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Vecchio 22-04-2011, 17.47.42   #101
ulysse
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Il calcolo delle probabilità è dato dal proiettare nel futuro i dati del passato, ma quando succede un qualcosa che non si era mai verificata in precedenza, le premesse di tale calcolo decadono.
Mi pare che abbiamo considerato due modalità di base nel perseguire risultanze probabilistiche e precisamente:

1)- La "modalità oggettiva" che da raccolte di dati storici e loro manipolazione con specifici algoritmi puo' valutare accadimenti certi per il futuro o stati in essere, entro range probabilistici a loro volta funzione della affidabilita dei dati storici e degli stessi algoritmi utilizzati per gli specifici casi.

2)- La "modalità soggettiva" di valutazione che si attua secondo esperienza e buon senso o normative generali di sicurezza, quando non siano disponibili sufficienti dati storici o algoritmi dedicati.
Al limite, possono rientrare in questa casistica e assumere un qualche livello di probabilità calcolata o presunta…anche eventi non mai accaduti, ma immaginati possibili per particolari prevedibili dinamiche che possano intercorrere: casistica frequente nella infortunistica.
Più’ generalmente, il probabilismo soggettivo entra in essere, "spesso anche inconsciamente", nei frequenti casi della vita quotidiana per qualunque decisione ci si trovi a dover prendere...oltre gli usuali e abituali automatismi dei nostri comportamenti.

A posteriori si pensa spesso che la "modalità soggettiva" avrebbe dovuto intervenire anche nei casi tragici di eventi oltre l'usuale. Certo in molti casi, che chiamiamo fortunati, il senso della possibile probabilità dell'evento (principio di porecauzione) ha provveduto al di là del calcolo oggettivo.
In altri casi, il cosìdetto livello di imprevedibilità è stato forse tale da porre oltre il sospettabile l'evento stesso.
Per quanto… l'esigenza o l’illusione di contenere i costi ha spesso deleteriamente influito in molti tragici imprevisti eventi.
E' tuttavia vero che, nonostante si dica che la vita non ha prezzo, il sopperire al rischio in modo assoluto ha un costo assoluto non mai sopportabile...da cui il rischio probabilisticamente calcolato cui fanno riferimento i premi assicurativi relativi a incidenti con danneggiamenti vari...persino con morte.
Citazione:
Prendiamo per esempio la recente catastrofe capitata al Giappone.
La centrale è stata protetta da un muro di cinta alto 6 metri. Non essendosi mai verificata in precedenza un onda anomala più alta di sei metri, la percentuale possibile del verificarsi di un tale evento era dello 0%, o giù di lì.
E' probabile che sia stato tenuto in scarsa considerazione il senso della necessaria cautela oltre il calcolo, principio di cautela pur sempre introdotto in casi di possibile pericolo estremo...oppure, veramente, uno tsunami di tale violenza era assolutamente impensabile!
Certo che, con questo caso, il mito della accuratezza e preveggenza giapponese, della "Qualità" giapponese, è andato un pò in panne: hanno troppo fidato nella loro tecnologia?
Citazione:
Ora, se dovessero ricostruire quel muro, come la ricalcolerebbero la probabilità di un evento negativo? Il fatto che l'evento negativo si è verificato una volta soltanto su svariate possibilità di eventi positivi, dovrebbe influire marginalmente. Ma io scommetto che quel muro lo farebbero più alto di sei metri.
Nell'immaginario collettivo sembra sempre che gli abituali utilizzatori dei calcoli matematici o probabilistici o i tecnici in genere siano da considerasi esenti dall'uso del comune buon senso: al contrario è proprio il buon senso che non deve mai venir meno nel valutare, in primis, l’attendibilità dei risultati del calcolo.
E' ovvio anche che la risultanza del calcolo probabilistico darà luogo a conseguenze pur’esse valutate in base alla presunta gravità dell'evento probabile: se la probabilità meteorologica che semplicemente piova è del 90% uscirò tranquillamente con l'ombrello, ma se è calcolato probabile allo 0,01%, o anche solo lontanamente annunciato come possibile che quel giorno l’uragano Katrina si abbatterà sulla mia testa, mi rifugerò nel bunker piu’ profondo e ci resterò finchè il pericolo non sia passato e il sole non risplenda.
Intendo dire che una cosa è la probabilità dell’evento oggettiva o soggettiva che sia…neutra in sè, altra cosa sono le misure ed i provvedimenti più o meno intensi che si prenderanno per contrastare il pericolo e renderlo ininfluente: misure proporzionate non tanto al grado di probabilità quanto alla gravità dell’evento previsto oconsiderato possibile.
Quindi nessun stupore se il muro sarà più alto (ammesso che la centrale ritorni in funzione) anche se mancano dati storici per un vero calcolo probabilistico: il fatto è che l’unico dato storico creatosi con lo tsunami vale per tutti!
Citazione:
Non credo che calcolare le probabilità di ciò che ci potrebbe accadere, possa servire a respingere la nevrosi che ci spinge a cercare certezze in ogni dove.
Ma non si tratta di entrare nella estrema nevrosi del calcolo, basta solo avere il concetto di un universale probabilismo degli eventi. La probabilità relativa degli eventi deve sostituire l'esigenza di certezze e di assoluti introdotta nella nostra cultura dagli assolutismi del passato e ancora oggi presente in certa misura. La nostra stessa VISION diventerà probabilistica: tutto ci può accadere, ma niente di male ci accadrà ...probabilmente!.
Citazione:
Dovremmo conoscere troppe cose e tenere conto di troppe varianti, tutto ciò consisterebbe nell'allargare la coscienza. La coscienza è uno spazio limitato, quando è satura non le rimane più spazio per far fronte agli imprevisti.
Un mente probabilistica tiene conto solo delle cose importanti o prevalenti sulla probabilità...il resto lo relega nella spazzatura o lo sopprime dalla coscienza: del resto è così che funziona il nostro cervello anche a nostra insaputa: filtra solo le informazioni e sensazioni che ci servono. Le nevrosi insorgono se non lo fa.

La nostra mente, infatti, non è un disco rigido, non è limitata...anzi è piu vasta del cielo e il cielo stesso può contenere ...forse non conosci la poesia di Emily Dickinson?
Citazione:
Il calcolo delle probabilità è una strategia, Bonaparte, che era un grande stratega, preparava le battaglie solo a grandi linee e si riservava di prendere le decisioni più importanti nel momento cruciale dello scontro, con il suo proverbiale coup d'oeil.
Secondo Von Clausewitz il colpo d'occhio è dato da capacità di sintesi più capacità di giudizio.
Non tutti sono Napoleone: ai poveri tapini, privi di colpo d’occhio, occorre comunque un calcolo esplicito.
Per Napoleone, genio, sintesi e giudizio sono rapidamente tratti dal confronto con eventi esperienziali passati ed eventi previsti di immediato accadimento: eventi accuratamente organizzati in un quadro strategico globalmente predisposto con osservazioni e rilievi direttamente sul campo… quadro per forza di cose, esso stesso probabilistico…forse altamente probabilistico, nonostante la spannometria, ma che a Waterloo non funzionò!
E nemmeno aveva funzionato nella campagna di Russia ove, se avesse tenuto in maggior conto i dati storici gli sarebbe andata meglio …anzi, magari nemmeno l’avrebbe fatta una tale campagna.
I grandi uomini, cosiddetti, incoraggiati dal successo, sempre più fidano in se stessi…nel proprio "coup d’oeil!" Ma è questo che li frega…arriva sempre il momento che cadono in buca...per nostra fortuna!
Citazione:
Trovo più attraente esercitarmi nel colpo d'occhio che nel calcolo probabilistico.
Beh! A ognuno il suo: a Napoleone andò sempre bene!..quasi…peccato la Beresina! Quindi, col tuo colpo d’occhio, devi solo guardarti dalla Beresina.

Ultima modifica di ulysse : 23-04-2011 alle ore 12.51.10.
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Vecchio 23-04-2011, 18.13.15   #102
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Pienamente d'accordo con giorgiosan; anzi, aggiungerei che se anche conoscessimo tutti gli elementi e le “leggi” che hanno governato un insieme di eventi fino all'istante t0, nulla potremmo ugualmente dire di razionalmente accettabile in ordine agli eventi e alle leggi che potrebbero aver luogo negli istanti successivi, perche' , per fare cio', dovremmo conoscere la totalita' degli elementi in gioco in tutto il reale fenomenico ,ovvero in tutta la loro dimensione temporale ( passato + futuro).

Sono , invece, pienamente in disaccordo con chi mi pare troppo sbilanciato solo su alcune posizioni del probabilismo scientifico; sul piano della fisica e della scienza in generale, infatti, non mi pare per nulla assodato che tutto cio' che la meccanica quantistica spiega probabilisticamente cosi' bene a livello microscopico sia in grado di descrivere cio' che la relativita' di Einstein dimostra in modo razionale ed intuibile nella realta' dei fenomeni macroscopici, e questo vuol semplicemente dire che pezzi di fisica inconciliabili fra loro descrivono briciole altrettanto eterogenee della medesima realta' fenomenica. Einstein era convinto che nell'interpretazione probabilistica della natura dei fenomeni a livello microscopico vi fosse qualche cosa di profondamente sbagliato, e ,pur essendo stato egli stesso uno dei padri fondatori della meccanica quantistica, non credeva che Dio potesse giocare a dadi, e che la scienza , in generale, potesse generare teorie , seppur apparentemente ed empiricamente soddisfacenti, cosi' lontane dalla natura comprensibile della logica razionale.

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Vecchio 23-04-2011, 20.07.32   #103
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Originalmente inviato da Giorgiosan
La volontà umana determina l'agire e quando entra in gioco introduce nel divenire una variante aleatoria perchè l'auotodeterminarsi della volontà non è deducibile dall'"esterno".
E’ un poco apodittico e veramente non mi è chiaro cosa significhi l'ultima frase: "l'auotodeterminarsi della volontà non è deducibile dall'esterno..." comunque...
L'adattamento umano all'ambiente e, viceversa, la eventuale modifica che l'uomo provoca sull'ambiente, a livello personale o sociale, può essere casuale o non voluta (inquinamento) come fosse una volontà negativa, ma, considerata positivamente, è l’insorgere di una esigenza che dà luogo ad un progetto e quindi ad una volontà di realizzazione.
Credo che ci sia poco di aleatorio o di irrazionale, anzi l'intento della volontà è proprio di realizzare ciò che il progetto ha previsto in conformità ad un programma predisposto eliminando ogni imprevisto...per il possibile. Certo che resta sempre aleatorio il fatto che il programma sia o meno rispettato ...poco o molto.
Oppure, in riferimento al personale, può insorgere la volontà in sè, per stimolo interno e/o esterno, di sopperire ad un mio piacere: mi piace il gelato ed è probabile che vorro' farmene uno passando davanti alla gelateria...o anche...vedo una signora davanti ad una vetrina di vestiti...credo che questo le ispiri il desiderio e "vorrà" comprarsene uno...infatti dopo poco la vedo entrare e uscire con un pacco… come previsto.
Niente di trascendente dunque: la "volontà" è una delle nostre tante pulsioni stocasticamte pervedibili ...sia pure a spanne...forse anche pulsione nobile se coordinata e rivolta a buon fine: ho volontà di fare del bene!
Perchè non dovrebbe essere prevedibile se sono noto come persona buona e altruista con molti quattrini?
Citazione:
Nell' autodeterminarsi della volontà entrano in gioco fattori irrazionali come i sentimenti, le impressioni, la coscienza, i valori ed altro.
Come detto, la pulsione "volontà", come ogni altra nostra pulsione, è razionalmente coordinata dal quartier generale della nostra VISION. Può anche non esserlo e allora diciamo che uno è più o meno fuori di testa.
Citazione:
La volontà a differenza di ogni altro fenomeno può essere conosciuta solo a posteriori, è imprevedibile a priori.
La volontà non è un fenomeno, è una pulsione che insorge, anzi è quasi sempre presente anche in forma multipla e ci indirizza e spinge a fare questo e/o quello che ci interessi fare.
Cosà significa che è conosciuta solo a posteriori?
Certo che prima che insorga non la conosciamo e raramente la prevediamo, ma è come ogni altro nostro sentimento o impressione di amore od odio, di piacere o dolore, ecc...
Citazione:
Aristotele87 (vedi Giorgiosan) fa presente la fisica quantistica e la possibilità teorica di un universo casuale, ma qui i fisici diventano filosofi e come tali possono esprimere solo delle opinioni. Sulla teoria fisico-filosofica di un universo stocastico accanto ad opinioni di fisici autorevoli per la loro scienza che si pronunciano in un senso, ve ne sono di altrettanto autorevoli che si pronunciano in senso opposto.
Ma mi pare che la teoria quantistica a livello di particelle non sia una opinione, essa è anzi universalmente accettata, forse a malincuore, fin dai tempi di Einstein.
Con la “relatività ristretta e generale”, la m.q. è l'altra grande teoria di interpretazione dell'universo. Veramente c'è anche la teoria delle stringhe o le teorie M, ma credo che riguardino più specificamente la materia e le sub particelle…comunque ciascuna vale per lo specifico campo di applicazione. Non significa che le leggi del macro-universo siano aleatorie...per lo meno non nella temporalità da noi considerata: il calendario che consultiamo ogni giorno non decadrà tanto presto e nessun meteorite è in vista… per ora.
Mi pare eccessivo supporre come insorta una sorta di zizzania fra i fisici in relazione a questi argomenti.
Forse c'è zizzania fra i filosofi.
Citazione:
La mia opinione è che i fisici-filosofi che si pronunciano nel senso di un universo stocastico producano un mito moderno ma anche antichissimo, quello del Caos. L'attività mitopoietica è sempre superata e dissolta dalla conoscenza.
Richiamarsi al caos, ai miti, ai misteri è sempre cosa che ci affascina: l'inesplorato ci attira.
Ma fra l'antico caos ed il supposto caos quantistico c'è una differenza: quello antico era solo confusione insipiente, quello quantistico è probabilistico...matematicamen te esplorato o sempre più' esplorato...nessuna confusione mitopoietica da parte di ineffabili fisici-filosofi…credo.

Ultima modifica di ulysse : 24-04-2011 alle ore 14.25.38.
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Vecchio 24-04-2011, 14.41.11   #104
ulysse
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Originalmente inviato da and1972rea
Pienamente d'accordo con giorgiosan; anzi, aggiungerei che se anche conoscessimo tutti gli elementi e le “leggi” che hanno governato un insieme di eventi fino all'istante t0, nulla potremmo ugualmente dire di razionalmente accettabile in ordine agli eventi e alle leggi che potrebbero aver luogo negli istanti successivi, perche' , per fare cio', dovremmo conoscere la totalita' degli elementi in gioco in tutto il reale fenomenico ,ovvero in tutta la loro dimensione temporale ( passato + futuro).
Stiamo infatti parlando di probabilità: E' lapalissiano che se tutto sapessimo, gli eventuali eventi futuri o la certezza delle misure, non sarebbe solo probabili, sarebbero consequenzialmente certi: infatti a causa definita consegue effetto certo!
Nel "sistema Newton" le leggi dell'univero non sono affatto stocastiche, ma il sistema Newton non interpreta il micro-universo e nemmeno il sistema Einstein...sebbene....
Spesso dobbiamo, invece, razionalmente accettare l’incerto proprio perchè i parametri che definiscono lo stato e l’evoluzione dei fenomeni sono solo parzialmente noti, come per lo più accade nei “sistemi reali", Potremmo usare lo "spannometro" e avere una idea solo di massima circa le probabilità dell'evento e spesso siamo costretti a farlo, sia nel personale che nel sociale, in mancanza di dati o di algoritmi adeguati.

La statistica però ha elaborato teorie di calcolo che permettono di valutare oggettivamente il livello di probabilità degli eventi importanti o delle risulktanze di ricerca quando siano noti i dati storici o la dispersione delle misure e delle posizioni.

E allora cosa è razionale…. andare a spanne, imprecare contro una conoscenza impossibile, rifiutare l’imperfetto,… oppure utilizzare mezzi e metodi che la statistica ci mette a disposizione per approssimare quanto più possibile la certezza dell'accadimento o dello stato probabile?
Certo che occorre sapere se una risoluzione è certa oppure solo probabilistica con relativo campo di dispersione.
Citazione:
Sono , invece, pienamente in disaccordo con chi mi pare troppo sbilanciato solo su alcune posizioni del probabilismo scientifico; sul piano della fisica e della scienza in generale, infatti, non mi pare per nulla assodato che tutto cio' che la meccanica quantistica spiega probabilisticamente cosi' bene a livello microscopico sia in grado di descrivere cio' che la relativita' di Einstein dimostra in modo razionale ed intuibile nella realta' dei fenomeni macroscopici, e questo vuol semplicemente dire che pezzi di fisica inconciliabili fra loro descrivono briciole altrettanto eterogenee della medesima realta' fenomenica.
Infatti mi par d'aver notato anche in altri contesti che le 3 o 4 teorie interpretative del micro-macro universo hanno loro specifici campi di validità e applicazione. Immagino che persino gli scienziati implicati se ne rendano ben conto, visto che persino noi ne parliamo...Non credo quindi che la conoscenze che ci arrivano siano solo briciole eterogenee e sfasate…e ,in definitiva, inaffidabili.

Invero sono in corso tentativi per arrivare alla cosiddetta "teoria del tutto" che concilierebbe le varie teorie in una unica che tutto interpreta.
In mancanza si ipotizza la teoria M...le varie teorie M… ove ai diversi campi fenomenici sarebbe applicata specifica teoria di interpretazione...in analogia a quanto già accade con le varie tipologie di mappe terrestri.

Certo che il “tutto” non è perfettamente noto o forse ancora lo è poco, ma a chi farne colpa…se c’è colpa? A chi è impegnato nel complesso campo della ricerca o a chi, da bordo campo, scetticamente critica..magari sulla base di vaghe impressioni?

Penso comunque che ciò che ci arriva dalla scienza sia il “massimo” che “per ora” possiamo sapere in relazione al micro-macro universo.
Citazione:
Einstein era convinto che nell'interpretazione probabilistica della natura dei fenomeni a livello microscopico vi fosse qualche cosa di profondamente sbagliato, e ,pur essendo stato egli stesso uno dei padri fondatori della meccanica quantistica, non credeva che Dio potesse giocare a dadi, e che la scienza , in generale, potesse generare teorie , seppur apparentemente ed empiricamente soddisfacenti, cosi' lontane dalla natura comprensibile della logica razionale.
Quella di Einstein, sul fatto che Dio non gioca a dadi, era solo una battuta alla quale Dirac spiritosamente rispondeva che Dio non solo gioca a dadi ma bara anche.
D’altra parte le stesse teorie teologiche del “Divino” non mi pare siano così vicine alla logica razionale dell’umano: le accettiamo e ci paiono ovvie semplicemente perché ci siamo abituati..in qualche modo plagiati.

Del resto è logico ed umano che gli scienziati possano nutrire dubbi sulla bontà delle teorie in corso…magari da loro stessi elaborate: se non lo facessero non ci sarebbe alcuna ricerca o progresso..saremmo ancora all'ipse dixit!.
Ma accade ovunque e sempre: non puoi elaborare un pensiero o fare una scoperta …un software o un hardware… che subito è superato!
Ma se non arrivavi a quello non ci sarebbe stato nemmeno il superamento.

Ultima modifica di ulysse : 24-04-2011 alle ore 18.14.54.
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Vecchio 24-04-2011, 22.18.08   #105
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...ormai e' anche divulgativamente assodato che la scienza conosce molto poco soltanto di un 25% dell'universo, perche' del resto non conosce proprio nulla ( materia oscura) ; quindi, oserei dire che gli aggettivi "frammentario" e "sporadico" sono eufemisticamente sin troppo lusinghieri per definire l'insieme delle conoscenze scientifiche sulla realta' che ci circonda. Quello della teoria del tutto , quindi, credo sia solo una trovata pubblicitaria per un romanzo di fantascienza che deve ancora essere pubblicato .

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Vecchio 25-04-2011, 11.06.53   #106
Il_Dubbio
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di Bruno de Finetti, “la probabilità di un evento è il prezzo che un individuo ritiene equo pagare per ricevere 1 se l'evento si verifica, 0 se l'evento non si verifica”.


Visto che la discussione si sta allargando troppo, mia responsabilità è riportarla alle "origini".

In questa discussione si parla di "probabilità" e quella di Finetti è una sua possibile definizione.

Prima di giungere alla definizione tutti i termini usati dalla definizione devono essere definiti in modo da non avere dubbi che quella definizione vada bene.

I termini più importanti sono "evento" e "individuo".
L'evento è quel qualcosa che ci aspettiamo succeda. Quindi non è ancora successa. L'individuo è colui il quale si aspetta di registrare l'evento.

Sono due cose importanti: il futuro (l'evento) e la registrazione dell'evento da parte dell'individuo.

La scommessa che un individuo fa, sull'evento futuro, è quello che deve succedere perchè l'individuo vinca la scommessa.
Perchè l'individuo vinca la scommessa è necessario usare una tattica, ne elenco qualcuna:
1)può giocare a caso potendo sostenere che gli eventi futuri saranno casuali.
2)ha fiducia che l'evento possa succedere in quanto è già successo
3)ritiene probabile che l'evento succeda

L'ultima tattica è quella più "razionale". Non sarà sicuro che l'evento succederà, ma possiamo usare la matematica per calcolare l'evento che ha maggiore possibilità di realizzarsi.

Si evince come si sia una differenza nelle diverse tattiche, la prima è casuale, la seconda potrebbe chiamarsi "istintiva" (o a colpo d'occhio, come qualcuno suggeriva) la terza è razionale.
Perchè quella razionale sia davvero razionale dobbiamo per forza di cose avere una conoscenza di base. Questa conoscenza ci permetterà di calcolare in modo matematico quello più probabile.

All'inizio ho però anticipato che nella definizione di probabilità data da Finetti ci sono almeno due termini da chiarire meglio: evento e individuo.

L'evento che ora è in esame è quello "futuro", quello che ancora deve succedere. Per il noto principio di causa ed effetto l'evento futuro dipenderebbe dagli eventi passati e presenti. Quindi, per una nota scoperta fisica dell'Ottocento, se avessimo la massima conoscenza di tutti gli eventi passati e presenti (anzi basterebbe la massima conoscenza dello stato iniziale del sistema) potremmo predire il futuro con la stessa massima precisione (questo almeno per principio).

Arrivò però poi la meccanica quantistica che negò la possibilità di conoscere lo stato del sistema iniziale. Gli stati possibili erano invece in "sovrapposizione".
Cosa vuol dire in "sovrapposizione"? Questa è la m.q., la sovrapposizione degli stati è una delle più grandi scoperte del Novecento (almeno secondo me), anche se contro-intuitiva.
Prima di tutto bisogna chiarire (a chi legge la fisica q. troppo a naso) che uno stato quantistico non è casuale. La casualità è solo nella realizzazione (nella realtà fisica) di uno dei possibili stati. Ma senza alcuna precisione sugli stati possibili, cioè senza alcuna conoscenza degli stati possibili, alcuna previsione sarebbe possibile. Quindi è ovvio che la nostra conoscenza deve essere precisa almeno per quanto riguarda gli stati in sovrapposizione, se vogliamo tentare di fare previsioni statistiche sull'evento più probabile. In m.q. poi il calcolo delle probabilità (cioè i numeretti che mettiamo sopra ogni stato in sovrapposizione) è uno delle cose più difficili da comprendere (modulo quadro?), ma è un calcolo da fare assolutamente per sostenere qual è lo stato più probabile, altrimenti avremmo la conoscenza di quali sono gli stati ma no quelli più probabili. A che servirebbe? A nessuno.

Ad Aristotele87 quindi dico che non è vero che le leggi fisiche siano casuali, altrimenti non potremmo prevedere alcunché.
La nostra conoscenza degli eventi (passati-presenti e futuri) deve avere un minimo di "razionalità", altrimenti potremmo dire che si può scommettere sulla meccanica quantistica (ritenendo valida in quanto universale la definizione di Finetti) senza alcun raziocinio, tanto tutto sarebbe casuale anche quello che sembra raccontarci la m.q. Se scommettessi sulla m.q. secondo la seconda tattica invece, la fiducia che nutrirei su di essa, a colpo d'occhio, sarebbe minima in quanto sembra irrazionale e incomprensibile, quindi non ci scommetterei un cent.
La questione però è che alla base della m.q. c'è un tipo di conoscenza che ci permette di fare delle previsioni razionali.

Ora veniamo all'individuo (l'altro termine in sospeso).

Qui io sostengo che una buona teoria della conoscenza deve includere una buona teoria dell'informazione.
Ho letto che Ulysse parlava di stormi di uccelli, di pensieri che volano ecc.

Seguendo un piano di lavoro ordinario possiamo sostenere che un evento è causa di un altro evento. Quindi il pulsante A fa scattare la molla B. "A", però, non sa che lui è causa di B. Quindi la conoscenza non è solo concatenazione di eventi (che possono esserci o no) ma la conoscenza consiste nella conoscenza della concatenazione degli eventi. Questa differenza è abissale, e chi non la comprende, secondo me non potrà mai comprendere null'altro.
Senza questa conoscenza è impossibile fare previsioni sul futuro. Potremmo imparare, come gli animali o le piante, a legarci alla concatenazione degli eventi in modo da non accorgerci della concatenazione stessa, ma questo non significherà fare previsioni ma vivere in modo automatico gli eventi.
L'individuo invece impara ad accorgersi degli eventi e delle loro concatenazioni e a fare previsioni. Se lo stormo (per ritornare all'esempio di Ulysse) non si accorgesse di se stesso, non potrebbe assumere quella forma volontariamente una volta stabilito che quella forma è (per dirla come direbbe Albert) più utile rispetto ad un'altra forma. La conoscenza si lega quindi bene alla nostra previsione del futuro, ma soltanto se ci accorgiamo delle forme stesse e della loro possibile utilità. Se non ce ne accorgessimo non potremmo sceglierle.
L'individuo quindi è colui il quale si accorge dell'informazione.
A me sembra che molti discorsi qui siano stati invece del tipo: A->B; L'entità Individuo non è però né A e nemmeno B. Non può essere una parte della catena di input output. Quando uno fa una scommessa è "consapevole" della tecnica che sta usando, che va dal meno razionale (gioco a caso) al più razionale (gioco facendo leva sulle mie precise conoscenze). Ma non è comunque un gioco casuale fin tanto che c'è consapevolezza.
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Vecchio 25-04-2011, 13.14.29   #107
ulysse
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Originalmente inviato da and1972rea
...ormai e' anche divulgativamente assodato che la scienza conosce molto poco soltanto di un 25% dell'universo, perche' del resto non conosce proprio nulla ( materia oscura) ; quindi, oserei dire che gli aggettivi "frammentario" e "sporadico" sono eufemisticamente sin troppo lusinghieri per definire l'insieme delle conoscenze scientifiche sulla realta' che ci circonda.
Quindi saresti uno di quelli che da bordo campo criticano scetticamente... sfottendo...magari anche senza sapere! Mi congratulo!

Infatti poichè non conosciamo quale sia il totale di conoscenza potenzialmente implicità nell'universo il presunmere probabilisticamente quale sia la percentuasle relativa di conoscenza raggiunta è impresa ardua...giusto per la divulgazione su Focus.
Per quanto le teorie in essere interpretino una globalità, ma forse una globalità non è tutto.
A metà del secolo scorso (epoca di grande euforia) si diceva metaforicamente che, del grande libro dell'universo, stavamo scrivendo solo le prime pagine e non credo che siamo andati molto più in là ora nonstante una crescità esponenziale delle conoscenze scientifiche e tecniche e nonostante tutto cio' che vedo attorno a me sia tecnologico.... a parte l'erba, gli alberi e la gatta!

Quindi in un certo senso hai ragione circa lo stato infimo delle conoscenze in rapporto al tutto, anche se quantitativamente, in assoluto, il corpo di conoscenze è comunque enorme e le ricadute tecnologiche ci pervadono oltre le nostre necessità primarie.

Ma non è questo il punto.
Il punto è che se vogliamo conoscere qualcosa del micro-macro-bio-universo dobbiamo rivolgerci alla specifica branca della scienza o della tecnica che se ne occupa.

Altre discipline o saperi diversi dalla scienza possono sollevarci lo spirito, che è pur molto, ma concretamente niente: se ho mal di schiena vado più probabilisticamente dal fisiatra o dall'ortopedico, piuttosto che dallo sciamano o da un luminare in filosofia.

Ed è anche vero che se si vuole avanzare (e ce n'è bisogno) bisogna spingere tutti... chi fattivamente impegnato nella ricerca, chi (i più) con l'incoraggiamento, magari facendo il tifo da bordo campo.
Fare il tifo per il calcio magari puo' aiutare, ma è la scienza che ci salverà..in cui possiamo sperare...se una qualche possibilità c'è ancora....

Citazione:
Quello della teoria del tutto, quindi, credo sia solo una trovata pubblicitaria per un romanzo di fantascienza che deve ancora essere pubblicato
Non credo che ci sia nel'ambito del consesso scientifico mondiale una organizzazione dedita alla propaganda.
Comunqe, che si elabori una qualche "teoria unificante le grandi teorie interpretative della scienza" sarà anche solo una vana speranza oppure la si attuerà magari solo nei romanzetti di fantascienza...in ogni caso non sarà certo attuata dalla filosoifia....non quella attuale comunque.

Ultima modifica di ulysse : 25-04-2011 alle ore 20.26.51.
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Vecchio 26-04-2011, 23.06.14   #108
aristotele87
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Originalmente inviato da Giorgiosan
Il principio di induzione decide anche il senso empirico degli enunciati probabilistici.
Gli enunciato probabilistici si costituiscono sulla base dell’induzione, ma
possiamo dare solo una giustificazione pragmatica dell’induzione e di conseguenza anche degli enunciati probabilistici.
L’inferenza induttiva non permette di stabilire la verità di un enunciato ma solo di scommettere su di esso.
Come potrebbe il principio d’induzione decidere la verità delle teorie scientifiche?

L’inferenza induttiva è una previsione e la previsione è una inferenza induttiva….

L’uso probabilistico sempre più diffuso nella pratica scientifica ci mette inevitabilmente davanti al fatto che verità e scienza non si equivalgono …ed emerge ancora che la fede è un fenomeno integrato al fenomeno della nostra razionalità.

Non è per denigrare la scienza perché come dice Quine: Immersi nel fluire della esperienza possiamo solo utilizzare gli strumenti fallibili ed imperfetti della scienza di cui disponiamo .
D’altra parte anche nel nostro comportamento applichiamo l’inferenza induttiva e questo mostra che non crediamo affatto all’equivalenza di tutte le possibili scommesse il che potrebbe voler dire che la conoscenza induttiva e probabilistica mostra un accordo tra la nostra struttura psicologica e la struttura causale del mondo accordo dinamico e costantemente rinegoziato
C’è una similitudine tra il nostro operare mentale e l’universo costituito di relazioni causali.
Chiedo scusa se rubo il termine a ulysse ma in questo momento è il più appropriato che possa trovare. E' lapalissiano che l'individuo apprende, scopre e agisce attraverso l'apprendimento per prova ed errore. Ed infatti non è su questo che si ha da ridire. Se mai si ha da ridire sulla struttura causale e necessaria istruita dalla metafisica di Parmenide contrapposta al nostro metodo di apprendimento. Entrambi lapalissiani ma così disarmonici
aristotele87 is offline  
Vecchio 30-04-2011, 17.08.24   #109
and1972rea
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...nei secoli bui del medioevo , se avessimo voluto conoscere qualcosa del micro macro bio universo, avremmo dovuto rivolgerci agli esperti dei massimi sistemi , e ancor oggi ,per comprendere alcunché in seno ad alcune antiche e radicate culture millenarie, dovremmo rivolgerci ad una figura competente legata a quel dato bagaglio culturale, nel nostro tempo e nella nostra societa' ,invece, ci si rivolge alla scienza; il punto e' che ogni ambito rappresenta un tutto in cui si puo' elaborare una teoria del tutto, se ad esempio consideriamo un insieme ristretto e assai circoscritto di dati osservabili come le stelle visibili ad occhio nudo sulla volta celeste, ebbene, basterebbe il sistema tolemaico a rappresentare una valida teoria di quel tutto; se i dati fenomenici osservabili si moltiplicassero , allora verrebbero sviluppati sempre nuovi e diversi modelli per poterne dar conto, senza per questo dover convincere nessuno che alcuni di quei miti rappresentino una spiegazione assoluta di un tutto universale, ogni nuova teoria rappresenterebbe sempre un a suggestiva e fantasiosa quanto lacunosa rappresentazione soggettiva di cio' che e' la totalita' del potenzialmente osservabile in natura. La probabilita' allora , in quest'ottica, diviene semplicemente un'aspettativa ,un' induzione , un prolungamento di una certa idea che ci siamo fatti in ordine ad un certo fenomeno; ed esempio: se consideriamo il moto rettilineo uniforme, nessuna legge divinamente universale ci assicura che un corpo, che in un certo tempo ha percorso linearmente un certo spazio “vuoto” ad una velocita' costante , continuera' a farlo nella stessa direzione e nello stesso verso alla stessa velocita' nei momenti successivi, quando la risultante di tutte le forze agenti su di esso continuera' ad essere nulla, semplicemente, ci aspettiamo che lo faccia nel futuro solo perche' lo ha fatto nel passato nelle stesse condizioni “a noi conosciute” ( risultante delle forze rilevata nulla); e' una legge “probabilistica”, “russellianamente tacchinistica”, che poggia unicamente sull'induzione che una cosa rimane tale fin quando non vi e' mutamento nella propria costituzione identitaria, ma il punto e' che questo mutamento ha luogo solo se e' osservabile, se non e' osservato, rilevato, allora la struttura identitaria del fenomeno rimarra' immutata ai nostri occhi, al nostro sistema ,ed in definitiva alla teoria del nostro tutto; sembra quasi che il fenomeno stesso si “realizzi” aristotelicamente , ontologicamente, non tanto nel tessuto e nei nessi logico-intuitivi del mito o della teoria che lo descrive, quanto nel momento osservativo in se', nel dato osservato: l'osservazione diviene in questo modo non solo lapalissianamente realta' fenomenica, cio' che vediamo e solo nel momento in cui lo vediamo sembra magicamente acquisire consistenza ontologica ; un dato fenomenico sembrera' esistere per se' solo fin tanto che lo osserveremo , e parra' perdere di ogni consistenza reale al di la' della nostra pittoresca visione del mondo nel momento in cui non lo si guardera'.

and1972rea is offline  
Vecchio 01-05-2011, 08.42.13   #110
Il_Dubbio
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Riferimento: Della probabilità

Citazione:
Originalmente inviato da and1972rea
... ma il punto e' che questo mutamento ha luogo solo se e' osservabile, se non e' osservato, rilevato, allora la struttura identitaria del fenomeno rimarra' immutata ai nostri occhi, al nostro sistema ,ed in definitiva alla teoria del nostro tutto; sembra quasi che il fenomeno stesso si “realizzi” aristotelicamente , ontologicamente, non tanto nel tessuto e nei nessi logico-intuitivi del mito o della teoria che lo descrive, quanto nel momento osservativo in se', nel dato osservato: l'osservazione diviene in questo modo non solo lapalissianamente realta' fenomenica, cio' che vediamo e solo nel momento in cui lo vediamo sembra magicamente acquisire consistenza ontologica ; un dato fenomenico sembrera' esistere per se' solo fin tanto che lo osserveremo , e parra' perdere di ogni consistenza reale al di la' della nostra pittoresca visione del mondo nel momento in cui non lo si guardera'.


Non so che cosa si intenda, in questo caso, per ontologia... ma la realtà fenomenica è solo una parte della realtà. Ontologicamente la realtà è il tutto e la rappresentazione fenomenica è solo la facciata B. Esiste una facciata A che non si vede, magari non esiste nel senso di fenomeno, ma che non è possibile eliminare. La conoscenza della facciata A è una conoscenza di diverso tipo (spesso matematica). Se non ci fosse però questa conoscenza (non fenomenica) non potremmo prevedere alcun fenomeno. E' come se il fenomeno si reggesse su una base non fenomenica. Questa base non può essere di tipo probabilistico. Se la base fosse soltanto probabile, vedremmo apparire fenomeni casuali non previsti da alcuna legge e non spiegabili. Invece questo non succede... e se viceversa succedesse sarebbe impossibile tentare di spiegare i fenomeni.
Per esempio sarebbe come dire che la scienza ammetta esplicitamente che ciò che noi chiamiamo miracolo, come la resurrezione, sarebbe possibile in quanto funzione casuale e non spiegabile di un mondo casuale e quindi impossibile da prevedere.
Un mondo così non sarebbe possibile studiarlo, perchè succederebbero sempre cose impreviste, casuali.

Ontologicamente invece noi crediamo (o confidiamo) in una realtà divisa fra facciata A (di elementi non casuali e studiabili) e facciata B, ovvero di fenomeni che derivano, che sono cioè "causati", dalla facciata A.

Questo l'ho già scritto molte volte, ma vedo che nessuno riesce a soffermarsi su questo punto. Quindi lo ripropongo.
Il_Dubbio is offline  

 



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