danneggiamento fosse di natura pratica, ma a questo punto non saprei nemmeno cosa potrebbe voler dire...
Allo stesso modo l'Iran (era un esempio, non volevo parlare del grave problema in atto) è tenuto eticamente a non costruirle perché questo grande stato "etico" (Onu o forse il G8 non ricordo, ma non ha importanza) le ha bandite. Quindi si "condanna l'intenzione" non l'uso, ma praticamente non vi è alcun danno se no quello sul piano etico (poi se si fanno le guerre etiche è un altro discorso, ma è meglio non addentrarci volevo solo fare un esempio).

Si potrebbe anche parlare largamente dell'etica professionale. Ma mi sembra che sia meglio prima fermarsi su questa definizione...solitamente si fa la differenza fra danni fisici e morali (per dire la verità non ho mai sentito parlare di "danno etico" ma a questo punto se per te è meglio specificare l'eventuale differenza è meglio ) ... se però io già identifico un danno come morale non posso dimostrare la tesi che l'atto non etico (o non morale) compie un danno, quello è proprio ciò che devo dimostrare.

Il_Dubbio is offline  
Vecchio 07-07-2009, 09.21.28   #35
Giorgiosan
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Riferimento: Una base per l'etica

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Saremmo off-topic comunque non hai parlato di "pensiero" ma di "ideazione" e di "libertà"; in nessun manuale si potrebbe scrivere che un animale è provvisto di queste due caratteristiche visto che nemmeno nell'uomo questo è possibile verificare-falsificare. E' una tua idea non una cosa che ormai si sa... non sarebbe possibile!

Non c'è pensiero senza ideazione.


Leggi questo documento perché è dagli etologi che abbiamo una prima informazione fenomenica.
La filosofia non può cavar fuori le sua deduzioni e le sue conclusioni senza tener conto della realtà fenomenica.


“Prima di Darwin”, spiega Giorgio Celli, etologo e docente di entomologia all’Università di Bologna, “si pensava che gli animali fossero delle creature parallele create da Dio per motivi molto vari. Nel primo Medioevo, per esempio, i bestiari descrivevano gli animali come esseri creati da Dio per fornirci degli esempi da imitare o da fuggire. Questi testi erano concepiti in maniera binaria: da un lato si davano dei dati sull’etologia dell’animale, spesso del tutto fantasiosi, dall’altra se ne traevano dei buoni consigli per la salvezza dell’anima”. Per esempio, si descriveva la martora come un animale libidinoso indicandola come un modello negativo, da non seguire. Oppure si mostrava lo struzzo che guardava il cielo, indice di cura vero il suo creatore, e poi si invitava ad imitarlo. “Poi”, continua lo studioso, “c’è stata la lezione di Cartesio, per me negativa, che considerava gli animali come macchine, per cui se si dava un calcio a un cane e questo guaiva ciò non significava che provava dolore: essendo un mero meccanismo, una volta percosso i suoi ruotismi emettevano un suono simile a un lamento umano, di cui però non ne aveva il significato”. Niente a che vedere con un essere umano dunque. Ma andiamo avanti: verso la metà dell’Ottocento, grazie a Darwin l’umanità scopre di essere imparentata con tutti gli animali, in modo più o meno stretto. La tesi è stata via via confermata dagli studi genetici, per cui oggi sappiamo che noi e lo scimpanzé abbiamo un antenato comune, dal quale ci saremmo separati 5 o 6 milioni di anni fa. E questo è dimostrato dal fatto che il Dna nostro e quello dello scimpanzé differiscono solo per un 2 per cento.

Eppure l’uomo è ancora convinto di essere una creatura speciale: anche avendo scoperto di esser imparentato con gli altri animali si sente il padrone di casa. E questo atteggiamento antropocentrico non ha risparmiato gli scienziati. Per esempio, quando si è scoperto che alcune scimmie potevano imparare il linguaggio simbolico dei sordomuti americani e interloquire con l’istruttore, quando si è scoperto che alcune scimmie potevano scrivere su una lavagna con degli oggetti che erano delle parole sintetiche, e quindi si impadronivano di un linguaggio simbolico, molti scienziati, semiologi soprattutto lo hanno negato affermando che gli animali sì potevano avere un loro pensiero ma non potevano attingere al pensiero simbolico. “Io direi invece che aveva ragione da vendere il vecchio Darwin quando affermava che il pensiero degli animali e il nostro differisce solo per quantità”, dice Celli. Noi certamente con il numero di neuroni di cui disponiamo abbiamo un pensiero più vasto, una possibilità di astrazione maggiore. “Però, dal punto di vista della qualità gli animali pensano più o meno come noi. E quando dico animali intendo una vasta gamma: alcuni pensano di meno, altri di più”. Celli ha studiato la possibilità delle api di fare delle scorciatoie per raggiungere delle fonti di cibo: “Ebbene: ne sono capaci, e questo, significa che gli insetti hanno una mappa cognitiva. Di conseguenza hanno un mondo interno. E se hanno un mondo interno di questo tipo si può pure presumere un frammento di coscienza, e quindi le api pensano”. L’intelligenza quindi sarebbe diffusa a tutti i livelli: “Perfino le amebe, che sono organismi unicellulari, imparano che alcuni stimoli sono positivi e altri invece negativi”.

Ma vedere negli animali qualcosa di noi è un atteggiamento che l’evoluzione legittima? In parte sì, nel senso che condividiamo moltissimi geni e dunque possiamo pensare che abbiamo comportamenti simili e forse anche pensieri e mondi interni simili. Questo più nel caso dello scimpanzé che nel gatto. In realtà, nel caso del felino questo non è un atteggiamento scientificamente corretto perché bisogna considerare che questo animale ha una sua etologia ben diversa da quella umana. “Naturalmente”, conclude lo studioso, “ci sono delle sovrapposizioni e degli sconfinamenti reciproci e quindi tutto sommato direi che la scienza dell’etologia va in bilico sulla corda come un equilibrista: da un alto deve essere un po’ antropomorfa perché legittimata dal pensare che nell’animale ci sia qualcosa anche dell’uomo, dall’altro deve guardarsi dal non esserlo troppo per non sconfinare in una illazione che la scienza non autorizza”.





Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Questo però è off-topic in quanto noi lo stiamo ipotizzando come cosa esistente anche se non verificabile (se non lo ipotizzassimo infatti non sarebbe possibile alcuna discussione sull'etica, a mio modesto parere). Tu diresti: va bhe ma come io ipotizzo di essere libero e "riflessivo" potrei ipotizzare la stessa libertà e ideazione per l'animale. Questo mi sembra giusto... ma allora dovremmo prendere alla lettera tutti i comportamenti degli animali, ed una tigre "madre" cura amorevolmente i suoi cuccioli e li educa ad uccidere. Non trovo in questo comportamento una base etica...non so tu.
Parli di minimo massimo? Io dico che il massimo si raggiunge con l'idealizzazione e la libertà, proprio quella che non noto nell'animale (anche se idealizzazione e libertà rimangono imperscrutabili alla nostra conoscenza). Ecco perché secondo me potremmo prelevare dalla natura alcuni comportamenti e vedere se è possibile "adattarli" all'uomo, nella sua nuova veste di animale coscienzioso.

Cerca di capire che una discussione epistemologica non servirebbe a niente in modo particolare per categorie come quella di libertà.
Si può dire comunque che chiunque neghi la libertà è continuamente contraddetto dalla sua pratica di vita.
Per me è significativo quando asserzioni di tipo filosofico non siano e non possano essere praticate.

La tigre che insegna ai suoi cuccioli ad uccidere compie il suo doveroso compito educativo.
Il suo comportamento "etico" è relativo alla sua specie.
Altrimenti sarebbe immorale anche che l'essere umano si cibasse, il che è palesemente assurdo.

Tutte le forme viventi sono libere. Ovviamente un cane è più libero di un granchio ed un granchio di una ameba, ed un cane è meno libero di un essere umano.
Dipende dalle potenzialità che ha ogni forma di vita e la potenzialità dipende dalla complessificazione di ogni organismo.
Non c'è nulla nelle forme più evolute che non si trovi in nuce nelle meno evolute.
Natura non facit saltum


ciao Il_Dubbio

Ultima modifica di Giorgiosan : 07-07-2009 alle ore 10.05.51.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 07-07-2009, 09.40.43   #36
Giorgiosan
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Originalmente inviato da albert
ciao giorgiosan. Devo dire che in questa discussione sono stato quasi sempre d'accordo con le tue risposte.
Vero che la mia proposta riecheggia l'utilitarismo, ma su questo ci sarebbe da fare un lungo discorso. Preciso solo che non sono un fautore "stretto" dell'utilitarismo

Anch'io preferisco distendere le mie convinzioni sul sistema morale utilitaristico, mettendo l'accento sul fatto che l'utile maggiore sia la felicità, il fine ultimo di tutti gli utili particolari, e che quindi l'ordinamento morale abbia come scopo il suo raggiungimento.
Credo che quasi tutti convengano su questo fine.

E' perseguibile questo facendo del male al prossimo? Non credo proprio.
E' perseguibile una felicità solipsistica? Non credo neppure questo.

Ciao Alberto

Ultima modifica di Giorgiosan : 07-07-2009 alle ore 10.02.20.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 07-07-2009, 11.02.24   #37
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Originalmente inviato da Giorgiosan
Non c'è pensiero senza ideazione.


Leggi questo documento perché è dagli etologi che abbiamo una prima informazione fenomenica.
La filosofia non può cavar fuori le sua deduzioni e le sue conclusioni senza tener conto della realtà fenomenica.



Una delle cose che non si vuol evidenziare (non so per quale motivo) è che l'ideazione, il pensiero, la mente, la coscienza non sono fenomeni; i fenomeni sono i comportamenti che poi sarebbero gli effetti dei pensieri, della mente, della ideazione e della coscienza; sono questi comportamenti che noi "studiamo". Anche il mio computer però ha un comportamento, devo quindi credere che stia pensando stia idealizzando, sia cosciente, abbia una mente?
Anche per il concetto di libertà, ognuno ne ha uno suo... e quindi bisognerebbe fare una lunga discussione su cosa si intenda per libertà, ma entrambe le discussioni ci allontanerebbero da questo argomento (almeno credo,ne ho solo un'idea che non so se coincide con quella di Albert,ma io mi comporto di conseguenza, ed è solo questa l'evidenza ad essere il fenomeno (il mio comportamento), non il mio pensiero, che invece non si vede e non si conosce, come non conosco il tuo o quello di Albert )




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Vecchio 07-07-2009, 13.05.01   #38
epicurus
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Originalmente inviato da albert
Vorrei esplorare insieme a voi la possibilità di fondare l’etica non su principi metafisici o assoluti, ma soltanto su una semplice regola, non danneggiare gli altri, che garantisce dei vantaggi a chi la segue (nella maggior parte dei casi, gli altri non danneggeranno te).

Come scrissi in un'altra discussione qui sul forum di riflessioni, e pure altrove, io credo che una base dell'etica consista nell'autodeterminazione della persona senza che questa ne danneggi altre. Come è già stato detto, il problema è capire quand'è che inizio ad oltrepassare la mia libertà a discapito dell'altro. Per risolvere questo problema (seguendo il consiglio di z4nz4ro) si può considerare il postulato di equiprobabilità di Harsanyi secondo il quale ogni individuo dovrebbe prendere le proprie decisioni immaginando di non sapere in anticipo quale posizione occuperà nella società e quali esigenze svilupperà, avendo la medesima probabilità di occupare qualunque posizione. Questo principio ci aiuta a trovare il confine tra la nostra libertà e quella degli altri.

Come dicevo più sopra, l'autodeterminazione della persona è solo una delle basi dell'etica, infatti io sono convinto che un'etica siffatta sarebbe profondamente sbilanciata, tanto sbilanciata che risulterebbe essere una non-etica, una semplice dottrina per non vivere male. E' paurosamente sbilanciata verso l'individuo, il soggetto, ma trascura totalmente gli altri, se ne cura quel minimo che basta per far vivere sereno senza troppe complicazioni. Ma se vedo un incidente stradale, non dovrei forse fermarmi e prestare soccorso ai feriti (o almeno chiamare il 118)? Cioè l'etica non trascende, per così dire, l'egoismo dell'attenzione su noi stessi per giungere a porgere una mano alle persone sofferenti? Credo proprio di sì.

Propongo che l'altra "gamba" dell'etica sia la solidarietà per il prossimo (che è un "prossimo" altro da noi, che non ha i nostri stessi bisogni, interessi e sentimenti): lenire la sofferenza dell'altro, capire le sue vere esigenze e cercare di aiutarlo (evitando così un paternalismo violento tipico dei monoteismi).

Ora la difficoltà starà proprio nel trovare di volta in volta, in diversi contesti, il punto di equilibrio tra l'autodeterminazione individuale e la solidarietà sociale.
epicurus is offline  
Vecchio 07-07-2009, 14.50.19   #39
Noor
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Originalmente inviato da epicurus
la difficoltà starà proprio nel trovare di volta in volta, in diversi contesti, il punto di equilibrio tra l'autodeterminazione individuale e la solidarietà sociale.
Sembra che il vero “scandalo”sia la parola amore,come avevo già proposto..
Girandoci sempre intorno con nuove terminologie e nuove sfumature:
troppo banale,troppo semplice senza nuovi postulati da aggiungere?

L’autodeterminazione è frutto dell’amore di sé.
La solidarietà non nasce nella mente ma nel cuore,dunque è sempre frutto di amore.
Non è necessario mettere in mezzo le religioni per parlare, senza scandalizzare, di amore.
E’ così che ci siamo inventati l’amore laico:la solidarietà.
PS Come già detto,l’amore non è cieco ,ma è implicito del suo manifestarsi l’attenzione per i bisogni altrui,dunque non è un altro capitolo da aggiungere..
Noor is offline  
Vecchio 07-07-2009, 15.27.48   #40
Giorgiosan
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Una delle cose che non si vuol evidenziare (non so per quale motivo) è che l'ideazione, il pensiero, la mente, la coscienza non sono fenomeni; i fenomeni sono i comportamenti che poi sarebbero gli effetti dei pensieri, della mente, della ideazione e della coscienza; sono questi comportamenti che noi "studiamo". Anche il mio computer però ha un comportamento, devo quindi credere che stia pensando stia idealizzando, sia cosciente, abbia una mente?
Anche per il concetto di libertà, ognuno ne ha uno suo... e quindi bisognerebbe fare una lunga discussione su cosa si intenda per libertà, ma entrambe le discussioni ci allontanerebbero da questo argomento (almeno credo,ne ho solo un'idea che non so se coincide con quella di Albert,ma io mi comporto di conseguenza, ed è solo questa l'evidenza ad essere il fenomeno (il mio comportamento), non il mio pensiero, che invece non si vede e non si conosce, come non conosco il tuo o quello di Albert )

Il tuo computer si comporta come tu hai programmato si debba comportare.
Il comportamento di una stampella che usi per camminare in realtà non è un comportamento della stampella ma un tuo comportamento.

Se lo esprimi posso conoscere il tuo pensiero... e tu il mio, altrimenti che cosa dialoghiamo a fare?


Il termine fenomeno si applica anche allo spirito e quindi alla coscienza, al pensiero, ecc. ecc. ed è perfettamente legittimato questo uso.
Ti ricordo che Hegel ha scritto Fenomenologia dello spirito, senza parlare di Husserl e di Heidegger.

Giorgiosan is offline  

 



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