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Vecchio 22-01-2016, 00.44.11   #131
memento
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

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Originalmente inviato da green&grey pocket
[Sì ok, ma allora che cosa sarebbe questa realtà fenomenica?
E' proprio quello di cui si occupano gli analitici americani.
Vorrei sentire la vostra opinione.Sono curioso.
La realtà fenomenica è la realtà del corpo,delle sensazioni e e degli istinti,quel caos primordiale da dove siamo nati e dove torneremo a far parte. È il mondo cosi come appare,privo di ogni valore e di significati umani,puro come lo sguardo di un bambino,ma anche per questo terribile e crudele. Quante volte ci capita di ascoltarlo veramente? Poche,ottusi e miopi come siamo non vediamo oltre il palmo delle nostre verità,della nostra ignoranza. A cosa serve una filosofia se non sa ascoltare? L'Essere,la metafisica..sono solo tappi per le orecchie della mente.
Ti aspettavi un discorso più vicino alle posizioni della filosofia analitica,vero?
Ripeto,non è filosofia..
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Vecchio 22-01-2016, 09.03.57   #132
sgiombo
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

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Originalmente inviato da memento
Sai benissimo che la scienza non si fonda solo su constatazioni empiriche,ma deve necessariamente stabilire degli elementi a priori (come le unità di misura ad esempio) per mantenere una certa coerenza interna,una struttura logico-matematica che non si può desumere a posteriori (e in questo concordo con Kant e gli idealisti al seguito,che però ne dimenticavano il carattere puramente convenzionale). Cosi come ogni ipotesi di uno scienziato rimane pur sempre un'interpretazione dello stesso,non è constatabile se non fino all'esperimento che ne decreterà la (parziale) verità o meno.


Certo, concordo che la scienza non si fonda solo su constatazioni empiriche ma su di esse ragiona, per esempio stabilendo (però -secondo me: qui non concordo- a posteriori, dopo aver già raccolto alcune osservazioni empiriche, non a priori nel senso dei razionalisti classici, né di Kant) unità di misura e impiegandole ed applicando alla realtà empiricamente constatata il ragionamento logico (che possiede in maniera innata solo come mera potenzialità comportamentale che per attuarsi necessita di essere "sollecitata" dalle osservazioni empiriche, dunque letteralmente "a posteriori") e la matematica (che in quanto "pura" per me, contro Kant, é fatta di giudizi analitici a priori che non dicono nulla sulla realtà ma sono meri costrutti coerenti di pensiero; e solo in quanto applicata ai dati empiricamente constatati o per lo meno constatabili successivamente diventano giudizi sintetici a posteriori che dicono qualcosa della realtà e non solo di arbitrarie "fantasie" puramente mentali).
Però (anche qui concordo) le ipotesi teoriche devono essere sottoposte all' esame dell' osservazione (ovvero constatazione) empirica dei fatti (presupposti indimostrabilmente) intersoggettivi.
D' altra parte ciò che mi é sempre premuto evidenziare in questa discussione é che la scienza non stabilisce arbitrariamente in base a preconcetti aprioristici arbitrari e soggettivi ciò che scopre della realtà (come sembrerebbe di capire sostengano alcuni interlocutori), ma invece adegua (tendenzialmente quanto più possibile, nei limiti delle capacità umane, con' é ovvio) le sue teorie alla realtà.
Precisamente alla parte naturale materiale della realtà; e inoltre assumendo come vere alcune premesse indimostrabili, fra cui:
a) l' esistenza di altre esperienze coscienti oltre quella direttamente esperita (da ciascuno);
b) l' intersoggettività della componente materiale naturale delle varie esperienze fenomeniche coscienti;
c) il loro divenire ordinatamente secondo modalità o leggi universali e costanti.
Solo alla condizione indimostrabile che queste ipotetiche tesi siano vere la conoscenza scientifica (vera) é possibile.

Ultima modifica di sgiombo : 22-01-2016 alle ore 11.36.07.
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Vecchio 22-01-2016, 11.35.37   #133
maral
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

Sgiombo, quello che la scienza non considera, sono quella marea di fatti episodici, non conformabili in modo ripetibile, che il considerarli non sarebbe solo una perdita di tempo, ma indurrebbe lo scienziato che li considerasse senza prendersi cura della loro valenza statistica, a un errore enorme. Ma anche se fossero solo una perdita di tempo il discorso non cambierebbe: lo scienziato ha forse il diritto di perdere tempo? E se anche lo avesse e decidesse di perdere tempo, come andrebbero valutate le sue pubblicazioni se non come una perdita di tempo per chi le legga?

E' giustissimo che la scienza stabilisca quali siano i fatti scientificamente rilevanti e quali no, secondo i presupposti di osservazione che prestabilisce (che non vengono per nulla naturali e intuitivi, come vorrebbe farci credere ad esempio Popper), ma non è vero che la descrizione scientifica esprima il massimo, se non il solo, modo per rendere conto della realtà: essa si basa su una preselezione arbitraria di solo una parte della realtà da osservare, prestabilisce cioè una fenomenologia parziale a cui fa riferimento e l'errore non sta in questo, ma nel voler far credere che questa fenomenologia parziale è totale, che in essa si esaurisca ogni fenomeno degno di essere considerato effettivo.
Questa assunzione, significa, cambiare non la realtà (che è immutabile proprio in quanto realtà), ma cambiarne il significato. La realtà così pre considerata è quindi una realtà che assume significato scientifico, la cui verifica non sarà attuata rispetto alla realtà (cosa impossibile, visto che la realtà è proprio quanto lo scienziato sta tentando di conoscere, dunque non può essere in alcun modo assunta come termine di riferimento), ma rispetto alla regola metodologica prestabilita.
Oltretutto l'osservazione dello scienziato (mi riferisco soprattutto alle scienze dure, in primo luogo la fisica) non è semplicemente empirica (può ancora essere tale in scienze come la medicina, ancora empiriche, ma che a lungo hanno aspirato a diventare scienze dure). Lo scienziato non è per nulla un empirico, ma si muove in un mondo altamente teoretico e astratto, un mondo che viene ridotto quanto più possibile a espressione matematica, poiché solo la matematica può garantire il massimo rigore sul risultato dominando ogni empiria, dandole senso.
La preselezione scientifica della fenomenologia è dunque il presupposto propedeutico per rendere possibile l'intervento tecnico di trasformazione, per fare apparire la realtà come un trasformabile, come la magia, ma la magia mancava di questa preparazione e si limitava alla ripetizione del rito magico che prendeva la realtà nella sua naturale fenomenologia e per questo la magia falliva, mentre la tecnica, che si avvale di un lavoro preparatorio di definizione ben più accurato su ciò che va considerato, mostrato e cosa no, ci riesce con assai maggior apparente successo. la tecnica scientificamente fondata non esige solo la ripetizione rituale, ma si assicura la il suo ripetibile successo preconsiderando solo gli aspetti conformabili secondo ripetizione e assumendo il loro insieme come esaustivo di tutta la realtà meritevole di venire considerata (che tutto il resto è futile, perdita di tempo o cosa fuorviante che sia).

Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
La “realtà fenomenica per come il metodo impone di considerarla se si vuole fare scienza e non ad esempio poesia o altro” altro non é che “la realtà fenomenica per come si presenta”
No, non è la realtà fenomenica per come si presenta che la scienza considera. La realtà per come si presenta è quella che quotidianamente viviamo, in questa realtà la scienza opera un'accurata selezione in modo da configurarla in termini diversi da come naturalmente si presenta. Nessuno si sognerebbe mai di presentarsi a un altro in termini scientifici, descrivendo i propri atomi ad esempio.

Citazione:
Che il metodo scientifico sia "il solo strumento valido di conoscenza e verifica della realtà materiale naturale" non é una “pre assunzione indimostrata”, ma invece ciò che l' esperienza ci dimostra inequivocabilmente di continuo
Appunto, questo è quanto si assume che si deve credere. In realtà nulla dimostra che la conformità ripetibile con cui il metodo seleziona i fenomeni che considera, astratta dai contesti per renderla assoluta, abbia nulla a che vedere con la realtà effettiva, né che ne costituisca il termine essenziale. E in effetti è proprio la continua concreta differenza delle cose che osserviamo: una mela che ci cade in testa non è la stessa cosa di un asteroide che ruota attorno al sole, anche se la scienza ci dice che esprimono essenzialmente la stessa cosa, ossia la legge di gravità espressa secondo la sua calcolabilità matematica.

Citazione:
“ciò che non è riproducibile, anche se esiste, non merita a priori alcuna considerazione” scientifica per il semplice fatto che non é oggetto di scienza: pretendere che la scienza se ne occupi sarebbe come pretendere che la musica si occupi di edilizia, o che la filosofia si occupi di sport, o che la poesia si occupi di economia e commercio o che l' amministrazione della giustizia si occupi di matematica pura.
Esatto, sono d'accordissimo, mentre non sono d'accordo nel pensare che la scienza esprima una maggiore attinenza alla realtà della musica o della poesia. E questo però apre un altro problema, ossia visto che la realtà è una, mentre le sue conoscenze aventi pari dignità sono molteplici, come la scienza può interfacciarsi con la musica, la poesia, la filosofia (e viceversa)? A mio avviso non può semplicemente dire "non mi riguarda, ognuno si occupi delle sue competenze per non inquinarsi"
Questo vale anche per chi ritiene che la realtà materiale tutto inglobi, perché dovrà arrivare a spiegare come dalla pura materia nasca una musica e una poesia, un sentimento che non è per nulla dalla materia semplicemente deducibile.

Citazione:
non capisco cosa tu intenda per scopi “tecnici”
Molto semplice: la trasformabilità secondo volontà dell'esistente.

Citazione:
Ciò che eccede la realtà materiale naturale non é quantificabile, e dunque non se ne può stabilire un confronto quantitativo con la realtà materiale naturale stessa (che é invece quantificabile)
Non credo. La realtà materiale naturabile è quantificabile solo se si dà ad essa questa del tutto arbitraria definizione. Quello che il soggetto sente (rabbia, felicità) quello che vede (bellezza, squallidità, orrore ecc.) è del tutto naturale e compete di sicuro alla materia del mondo, senza che nessuna misura quantitativa riesca a esprimere in modo soddisfacente queste cose. Ma la scienza tende a estromettere questa materia per ridurla al solo misurabile, oppure a voler credere che anch'essa possa essere prima o poi quantificata e misurata.
maral is offline  
Vecchio 22-01-2016, 12.02.32   #134
sgiombo
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

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Originalmente inviato da maral

Ma probabilmente mi hai frainteso. Il dover a priori convenire sul metodo è dovere di chi fa scienza, se la vuole fare, non dovere universale a cui ognuno deve adeguarsi. Questo riconoscere che c'è un dover convenire tra chi fa scienza non significa fare da zerbino alla scienza, poiché, come ho detto prima a Sgiombo, non significa stabilire che questo convenire, che riguarda il punto di vista scientifico e lo istituisce, sia l'unico possibile e praticabile. E questo l'ho detto mille volte: il metodo scientifico manipola il significato fenomenico, manipola il dato (senza che quasi mai lo scienziato se ne renda conto), adeguandolo alle prestabilite esigenze metodologiche (non chiaramente quelle di questo o quello scienziato, Sgiombo) che devono garantire la massima riproducibilità conforme del fenomeno riassemblato (e prego notare il "conforme" perché è fondamentale per la visione sulla nostra contemporanea esistenza conforme).

(Ometto di obiettare alle molte altre affermazioni con cui non concordo perché la mia distanza da Severino e dai "severiniani" -nella fattispecie Maral e anche G&GP- richiederebbe interi volumi di precisazioni).

Ero stato troppo ottimista circa il presunto intendere da parte di noi due cose in gran parte simili con parole diverse.

Non vedo in che modo il metodo scientifico manipoli il dato empirico reale (sia pure ad libitum non del singolo ricercatore ma di una sorta di preconcetta "sacra scrittura" metodologica -?- da tutti i ricercatori aprioristicamente e arbitrariamente assunta per veritiera).

Le "prestabilite esigenze metodologiche" della scienza non determinano affatto alcuna "manipolazione" o "riassemblamento" della realtà naturale materiale osservata e studiata; ne impongono invece l' osservazione (diretta più o meno "ingenua" o anche il cimento sperimentale più o meno sofisticato, "artificioso" e "malizioso") alla ricerca di adeguamenti ad essa il più possibile precisi, esaurienti, completi delle ipotesi teoriche; le quali in assenza della conferma empirica di tali adeguamenti vengono falsificate e abbandonate.

Ultima modifica di sgiombo : 22-01-2016 alle ore 15.31.10.
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Vecchio 22-01-2016, 14.04.17   #135
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Originalmente inviato da maral
Sgiombo, quello che la scienza non considera, sono quella marea di fatti episodici, non conformabili in modo ripetibile, che il considerarli non sarebbe solo una perdita di tempo, ma indurrebbe lo scienziato che li considerasse senza prendersi cura della loro valenza statistica, a un errore enorme. Ma anche se fossero solo una perdita di tempo il discorso non cambierebbe: lo scienziato ha forse il diritto di perdere tempo? E se anche lo avesse e decidesse di perdere tempo, come andrebbero valutate le sue pubblicazioni se non come una perdita di tempo per chi le legga?
Questa non l' ho proprio capita.
Ovviamente la scienza non considera ciò che non le compete, come la filosofia, come la matematica, come la medicina e qualsiasi altra attività umana (e nella misura in cui lo considerasse perderebbe tempo).
Perdere tempo, soprattutto sul lavoro, per chiunque non é una buona cosa.

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Originalmente inviato da maral
E' giustissimo che la scienza stabilisca quali siano i fatti scientificamente rilevanti e quali no, secondo i presupposti di osservazione che prestabilisce (che non vengono per nulla naturali e intuitivi, come vorrebbe farci credere ad esempio Popper), ma non è vero che la descrizione scientifica esprima il massimo, se non il solo, modo per rendere conto della realtà: essa si basa su una preselezione arbitraria di solo una parte della realtà da osservare, prestabilisce cioè una fenomenologia parziale a cui fa riferimento e l'errore non sta in questo, ma nel voler far credere che questa fenomenologia parziale è totale, che in essa si esaurisca ogni fenomeno degno di essere considerato effettivo.

Ciò che si intende per “intuitivo” é certamente discutibile e per lo meno in gran parte soggettivo; personalmente ritengo i principali presupposti indimostrabili della ricerca scientifica decisamente intuitivi (ogni persona comunemente ritenuta sana di mente, se anche non li crede esplicitamente veri, comunque si comporta come se li credesse tali; e chi non lo facesse non verrebbe comunemente ritenuto sano di mente, oltre ad avere ottime probabilità di fare ben presto una brutta fine).

La descrizione scientifica esprime il massimo ed anzi il solo modo per rendere conto di ciò di cui si occupa (e non si può certo pretendere che lo faccia di ciò che non le é pertinente!), cioé gli aspetti (assunti indimostrabilmente come) universali e costanti del divenire naturale materiale.
E l'errore di voler far credere che questa fenomenologia parziale è totale, che in essa si esaurisca ogni fenomeno degno di essere considerato effettivo non va affatto rinfacciato alla scienza, ma casomai alla filosofia: a una pessima filosofia (che di fatto é propria di tutti o quasi gli scienziati odierni -ma non solo di loro- e che viene detta “scientismo”, ma che non per questo si può confondere con la scienza e pretendere che trascini o coinvolga la conoscenza scientifica nella sua falsità, assurdità ed erroneità).

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Questa assunzione, significa, cambiare non la realtà (che è immutabile proprio in quanto realtà), ma cambiarne il significato. La realtà così pre considerata è quindi una realtà che assume significato scientifico, la cui verifica non sarà attuata rispetto alla realtà (cosa impossibile, visto che la realtà è proprio quanto lo scienziato sta tentando di conoscere, dunque non può essere in alcun modo assunta come termine di riferimento), ma rispetto alla regola metodologica prestabilita.
Per me la realtà naturale, contrariamente alle opere simboliche umane (o in teoria anche di qualsiasi altro agente intenzionale) non ha e non può avere alcun significato, che possa essere cambiato o meno.
La verifica o falsificazione delle teorie scientifiche si fa confrontandole con la realtà dei dati empirici di osservazione “assunta come termine di riferimento” (cosa possibilissima e alla quale consegue la sua conoscenza, ovviamente limitata e più o meno approssimativa: questa é per l' appunto una “regola metodologica prestabilita” della ricerca scientifica).
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Originalmente inviato da maral
Oltretutto l'osservazione dello scienziato (mi riferisco soprattutto alle scienze dure, in primo luogo la fisica) non è semplicemente empirica (può ancora essere tale in scienze come la medicina, ancora empiriche, ma che a lungo hanno aspirato a diventare scienze dure). Lo scienziato non è per nulla un empirico, ma si muove in un mondo altamente teoretico e astratto, un mondo che viene ridotto quanto più possibile a espressione matematica, poiché solo la matematica può garantire il massimo rigore sul risultato dominando ogni empiria, dandole senso.

Mai affermato che la ricerca scientifica sia mera “empiria” in senso deteriormente semplicistico, ingenuo o rudimentale: astrazione e calcolo matematico sono fondamentali.
Ma almeno altrettanto lo sono le osservazioni empiriche.

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Originalmente inviato da maral
La preselezione scientifica della fenomenologia è dunque il presupposto propedeutico per rendere possibile l'intervento tecnico di trasformazione, per fare apparire la realtà come un trasformabile, come la magia, ma la magia mancava di questa preparazione e si limitava alla ripetizione del rito magico che prendeva la realtà nella sua naturale fenomenologia e per questo la magia falliva, mentre la tecnica, che si avvale di un lavoro preparatorio di definizione ben più accurato su ciò che va considerato, mostrato e cosa no, ci riesce con assai maggior apparente successo. la tecnica scientificamente fondata non esige solo la ripetizione rituale, ma si assicura la il suo ripetibile successo preconsiderando solo gli aspetti conformabili secondo ripetizione e assumendo il loro insieme come esaustivo di tutta la realtà meritevole di venire considerata (che tutto il resto è futile, perdita di tempo o cosa fuorviante che sia).


No, non è la realtà fenomenica per come si presenta che la scienza considera. La realtà per come si presenta è quella che quotidianamente viviamo, in questa realtà la scienza opera un'accurata selezione in modo da configurarla in termini diversi da come naturalmente si presenta. Nessuno si sognerebbe mai di presentarsi a un altro in termini scientifici, descrivendo i propri atomi ad esempio.
La realtà é trasformabile (limitatamente, com' é ovvio) grazie alla conoscenza scientifica (e del tutto contrariamente alle balle della magia!) nei suoi aspetti particolari concreti (dalle “condizioni iniziali” alla “condizioni finali”) proprio perché (o meglio: lo é qualora) non trasformabili ad libitum (in generale, e in particolare da parte della ricerca scientifica) ma realmente e intersoggettivamente tali sono (siano) le modalità generali astratte del suo divenire conosciute dalla scienza.

Circa lo scientismo, che é tutt' altra, ben diversa cosa che la scienza, ho già risposto più sopra.

“Selezionare” non significa “deformare”, “configurare in termini diversi da come naturalmente si presenta” ciò che si presenta (e infatti la scienza non lo fa); significa considerare solo parte (quella ritenuta pertinente) del tutto senza affatto alterarla.

Ho forse mai sostenuto che qualcuno “si sognerebbe mai di presentarsi a un altro in termini scientifici, descrivendo i propri atomi ad esempio” ? ! ? ! ? !

C O N T I N U A

Ultima modifica di sgiombo : 22-01-2016 alle ore 15.33.38.
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Vecchio 22-01-2016, 14.10.28   #136
sgiombo
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

C O N T I N U A Z I O N E

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Originalmente inviato da maral
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Che il metodo scientifico sia "il solo strumento valido di conoscenza e verifica della realtà materiale naturale" non é una “pre assunzione indimostrata”, ma invece ciò che l' esperienza ci dimostra inequivocabilmente di continuo (Sgiombo)

Appunto, questo è quanto si assume che si deve credere. In realtà nulla dimostra che la conformità ripetibile con cui il metodo seleziona i fenomeni che considera, astratta dai contesti per renderla assoluta, abbia nulla a che vedere con la realtà effettiva, né che ne costituisca il termine essenziale. E in effetti è proprio la continua concreta differenza delle cose che osserviamo: una mela che ci cade in testa non è la stessa cosa di un asteroide che ruota attorno al sole, anche se la scienza ci dice che esprimono essenzialmente la stessa cosa, ossia la legge di gravità espressa secondo la sua calcolabilità matematica.

No, questo é quanto si ricava dall' esperienza e se si é comunemente ritenuti sani di mente si crede o per lo meno ci si comporta come se lo si credesse.

Che i singoli fatti concreti differiscano reciprocamente é lapalissiano e non inficia minimamente la conoscenza scientifica.

Che sia indimostrabile il divenire universale e costante della natura materiale, é da una vita che lo sostengo accanitamente, avendolo imparato dal grandissimo David Hume (certamente, e non a a caso, di gran lunga il più citato nei miei interventi nel forum)!

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Originalmente inviato da maral
Esatto, sono d'accordissimo, mentre non sono d'accordo nel pensare che la scienza esprima una maggiore attinenza alla realtà della musica o della poesia. E questo però apre un altro problema, ossia visto che la realtà è una, mentre le sue conoscenze aventi pari dignità sono molteplici, come la scienza può interfacciarsi con la musica, la poesia, la filosofia (e viceversa)? A mio avviso non può semplicemente dire "non mi riguarda, ognuno si occupi delle sue competenze per non inquinarsi"
Questo vale anche per chi ritiene che la realtà materiale tutto inglobi, perché dovrà arrivare a spiegare come dalla pura materia nasca una musica e una poesia, un sentimento che non è per nulla dalla materia semplicemente deducibile.
Ma chi ha mai detto che “la scienza esprima una maggiore “attinenza alla realtà” della musica o della poesia” (concetto che peraltro trovo un po' vago e confuso) ? ! ? ! ? !
Ho sempre semplicemente affermato che quella scientifica é l' unica conoscenza valida (e vera a certe condizioni indimostrabili; ma qualsiasi altra pretesa alternativa non lo é nemmeno a queste condizioni ed entro questi limiti) degli aspetti universali e costanti generali astratti del divenire materale naturale (conoscenza fra l' altro necessaria per poter conseguire fini coscienti attraverso mezzi efficaci); e né la musica, né la poesia si occupano certamente di ciò.

A mio avviso invece non si deve fare confusione di competenze, metodi di lavoro diversi, applicabili a diverse questioni.
Il fatto ovvio che realtà é una non impone certo (anzi a mio avviso vieta) di confondere mele con pere o con cotechini o con chiodi o con solidi geometrici o con ippogrifi, ecc..

Ripeto di non aver mai “ritenenuto che la realtà materiale tutto inglobi”: anzi ! ! !
Mi sembra anzi di averlo sempre fierissimamente contestato nel forum, accidenti ! ! !
E ho anche sempre fierissimamente negato che “dalla pura materia nasca una musica e una poesia, un sentimento che non è per nulla dalla materia semplicemente deducibile” ! ! !

Accidenti, devo proprio sforzarmi molto per non incavolarmi ! ! !


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Originalmente inviato da maral
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Ciò che eccede la realtà materiale naturale non é quantificabile, e dunque non se ne può stabilire un confronto quantitativo con la realtà materiale naturale stessa (che é invece quantificabile) (Sgiombo)


Non credo. La realtà materiale naturabile è quantificabile solo se si dà ad essa questa del tutto arbitraria definizione. Quello che il soggetto sente (rabbia, felicità) quello che vede (bellezza, squallidità, orrore ecc.) è del tutto naturale e compete di sicuro alla materia del mondo, senza che nessuna misura quantitativa riesca a esprimere in modo soddisfacente queste cose. Ma la scienza tende a estromettere questa materia per ridurla al solo misurabile, oppure a voler credere che anch'essa possa essere prima o poi quantificata e misurata.
Si può definire come si vuole la realtà naturale materiale, ma come che la si definisca in linea di principio la si può comunque misurare (contrariamente alla realtà mentale).
Quello che il soggetto sente (rabbia, felicità) quello che vede (bellezza, squallidità, orrore ecc.) è sì del tutto naturale ma non compete affatto alla materia del mondo: per questo nessuna misura quantitativa riesce a esprimere in modo soddisfacente queste cose (alla materia del mondo competono invece i corrispettivi cerebrali -materiali esteriori; nell' ambito di esperienze fenomeniche diverse da quelle in cui accadono- di queste esperienze interiori).

Ancora una volta ciò che dici della scienza va ascritto invece alla (a una pessima) filosofia.

Ultima modifica di sgiombo : 22-01-2016 alle ore 15.46.36.
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Vecchio 22-01-2016, 19.46.08   #137
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Certo, concordo che la scienza non si fonda solo su constatazioni empiriche ma su di esse ragiona, per esempio stabilendo (però -secondo me: qui non concordo- a posteriori, dopo aver già raccolto alcune osservazioni empiriche, non a priori nel senso dei razionalisti classici, né di Kant) unità di misura e impiegandole ed applicando alla realtà empiricamente constatata il ragionamento logico (che possiede in maniera innata solo come mera potenzialità comportamentale che per attuarsi necessita di essere "sollecitata" dalle osservazioni empiriche, dunque letteralmente "a posteriori") e la matematica (che in quanto "pura" per me, contro Kant, é fatta di giudizi analitici a priori che non dicono nulla sulla realtà ma sono meri costrutti coerenti di pensiero; e solo in quanto applicata ai dati empiricamente constatati o per lo meno constatabili successivamente diventano giudizi sintetici a posteriori che dicono qualcosa della realtà e non solo di arbitrarie "fantasie" puramente mentali).
Però (anche qui concordo) le ipotesi teoriche devono essere sottoposte all' esame dell' osservazione (ovvero constatazione) empirica dei fatti (presupposti indimostrabilmente) intersoggettivi.
D' altra parte ciò che mi é sempre premuto evidenziare in questa discussione é che la scienza non stabilisce arbitrariamente in base a preconcetti aprioristici arbitrari e soggettivi ciò che scopre della realtà (come sembrerebbe di capire sostengano alcuni interlocutori), ma invece adegua (tendenzialmente quanto più possibile, nei limiti delle capacità umane, con' é ovvio) le sue teorie alla realtà.
Precisamente alla parte naturale materiale della realtà; e inoltre assumendo come vere alcune premesse indimostrabili, fra cui:
a) l' esistenza di altre esperienze coscienti oltre quella direttamente esperita (da ciascuno);
b) l' intersoggettività della componente materiale naturale delle varie esperienze fenomeniche coscienti;
c) il loro divenire ordinatamente secondo modalità o leggi universali e costanti.
Solo alla condizione indimostrabile che queste ipotetiche tesi siano vere la conoscenza scientifica (vera) é possibile.
Ecco,se si deve presupporre queste tre premesse o postulati come condizioni necessarie,al fine di garantire una conoscenza di tipo scientifica,forse si sta implicitamente dicendo che non esiste in natura tale necessità,o meglio che a noi non è dato conoscerla. A scanso di equivoci,non ho detto che la scienza si basi su giudizi di tipo soggettivo (perché quando parlo della figura dello scienziato mi riferisco esclusivamente rispetto al metodo che applica in quanto scienziato),ma ho messo in dubbio una corrispondenza fra sapere oggettivo e realtà fenomenica,e soprattutto l'idea di una natura in cui possiamo constatare un sostanziale ordine strutturale. Trattasi però di semplici premesse,di pregiudizi: e come potremmo fare altrimenti per stabilire una forma di sapere? Forse aveva ragione Einstein a dire che la scienza ha stretto bisogno di una fede "religiosa"..una fede diversa però,che abbia diritto a essere creduta.
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Vecchio 23-01-2016, 01.24.07   #138
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

La contradizione Maral sta nella percezione che appare come fenomeno, che pressupone un soggetto ed oggetto che si danno contemporaneamente nello stesso momento.
Appunto sta nella filosofia analitica (vedi più sotto).

Quello che tu e Memento mi tirate in ballo è sorprendentemente il realismo ingenuo che sta dilagando ovunque negli ambienti accademici.

Ossia nella credenza che la RES sia dia immediatamente accessibile ai sensi.

L'esempio da cui partono per problematizzare è l'elefante rosa.


Siamo in un circo dove vi è un elefante rosa.

posizione realista
l'elefante è rosa.

posizione intermedia
l'elefante è rosa perchè un faro lo sta illuminando come rosa.

posizione disgiuntiva.
o l'elefante è rosa, o il soggetto è sotto illusione.


anche dette

realismo ingenuo, fenomenologia e posizione del vel-vel.


Come vediamo siamo alla problematizzazione del lato percettivo del fenomeno.

In quanto deve esistere una corrisponenza tra soggetto e oggetto.

Ora a meno che non siamo nella vecchia posizione cartesiana, dove è un dio ex machina a stabilire una connessione tra i 2 lati della RES.

Dobbiamo andare a ragionare su quale delle 3 prospettive risulta la più valida.
In ballo come nemico c'è la prospettiva sciettica, ossia che non esiste un fondamento che stabilisca una effettiva corrispondenza tra percepito e percetto, ossia che non esiste un fenomeno certo.
Questa sarebbe una crisi assai più grave di quella metafisica.
(e infatti è quella in cui si procede con più cura).

La posizione bypassata è proprio quella kantiana, dove invece il fenomeno non può che essere inteso che come manifestazione categoriale o dell'intelletto della "cosa in sè".

Ovviamente io da bravo idealista la penso così alla Kant.
Ossia che il problema passa nelle mani del soggetto.

Vedi è normale che da una parte ti diano dell'antiscientista e dalla mia dello scientista.

Perchè da una parte non intendono minimamente l'astrazione, essi pensano che il concetto si incarni sempre in qualcosa.(definizione geniale e consolatoria di tanta ignoranza filosofica da parte di Aiello l'intervistatore di Severino).
Perciò quando fai riferimento all'astrazione della parte per il tutto, non intendono minimamente di che parli.
Dall'altra per chi intende l'astrazione (il tuo buon Green) nota che
il tuo "tutto" è pericolosamente vicino all'essere una parte.
Infatti ancora non capisco come fai a partire da un assunto così apparentemente banale (memento ti ci metto dentro anche a te ) come quello di "fenomeno che si da".
E non lo metti in discussione sulle modalità in cui si dà.
In questo senso lo ritengo una contradizione.
Una contradizione di grado di astrazione, perchè laddove nella prima parte posso convenire (ho i miei dubbi sull'empirismo, infatti sulla questione dei medicinali e delle case che crollano hai bypassato la mia argomentazione, che sostine che non solo si sceglie la parte per il tutto, e quello come dice Sgiombo ci sta, infatti fa parte della metodologia, ma nel suo cambiare di significato il tutto per la parte, decide sempre una politica di quella parte. Per esempio io posso scoprire le qualità del decadimento del nucleo del plutonio, che è una parte, ma poi di questa parte, che tu dai per assodata, benchè come cambiamento di significato, a sua volta, e qui ti perdo, viene decisa per un significato politico. Ok di questa parte che ne faccio?
Una bomba atomica, una centrale nucleare etc...

Io ho paura di questo tuo lato, cioè che ti accontenti del decadimento del plutonio e non dell'uso sconsiderato o meno che se ne fa: nel senso di "parliamone" prima di agire.
Cioè prima di manipolare il plutonio forse la scienza doveva ragionare prima, e non accortasi dell'orrore, mandare una ridicola, per quanto nobile, lettera di pace.
E cioè la scienza o è un metodo, e allora deve stare zitta, o, come nella realtà è, è un apparato di potere come tanti altri. (e allora continuiamo a sentirli starnazzare e addirittura a fargli da zerbini dicendo che stanno facendo bene: no caro maral, il doveroso non è nel metodo, che scusami tanto è più una necessità per il lavor che fanno, ma tutto il contorno: cosa sto facendo, per chi lo sto facendo, la mia descrizione della realtà a chi giova a chi no etc...etc...)

(questo non c'è nelle tue analisi (almeno relativo a questi ultimi post)! al netto ovvio della impostazione fondamentale severinina che dice che l'apparire (il fenomeno) è semplicemente l'essere, il sussistere delle RES)


Tornando a bomba allora ora mi aspetto che Maral e Memento mi dicano a quale delle tre posizioni sopra citate si sentono meglio rappresentati.


Scusate il tono di sfogo (ne ho bisogno), come capirete sono in un momento di crisi intellettivo (fisicamente sto ok) fastidioso e insolitamente prolungato per i miei standard. (ipotizzato standard! oddio sarà la mezza eta!)

Con simpatia per tutti (anche per Sgiombo, grazie per il tuo interessamento! )



ps come sgiombo la fisica galileiana e relativistica sono uguali?

Non conosci la frase celebre di Einstein, che se l'esperimento falliva, tanto peggio per l'esperimento!
E non conosci la figuraccia terribile ai laboratori del gran sasso, dove dicevano che il neutrino andava oltre la velocità della luce, sperimentalmente....E POI ERA SBAGLIATO!
(come dire che la matematica non sbaglia!)

Insomma ho capito che tu parli di buon senso come il limite delle capacità umane.
Però da filosofo come fai a non ragionare di più sulle falsificazioni?
Per non parlare da Marxista!....capisco che ci tieni tanto a tenere le 2 cose separate, e che per lungo tempo lo avevi nascosto.
Ma insomma, perchè non parlarne?

Infatti io ti ho anche aggiunto che nel sistema della fisica meccancia, come diceva sempre il mio vecchio professore di fisica, bene o male anc'ora oggi lo usiamo al 90% delle situazioni.
Cioè appunto il discorso non è tanto sul metodo, ma su quali questioni empiriche, si ritengano empiriche.
Che fin che riguardano corpi inanimati bon, ma quando riguardano le persone....io queste cose non le trovo mai nei tuoi scritti, o per lo meno le trovo, ma appunto come se fossero in comparti stagni.
Da una parte la scienza e dall'altra (minima secondo te) lo scientismo.
Io temo che non sono così distanti l'una dall'altra.
E questo è il mio punto di critica.
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Vecchio 23-01-2016, 09.36.45   #139
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Ecco,se si deve presupporre queste tre premesse o postulati come condizioni necessarie,al fine di garantire una conoscenza di tipo scientifica,forse si sta implicitamente dicendo che non esiste in natura tale necessità,o meglio che a noi non è dato conoscerla. A scanso di equivoci,non ho detto che la scienza si basi su giudizi di tipo soggettivo (perché quando parlo della figura dello scienziato mi riferisco esclusivamente rispetto al metodo che applica in quanto scienziato),ma ho messo in dubbio una corrispondenza fra sapere oggettivo e realtà fenomenica,e soprattutto l'idea di una natura in cui possiamo constatare un sostanziale ordine strutturale. Trattasi però di semplici premesse,di pregiudizi: e come potremmo fare altrimenti per stabilire una forma di sapere? Forse aveva ragione Einstein a dire che la scienza ha stretto bisogno di una fede "religiosa"..una fede diversa però,che abbia diritto a essere creduta.


Concordo: quali che siano le valutazioni che se ne danno, lo scetticismo non é suprabile razionalmente e si possono avere credenze (anche nella verità delle scienze) solo alla condizione di ammettere almeno "un minimo di tesi indimostrabili di base": ogni credenza di verità é ipotetica, vale in quanto tale (verità) solo qualora le tesi indimostrabili che ne sono necessariamente "alla base" siano vere (il che, secondo la mia personale, soggettiva valutazione, non é poco; e non fa sì che qualsiasi credenza valga quanto qualsiasi altra, dalle superstizioni, alle religioni, alla scienza e alla filosofia razionalistica: ve ne sono di fondate su meno assunzioni arbitrarie indimostrabili -più razionalistiche- e di fondate su più assunzioni arbitrarie indimostrabili -meno razionalistiche-).

Ultima modifica di sgiombo : 23-01-2016 alle ore 16.34.31.
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Vecchio 23-01-2016, 17.33.11   #140
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Originalmente inviato da green&grey pocket
La contradizione Maral sta nella percezione che appare come fenomeno, che pressupone un soggetto ed oggetto che si danno contemporaneamente nello stesso momento.

Con David Hume (anche in questo caso) non sono d’ accordo che la percezione (fenomeno) presupponga necessariamente un soggetto e un oggetto: la realtà potrebbe anche limitarsi alle sensazioni (fenomeni) e nient’ altro; e l’ esistenza (reale) oltre ad esse (anche) di loro soggetti ed oggetti (da esse distinti) é indimostrabile, e men che meno mostrabile, constatabile (per definizione).
.
Credo tuttavia per fede, arbitrariamente, che soggetto ed oggetto esistano realmente; ma che non siano fenomeni (l’ io con le sue credenze, desideri, sentimenti che avvertiamo “interiormente” e le “cose materiali” come l’ elefante che vediamo o comunque percepiamo sensibilmente “esteriormente”, quale che sia il suo colore, rispettivamente), bensì (in qualche misura “a la Kant”) cose in sé non percepibili ma solo congetturabili (noumena).


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Originalmente inviato da green&grey pocket
Scusate il tono di sfogo (ne ho bisogno), come capirete sono in un momento di crisi intellettivo (fisicamente sto ok) fastidioso e insolitamente prolungato per i miei standard. (ipotizzato standard! oddio sarà la mezza eta!)

Con simpatia per tutti (anche per Sgiombo, grazie per il tuo interessamento! )

ps come sgiombo la fisica galileiana e relativistica sono uguali?

Non conosci la frase celebre di Einstein, che se l'esperimento falliva, tanto peggio per l'esperimento!
E non conosci la figuraccia terribile ai laboratori del gran sasso, dove dicevano che il neutrino andava oltre la velocità della luce, sperimentalmente....E POI ERA SBAGLIATO!
(come dire che la matematica non sbaglia!)

Insomma ho capito che tu parli di buon senso come il limite delle capacità umane.
Però da filosofo come fai a non ragionare di più sulle falsificazioni?
Per non parlare da Marxista!....capisco che ci tieni tanto a tenere le 2 cose separate, e che per lungo tempo lo avevi nascosto.
Ma insomma, perchè non parlarne?

Infatti io ti ho anche aggiunto che nel sistema della fisica meccancia, come diceva sempre il mio vecchio professore di fisica, bene o male anc'ora oggi lo usiamo al 90% delle situazioni.
Cioè appunto il discorso non è tanto sul metodo, ma su quali questioni empiriche, si ritengano empiriche.
Che fin che riguardano corpi inanimati bon, ma quando riguardano le persone....io queste cose non le trovo mai nei tuoi scritti, o per lo meno le trovo, ma appunto come se fossero in comparti stagni.
Da una parte la scienza e dall'altra (minima secondo te) lo scientismo.
Io temo che non sono così distanti l'una dall'altra.
E questo è il mio punto di critica.

Bene, la salute prima di tutto!
E quanto alla mezza età, non preoccuparti: la vecchiaia ( la “terza”, “quarta”, “quinta”, ecc. età dei conformisti politicamente corretti che nella loro imbecillità ritengono “vecchiaia” una parolaccia offensiva) è anche peggio, ma ci si può sopravvivere bene (almeno per qualche anno, finora, da parte mia, ma spero per qualche ulteriore lustro).

Non ho mai affermato che la fisica galileiana e relativistica sono uguali.
Copio-incollo quanto scritto in proposito:
“La relatività e la scienza contemporanea sono ovviamente in parte diverse dalla fisica gaileiana, ma vi sono accomunate dal rispetto dei medesimi presupposti (consapevolmente o meno da parte di ricercatori e fruitori), metodi e condizioni di verità”.

Non conoscevo questa frase di Einstein, ma mi fa l’ impressione di essere una mera boutade!

Conosco questa e altre miserevoli figuracce di esimi ricercatori (difficilmente superabile è la bufala della “memoria dell’ acqua”; un’ altra la celebre “fusione nucleare fredda”), e non mi stupisco affatto.
Anche perché conosco un pochino il mondo accademico e so che cosa si cela sotto le balle continuamente strombazzate circa “eccellenze” e “meritocrazie”!

La matematica non sbaglia se impiegata a proposito e correttamente.

Sinceramente e senza falsa modestia mi pare di ragionare (criticamente) con discreto impegno su significato, condizioni e limiti della conoscenza (andando ben oltre il buon senso).

Non ho mai nascosto (e qui sinceramente devo fare uno sforzo per non offendermi) il mio marxismo, né l’ ho mai tenuto deliberatamente e ingiustificatamente separato del resto della mia filosofia (credo semplicemente di non averlo “tirato in ballo” quando non era pertinente).
Figurati che di solito, per far comprendere le mie idee politiche, (un po’ grossolanamente e impropriamente) mi definisco “stalinista”! (Credo di averlo fatto anche qui nel forum).

Circa la questione dei rapporti materia-pensiero (o cervello-coscienza) mi sembra di avere illustrato più volte (forse fino a scocciare qualcuno) il mio “monismo del noumeno, dualismo dei fenomeni”.
Fra i tantissimi esempi che potrei indicare, mi limito a rimandarti alla mia “lettera-on-line” in questo stesso sito “Riflessioni” intitolata “Il paradosso delle moderne neuroscienze” (è la n° 175) e alla (purtroppo breve) discussione che ne è seguita nel forum.

Che tutti o quasi gli scienziati odierni (ma non solo loro!) pecchino di scientismo (“in filosofia”) l’ ho scritto più volte, anche negli ultimi interventi.
Come pure che questo non inficia la validità delle loro teorie e scoperte scientifiche.

Ultima modifica di albert : 24-01-2016 alle ore 09.40.19.
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