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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 24-11-2011, 22.40.15   #121
arsenio
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Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
Riferimento: siamo realisti: cosa esiste?

Citazione:
Originalmente inviato da benedetto
Una parola ha capacità di stare nella piazza quanto più le persone ne danno dignità di esistenza. Esiste il “berlusconismo” ? Di sicuro esiste la parola, ma la realtà da essa sottesa, esiste? Per chi la vede, sì, per chi non la vede, no; questo non toglie che anche chi non la vede possa usare il termine “berlusconismo”. Non capisco poi la necessità che per un insieme di cose debba esistere un'essenza che ha quasi del metafisico solo perchè esiste una parola che rilega quella categoria di cose. Il linguaggio si basa sulla condivisione, che a mio giudizio non è poi di natura convenzionale, di una visione simile del mondo in seno alla specie umana. Le rose hanno delle caratteristiche che le contraddistinguono; può essere che vi siano dei dubbi se catalogare o no come "rosa" un certo fiore appena scoperto. Esiste la “specie”? Fintanto che una cospicua frangia di esperti riterrà opportuna l'esistenza di questa parola, il concetto di “specie” continuerà ad esistere. E magari continuerà ad esistere solo anche come riferimento ad un errore che si faceva nel ventunesimo secolo.

Le basi del problema sulla realtà nel pensiero contemporaneo non sono nuove ma aggiornabili in vista di nuove eventuali conoscenze. Per chi è interessato esiste una vasta letteratura classica da consultare per non correre il rischio di brancolare in personali arbitrarietà prive di senso.
Certi sono considerati pseudoproblemi, senza corrispondenza alle cose quindi non sono possibili convalide o confutazioni.
Analogo problema si trova nella questione della “verità” intesa come corrispondenza tra proposizione e fatto ( in senso filosofico).
Da dove si conosce? Tramite il confronto con quale “verità”?
Ad esempio, esiste un mondo esterno oggettivo e indipendente? Per riprendere Tarski, esiste una “neve bianca” non solo nella nostra percezione? Putnam ( quello dei “cervelli in vasca”) riprese il tema e afferma: esiste forse un “occhio di Dio” che riesce a vedere in confronto le due cose indipendenti, senza dover regredire all'infinito?
Secondo il noto esempio: “la neve è bianca” equivale davvero al fatto che la neve è bianca, in che senso e quali limiti? Da dove sappiamo che corrisponde? Non abbiamo nulla d'indipendente dalla frase, la “neve bianca” non c'è senza la frase, per cui si disconferma la teoria classica aristotelica: “la verità corrisponde alla realtà”. Solo per il linguaggio dove la struttura è predefinita ( Tarski: il concetto di verità nei linguaggi formalizzati). Da enunciati sensati deriva solo se il senso della proposizione è vero o falso: la neve cade solo se …
si tratta di una relazione non tra enunciato e realtà ma tra due enunciati, questione di linguaggio e metalinguaggio, concezione semantica e non epistemologica, non è enunciato empirico, non è criterio di verità.
La definizione classica della verità esige pure un criterio o condizione di verità, sia fatti, sia proposizione empirica, ma se la corrispondenza ai fatti è limitata a una definizione semantica non è un criterio valido, solo schema di equivalenza semantica: una teoria minimalistica.
Da cui derivano i vari criteri che conosciamo: coerenza, relazione con altre proposizioni linguistiche, assenza di contraddizioni,riferimenti entro sistemi, ecc.
arsenio is offline  
Vecchio 27-11-2011, 20.16.02   #122
mariodic
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Riferimento: Re: Riferimento: che cos'è la realtà?

Citazione:
Originalmente inviato da ulysse
E' vero: realtà è anche semplice oggetto del pensiero...posso dire, ad esempio, che questo pensiero è reale!?
Oppure può essere un pensiero reale il pensare che c'è una realtà là fuori che non è sotto l'osservazione di nessun "IO" o lo è solo in parte?...quella parte che effettivamente percepiamo o direttamente o tramite scienza? o che anche solo interpretiamo tramite teorie, modelli, rappresentazioni o altro?

Quindi "la realtà", o "una realtà", esiste anche indipendentemente dall'osservatore.
Infatti quando, alcuni milioni di anni addietro, un "IO" cosciente non c'era e nessuno osservava o prendeva appunti, forse che "la realtà" non c'era?...o era men vera?
Mi pare si dica ...anzi...che più realtà in contemporanea possono essere...e se ciò fosse dimostrato si potrebbe dire "che la verità è" che più realtà esistono o che della realtà si possono fare diverse narrazioni...cioè esistono i multiversi veri e/o reali che siano.
Una discussione del genere, cioè fra idealismo (soggetivismo) e reaalismo (oggettivismo), è risaputo che non avrebbe mai termine perchè entrabe le posizionisi autosorreggono (logicamente) indipendenntemente l'una dall'altra.
Personalmente sono soggettiivista (=idealista), cioè sono fra coloro che pensano che l'universo -comprendendo in questo anche il mio cervello- è nella "nostra testa". Come soggettivista rispondo, a coloro che mi chiedono se qualcosa esiste nell'universo anche quando non la osserviamo, che l'universo è un macromodello dell'IO nell'ambito del quale ogni cosa o preposizione (=ogni sottosistema logico), p. es. la luna e molte altre cose, è dotato di verie proprietà tra cui potrebbe essci anche quella di esistere indipendentemente dall'atto osservativo dell'Osservatore universale. E' appena il caso di dire che quanto dico non starebbe in piedi se non si definisse il significato di osservazione e di osservabile IO
mariodic is offline  
Vecchio 28-11-2011, 19.01.58   #123
benedetto
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Riferimento: siamo realisti: cosa esiste?

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
Le basi del problema sulla realtà nel pensiero contemporaneo non sono nuove ma aggiornabili in vista di nuove eventuali conoscenze. Per chi è interessato esiste una vasta letteratura classica da consultare per non correre il rischio di brancolare in personali arbitrarietà prive di senso.


Sempre in tema di cosa fa della rosa una rosa.
Perdona la mia scarsa dimestichezza alle problematiche filosofiche. Spero sia solo quella a farmi dire cose senza senso ... altrimenti pazienza ... qualcuno deve pur farlo. Tu rimarca pure, magari con un linguaggio meno specialistico.
Proverò con altre parole.
Ci si potrebbe chiedere se vi sia un motivo per attribuire un nome a qualcosa che non sia esplicitamente quello di attribuire nomi alle cose che non lo hanno ... questa si chiamerà rosa, questo lo chiameremo albero etc ... Io non so se sia già stata ponderata una domanda del genere ... forse è solo una domanda senza senso. Chiaramente per me non lo è poiché rispondere a tale questione potrebbe avvicinarci, e sottolineo avvicinarci, a stabilire almeno se i significati delle cose o i referenti dei nomi vivano in primo luogo nella nostra mente; e mi sembra che quest'ultima sia una problematica aperta in seno al dibattito sul linguaggio. Io propendo a pensare che il senso delle cose e anche la loro esistenza sia in primo luogo nella nostra mente e che alle cose sia stato attribuito un nome in base ad una motivazione ben precisa anche se inafferrabile (nel senso che il motivo non è predefinito); sarebbe proprio il motivo a rendere possibile l'esistenza di qualcosa nella nostra mente; senza motivo, che in fondo non è altro che un possibile significato tra i tanti che può cogliere la nostra mente in seno ad un evento, non vi sarebbe esistenza alcuna. Del resto questo sembra un pò ciò che accadrebbe nell'universo di alcune specie di scimmie antropomorfe; esisterebbero segnali per vari tipi di pericolo o anche per prede; non che il loro vocabolario sia particolarmente ricco, anzi, ma proprio per questo è forse più facile cogliere il motivo non arbitrario dell'esistenza del "nome" a dispetto della frantumazione del mondo umano che potrebbe indurre a pensare che le cose esistano di per sè stesse. E' lecito pensare che la natura dei linguaggi sia simile all'interno delle specie che ne fanno uso? Io mi limito a pensare che sia plausibile. E' solo che nella loro mente non esistono tutte le cose che esistono nella nostra. Ogni intelligenza basta a sè stessa, evidentemente.
Ciao
benedetto is offline  
Vecchio 28-11-2011, 23.14.49   #124
arsenio
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Riferimento: siamo realisti: cosa esiste?

Citazione:
Originalmente inviato da benedetto
Sempre in tema di cosa fa della rosa una rosa.
Perdona la mia scarsa dimestichezza alle problematiche filosofiche. Spero sia solo quella a farmi dire cose senza senso ... altrimenti pazienza ... qualcuno deve pur farlo. Tu rimarca pure, magari con un linguaggio meno specialistico.
Proverò con altre parole.
Ci si potrebbe chiedere se vi sia un motivo per attribuire un nome a qualcosa che non sia esplicitamente quello di attribuire nomi alle cose che non lo hanno ... questa si chiamerà rosa, questo lo chiameremo albero etc ... Io non so se sia già stata ponderata una domanda del genere ... forse è solo una domanda senza senso. Chiaramente per me non lo è poiché rispondere a tale questione potrebbe avvicinarci, e sottolineo avvicinarci, a stabilire almeno se i significati delle cose o i referenti dei nomi vivano in primo luogo nella nostra mente; e mi sembra che quest'ultima sia una problematica aperta in seno al dibattito sul linguaggio. Io propendo a pensare che il senso delle cose e anche la loro esistenza sia in primo luogo nella nostra mente e che alle cose sia stato attribuito un nome in base ad una motivazione ben precisa anche se inafferrabile (nel senso che il motivo non è predefinito); sarebbe proprio il motivo a rendere possibile l'esistenza di qualcosa nella nostra mente; senza motivo, che in fondo non è altro che un possibile significato tra i tanti che può cogliere la nostra mente in seno ad un evento, non vi sarebbe esistenza alcuna. Del resto questo sembra un pò ciò che accadrebbe nell'universo di alcune specie di scimmie antropomorfe; esisterebbero segnali per vari tipi di pericolo o anche per prede; non che il loro vocabolario sia particolarmente ricco, anzi, ma proprio per questo è forse più facile cogliere il motivo non arbitrario dell'esistenza del "nome" a dispetto della frantumazione del mondo umano che potrebbe indurre a pensare che le cose esistano di per sè stesse. E' lecito pensare che la natura dei linguaggi sia simile all'interno delle specie che ne fanno uso? Io mi limito a pensare che sia plausibile. E' solo che nella loro mente non esistono tutte le cose che esistono nella nostra. Ogni intelligenza basta a sè stessa, evidentemente.
Ciao

Non preoccuparti in genere nei forum credo siamo perlopiù cultori più o meno interessati, senza pretese di scoprire qualcosa di inedito ma non arbitrario. Anche i miei approcci sono improntati a un tipo di filosofia pratica, da consuelor, non da logico matematico. Comunque, nei limiti talvolta riempio qualche lacuna sapendo dove trovare informazioni affidabili. Tuttavia a parer mio, sconfinando nel postmoderno, metafisico,ecc. non risultano dialoghi molto produttivi con agganci al mondo che ci circonda, in nome del realismo e di una filosofia per la vita.

Credo alludi a qualcosa come il triangolo semiotico di Osgood ( e il differenziale semantico per le dimensioni emotive percepite) nell'ambito di una semantica logico-filosofica, non ignorata nemmeno dagli scienziati, per discernere sempre l'arbitrarietà del simbolo dal reale, anche nel passaggio dall'osservazione al dato.
Una parola si compone di

significato( idea)
significante ( il segno per comunicare)
referente (oggetto nel mondo)

Questo in nome delle teorie anti - mentalistiche.
Si notino le differenze, nell'attribuire la verità a significati.
Parole che hanno senso non hanno corrispondenza nel mondo, es. “bello”, “giusto”,per natura non hanno referente, sono mondi possibili in apparenza non necessariamente esistenti.

saluti
arsenio is offline  
Vecchio 29-11-2011, 10.51.03   #125
Il_Dubbio
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Riferimento: siamo realisti: cosa esiste?

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
Le basi del problema sulla realtà nel pensiero contemporaneo non sono nuove ma aggiornabili in vista di nuove eventuali conoscenze. Per chi è interessato esiste una vasta letteratura classica da consultare per non correre il rischio di brancolare in personali arbitrarietà prive di senso.

Ci credo che c'è una vasta letteratura da conoscere. Ma, chi la conosce tutta?
Poi, cosa principale, come fare per distinguere le cose interessanti da quelle meno interessanti? Non vorrei che la "conoscenza" sia vista come la somma nozionistica di cose conosciute.


Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
Certi sono considerati pseudoproblemi, senza corrispondenza alle cose quindi non sono possibili convalide o confutazioni.

Quali sono queste "cose"?

Per i pseudo problemi te ne indico uno su cui sei cascato (o su cui ci cascano tutti...filosofi ed intellettuali dei più disparati rami del sapere):

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
Analogo problema si trova nella questione della “verità” intesa come corrispondenza tra proposizione e fatto ( in senso filosofico).
Da dove si conosce? Tramite il confronto con quale “verità”?
Ad esempio, esiste un mondo esterno oggettivo e indipendente?

Da dove si conosce, ti chiedi. Tramite il confronto con quale verità?

Per me questo è uno pseudo problema. La conoscenza non avviene sempre attraverso il confronto con qualcos'altro. Il primo "confronto" viene fatto senza che ci sia un confronto. E' il nostro ragionamento posteriore che ci porta a considerare che ci sia qualcos'altro al di fuori (esterno e reale) con il quale avviare il confronto. Quindi quale verità è superiore alla nostra considerazione della verità stessa, di noi nel mentre percepiamo con la mente quella cosa li... ?
La realtà quindi è il frutto di un ragionamento sulla verità.
E' vero che vedo la neve bianca, ma se è bianca in sé o se esiste la fuori, bianca come la vedo io, questo è frutto di un ragionamento posteriore.
La prima cosa reale, con la quale ci confrontiamo inizialmente, è quindi la verità con la quale percepiamo nell'immediato la neve bianca.

Lascia perdere questioni linguistiche, semantiche o epistemiche. Forse sono utili, ma se non si inizia con il dire: sono cosciente di questa cosa qui, perciò conosco questa cosa qui...non si va da nessuna parte. Il fatto che io conosca che la neve bianca è una mia personale percezione che oggettivamente, la fuori, non esiste, è un modo per tracciare una divisione tra quello che percepiamo e quello che con il ragionamento capiamo. Sono due cose distinte evidentemente, ma hanno un filo conduttore. Infatti se per prima non fossimo coscienti di quella cosa li, nemmeno potremmo fare ragionamenti posteriori. Ci sono anche modi di intendere le questioni che se fatti in modo subliminale, ci fanno intendere (e comprendere) solo ciò che è frutto del ragionamento. Il ragionamento quindi diventa il fulcro della nostra indagine cognitiva; però, prima o poi, si deve sempre ritornare alla base per distinguere ciò che è reale e ciò che non lo è, cioè abbiamo bisogno della nostra percezione cosciente. Quindi è inutile il ragionamento se fatto per oscurare l'immediatezza della conoscenza attraverso la coscienza.

Dicevo (in precedenza) che la realtà si distingue solo da ciò che non può essere reale. Questo però non sarebbe possibile; fare questa distinzione vuol significare non essere coscienti di nulla, cosa evidentemente non vera.
Le distinzioni sono solo nostri ragionamenti postumi; il termine "reale" a lungo andare è diventato una questione epistemica. Ma non lo è. E' un errore!
Io posso dire ad esempio che è reale solo ciò che ha una massa ...quindi dovrei escludere dalle cose reali il fotone (la luce) che sembra non avere massa.
Potrei dire (altro esempio) che è reale solo ciò che è frutto di un mio ragionamento su cosa è reale. Ma a quel punto il ragionamento non sarebbe reale, lo sarebbe solo il "frutto" del ragionamento. Quindi se io vedo nel cervello muoversi dei neuroni, e questi fossero il corrispettivo reale del ragionamento, dovrei dire che il neurone è reale, mentre quello che rappresenta (il ragionamento) non lo è. Una cosa davvero ridicola, visto che siamo coscienti dei ragionamenti e non dei neuroni nel mentre si muovono per formare ragionamenti. Quindi ciò che dovrebbe essere "reale", nell'immediato, è il ragionamento e non i neurone. Il neurone è reale perchè lo vediamo muoversi nel mentre qualcuno prova a fare un ragionamento. La distinzione tra neurone e ragionamento e una distinzione non sostanziale, come infatti se proviamo a eliminare i neuroni non sapremmo fare più ragionamenti. Quindi dire che i neuroni sono la parte reale del ragionamento è ridicola. Il ragionamento è reale quanto il neurone, se no di più. Come infatti i soli neuroni non bastano per fare un ragionamento cosciente su cose che crediamo reali. C'è qualcosa che rende i ragionamenti e neuroni reali, questa è la coscienza che ad oggi non sappiamo da cosa dipenda, ma deve essere "reale" quanto lo sono i ragionamenti e i neuroni.
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 29-11-2011, 20.44.25   #126
arsenio
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Riferimento: siamo realisti: cosa esiste?

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Ci credo che c'è una vasta letteratura da conoscere. Ma, chi la conosce tutta?
Poi, cosa principale, come fare per distinguere le cose interessanti da quelle meno interessanti? Non vorrei che la "conoscenza" sia vista come la somma nozionistica di cose conosciute.




Quali sono queste "cose"?

Per i pseudo problemi te ne indico uno su cui sei cascato (o su cui ci cascano tutti...filosofi ed intellettuali dei più disparati rami del sapere):



Da dove si conosce, ti chiedi. Tramite il confronto con quale verità?

Per me questo è uno pseudo problema. La conoscenza non avviene sempre attraverso il confronto con qualcos'altro. Il primo "confronto" viene fatto senza che ci sia un confronto. E' il nostro ragionamento posteriore che ci porta a considerare che ci sia qualcos'altro al di fuori (esterno e reale) con il quale avviare il confronto. Quindi quale verità è superiore alla nostra considerazione della verità stessa, di noi nel mentre percepiamo con la mente quella cosa li... ?
La realtà quindi è il frutto di un ragionamento sulla verità.
E' vero che vedo la neve bianca, ma se è bianca in sé o se esiste la fuori, bianca come la vedo io, questo è frutto di un ragionamento posteriore.
La prima cosa reale, con la quale ci confrontiamo inizialmente, è quindi la verità con la quale percepiamo nell'immediato la neve bianca.

Lascia perdere questioni linguistiche, semantiche o epistemiche. Forse sono utili, ma se non si inizia con il dire: sono cosciente di questa cosa qui, perciò conosco questa cosa qui...non si va da nessuna parte. Il fatto che io conosca che la neve bianca è una mia personale percezione che oggettivamente, la fuori, non esiste, è un modo per tracciare una divisione tra quello che percepiamo e quello che con il ragionamento capiamo. Sono due cose distinte evidentemente, ma hanno un filo conduttore. Infatti se per prima non fossimo coscienti di quella cosa li, nemmeno potremmo fare ragionamenti posteriori. Ci sono anche modi di intendere le questioni che se fatti in modo subliminale, ci fanno intendere (e comprendere) solo ciò che è frutto del ragionamento. Il ragionamento quindi diventa il fulcro della nostra indagine cognitiva; però, prima o poi, si deve sempre ritornare alla base per distinguere ciò che è reale e ciò che non lo è, cioè abbiamo bisogno della nostra percezione cosciente. Quindi è inutile il ragionamento se fatto per oscurare l'immediatezza della conoscenza attraverso la coscienza.

Dicevo (in precedenza) che la realtà si distingue solo da ciò che non può essere reale. Questo però non sarebbe possibile; fare questa distinzione vuol significare non essere coscienti di nulla, cosa evidentemente non vera.
Le distinzioni sono solo nostri ragionamenti postumi; il termine "reale" a lungo andare è diventato una questione epistemica. Ma non lo è. E' un errore!
Io posso dire ad esempio che è reale solo ciò che ha una massa ...quindi dovrei escludere dalle cose reali il fotone (la luce) che sembra non avere massa.
Potrei dire (altro esempio) che è reale solo ciò che è frutto di un mio ragionamento su cosa è reale. Ma a quel punto il ragionamento non sarebbe reale, lo sarebbe solo il "frutto" del ragionamento. Quindi se io vedo nel cervello muoversi dei neuroni, e questi fossero il corrispettivo reale del ragionamento, dovrei dire che il neurone è reale, mentre quello che rappresenta (il ragionamento) non lo è. Una cosa davvero ridicola, visto che siamo coscienti dei ragionamenti e non dei neuroni nel mentre si muovono per formare ragionamenti. Quindi ciò che dovrebbe essere "reale", nell'immediato, è il ragionamento e non i neurone. Il neurone è reale perchè lo vediamo muoversi nel mentre qualcuno prova a fare un ragionamento. La distinzione tra neurone e ragionamento e una distinzione non sostanziale, come infatti se proviamo a eliminare i neuroni non sapremmo fare più ragionamenti. Quindi dire che i neuroni sono la parte reale del ragionamento è ridicola. Il ragionamento è reale quanto il neurone, se no di più. Come infatti i soli neuroni non bastano per fare un ragionamento cosciente su cose che crediamo reali. C'è qualcosa che rende i ragionamenti e neuroni reali, questa è la coscienza che ad oggi non sappiamo da cosa dipenda, ma deve essere "reale" quanto lo sono i ragionamenti e i neuroni.


Verità in senso ontologico: è una proprietà dell'essere in opposizione sia a falso (ciò che non è) sia ad apparente ( ciò che sembra. Più pertinente alla filosofia è soprattutto smascherare ciò che appare, ciò che sembra ai più, ciò che resta in superficie

Verità in senso logico è la proprietà di un enunciato quando esso corrisponde ai fatti (concezione semantica) o concezione sintattica se si tratta di verificare la coerenza all'interno di un sistema. In questo ambito Tarski distingue il linguaggio oggetto dal metalinguaggio che si riferisce all'enunciato del linguaggio oggetto. Da cui il noto “la neve è bianca” è vero se e solo se la neve è bianca. La corrispondenza tra proposizioni e fatti richiede un linguaggio in cui si può parlare sia di proposizioni che di fatti.

Verità in senso pragmatico quando viene dimostrata un'efficacia pratica. In tal caso si deve tenere conto di Popper quando afferma che il sapere è congetturale, nessuna teoria è vera e tutte sono confutabili. Infine prese in considerazione anche il concetto di “verosimiglianza” .

Da tener conto ancora della fenomenologia per descrizioni da indagine, per es. la “verità” fenomenologica dell'amore: ciò che vale universalmente nei diversi amori e per ogni amante.

In un discorso su “verità” non può essere eluso un cenno linguistico: le parole per tradizione sono da sempre considerate etichette apposte sopra la realtà concreta degli oggetti. Saussure chiarisce in modo definitivo l'arbitrarietà del linguaggio, dei segni:
tra le parole e le cose il rapporto è del tutto convenzionale, arbitrario. Il referente ( la realtà oggettiva) è estraneo alla considerazione linguistica. La lingua è forma e non sostanza.

Sugli “pseudo problemi”: Carnap ritiene che le discussioni sulla “realtà”sono pseudo problemi perché non hanno significato. Solo le proposizioni che hanno possibili referenti empirici ( una corrispondenza alle cose) sono dotate di senso, le altre non hanno senso perché non possono essere né convalidate né confutate. Sulla stessa linea furono Heidegger e Kant:”lo scandalo della filosofia ( … ) sta che questa dimostrazione continui a essere richiesta e tentata ( la cosa in sé ). Nell'attuale dibattito tra realisti e postmoderni sono sempre queste concezioni che entrano in gioco.
E' possibile che in futuro certe nostre “categorie” in qualche misura mutino ( microfisica, ecc.).
A parer mio si devono avere bene in mente certe distinzioni storiche , esplicitate o implicite, per decidere di quale “verità” o “realtà” s'intende discutere. A volte senza tali premesse si crea caos o si replicano cose già dette e ridette ( anche un po' indietro nello stesso forum), solo in modo non altrettanto chiaro e compiuto.
arsenio is offline  
Vecchio 29-11-2011, 20.56.13   #127
Tempo2011
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Riferimento: che cos'è la realtà?

Citazione:
benedetto
Sempre in tema di cosa fa della rosa una rosa.
Perdona la mia scarsa dimestichezza alle problematiche filosofiche. Spero sia solo quella a farmi dire cose senza senso ... altrimenti pazienza ... qualcuno deve pur farlo. Tu rimarca pure, magari con un linguaggio meno specialistico.
Proverò con altre parole.
Ci si potrebbe chiedere se vi sia un motivo per attribuire un nome a qualcosa che non sia esplicitamente quello di attribuire nomi alle cose che non lo hanno ... questa si chiamerà rosa, questo lo chiameremo albero etc ... Io non so se sia già stata ponderata una domanda del genere ... forse è solo una domanda senza senso. Chiaramente per me non lo è poiché rispondere a tale questione potrebbe avvicinarci, e sottolineo avvicinarci, a stabilire almeno se i significati delle cose o i referenti dei nomi vivano in primo luogo nella nostra mente; e mi sembra che quest'ultima sia una problematica aperta in seno al dibattito sul linguaggio. Io propendo a pensare che il senso delle cose e anche la loro esistenza sia in primo luogo nella nostra mente e che alle cose sia stato attribuito un nome in base ad una motivazione ben precisa anche se inafferrabile (nel senso che il motivo non è predefinito); sarebbe proprio il motivo a rendere possibile l'esistenza di qualcosa nella nostra mente; senza motivo, che in fondo non è altro che un possibile significato tra i tanti che può cogliere la nostra mente in seno ad un evento, non vi sarebbe esistenza alcuna. Del resto questo sembra un pò ciò che accadrebbe nell'universo di alcune specie di scimmie antropomorfe; esisterebbero segnali per vari tipi di pericolo o anche per prede; non che il loro vocabolario sia particolarmente ricco, anzi, ma proprio per questo è forse più facile cogliere il motivo non arbitrario dell'esistenza del "nome" a dispetto della frantumazione del mondo umano che potrebbe indurre a pensare che le cose esistano di per sè stesse. E' lecito pensare che la natura dei linguaggi sia simile all'interno delle specie che ne fanno uso? Io mi limito a pensare che sia plausibile. E' solo che nella loro mente non esistono tutte le cose che esistono nella nostra. Ogni intelligenza basta a sè stessa, evidentemente.
Ciao
Citazione:
arsenio
Non preoccuparti in genere nei forum credo siamo perlopiù cultori più o meno interessati, senza pretese di scoprire qualcosa di inedito ma non arbitrario. Anche i miei approcci sono improntati a un tipo di filosofia pratica, da consuelor, non da logico matematico. Comunque, nei limiti talvolta riempio qualche lacuna sapendo dove trovare informazioni affidabili. Tuttavia a parer mio, sconfinando nel postmoderno, metafisico,ecc. non risultano dialoghi molto produttivi con agganci al mondo che ci circonda, in nome del realismo e di una filosofia per la vita.

Credo alludi a qualcosa come il triangolo semiotico di Osgood ( e il differenziale semantico per le dimensioni emotive percepite) nell'ambito di una semantica logico-filosofica, non ignorata nemmeno dagli scienziati, per discernere sempre l'arbitrarietà del simbolo dal reale, anche nel passaggio dall'osservazione al dato.
Una parola si compone di

significato( idea)
significante ( il segno per comunicare)
referente (oggetto nel mondo)

Questo in nome delle teorie anti - mentalistiche.
Si notino le differenze, nell'attribuire la verità a significati.
Parole che hanno senso non hanno corrispondenza nel mondo, es. “bello”, “giusto”,per natura non hanno referente, sono mondi possibili in apparenza non necessariamente esistenti.
saluti
Il_Dubbio
Citazione:
arsenio
Le basi del problema sulla realtà nel pensiero contemporaneo non sono nuove ma aggiornabili in vista di nuove eventuali conoscenze. Per chi è interessato esiste una vasta letteratura classica da consultare per non correre il rischio di brancolare in personali arbitrarietà prive di senso.
Citazione:
Il_DUBBIO
Ci credo che c'è una vasta letteratura da conoscere. Ma, chi la conosce tutta?
Poi, cosa principale, come fare per distinguere le cose interessanti da quelle meno interessanti? Non vorrei che la "conoscenza" sia vista come la somma nozionistica di cose conosciute.
Citazione:
arsenio
Certi sono considerati pseudoproblemi, senza corrispondenza alle cose quindi non sono possibili convalide o confutazioni.
Citazione:
Il_DUBBIO Quali sono queste "cose"?

Per i pseudo problemi te ne indico uno su cui sei cascato (o su cui ci cascano tutti...filosofi ed intellettuali dei più disparati rami del sapere):
Citazione:
arsenio
Analogo problema si trova nella questione della “verità” intesa come corrispondenza tra proposizione e fatto ( in senso filosofico).
Da dove si conosce? Tramite il confronto con quale “verità”?
Ad esempio, esiste un mondo esterno oggettivo e indipendente?
Da dove si conosce, ti chiedi. Tramite il confronto con quale verità?
Citazione:
Il_DUBBIO
Per me questo è uno pseudo problema. La conoscenza non avviene sempre attraverso il confronto con qualcos'altro. Il primo "confronto" viene fatto senza che ci sia un confronto. E' il nostro ragionamento posteriore che ci porta a considerare che ci sia qualcos'altro al di fuori (esterno e reale) con il quale avviare il confronto. Quindi quale verità è superiore alla nostra considerazione della verità stessa, di noi nel mentre percepiamo con la mente quella cosa li... ?
La realtà quindi è il frutto di un ragionamento sulla verità.
E' vero che vedo la neve bianca, ma se è bianca in sé o se esiste la fuori, bianca come la vedo io, questo è frutto di un ragionamento posteriore.
La prima cosa reale, con la quale ci confrontiamo inizialmente, è quindi la verità con la quale percepiamo nell'immediato la neve bianca.

Lascia perdere questioni linguistiche, semantiche o epistemiche. Forse sono utili, ma se non si inizia con il dire: sono cosciente di questa cosa qui, perciò conosco questa cosa qui...non si va da nessuna parte. Il fatto che io conosca che la neve bianca è una mia personale percezione che oggettivamente, la fuori, non esiste, è un modo per tracciare una divisione tra quello che percepiamo e quello che con il ragionamento capiamo. Sono due cose distinte evidentemente, ma hanno un filo conduttore. Infatti se per prima non fossimo coscienti di quella cosa li, nemmeno potremmo fare ragionamenti posteriori. Ci sono anche modi di intendere le questioni che se fatti in modo subliminale, ci fanno intendere (e comprendere) solo ciò che è frutto del ragionamento. Il ragionamento quindi diventa il fulcro della nostra indagine cognitiva; però, prima o poi, si deve sempre ritornare alla base per distinguere ciò che è reale e ciò che non lo è, cioè abbiamo bisogno della nostra percezione cosciente. Quindi è inutile il ragionamento se fatto per oscurare l'immediatezza della conoscenza attraverso la coscienza.

Dicevo (in precedenza) che la realtà si distingue solo da ciò che non può essere reale. Questo però non sarebbe possibile; fare questa distinzione vuol significare non essere coscienti di nulla, cosa evidentemente non vera.
Le distinzioni sono solo nostri ragionamenti postumi; il termine "reale" a lungo andare è diventato una questione epistemica. Ma non lo è. E' un errore!
Io posso dire ad esempio che è reale solo ciò che ha una massa ...quindi dovrei escludere dalle cose reali il fotone (la luce) che sembra non avere massa.
Potrei dire (altro esempio) che è reale solo ciò che è frutto di un mio ragionamento su cosa è reale. Ma a quel punto il ragionamento non sarebbe reale, lo sarebbe solo il "frutto" del ragionamento. Quindi se io vedo nel cervello muoversi dei neuroni, e questi fossero il corrispettivo reale del ragionamento, dovrei dire che il neurone è reale, mentre quello che rappresenta (il ragionamento) non lo è. Una cosa davvero ridicola, visto che siamo coscienti dei ragionamenti e non dei neuroni nel mentre si muovono per formare ragionamenti. Quindi ciò che dovrebbe essere "reale", nell'immediato, è il ragionamento e non i neurone. Il neurone è reale perchè lo vediamo muoversi nel mentre qualcuno prova a fare un ragionamento. La distinzione tra neurone e ragionamento e una distinzione non sostanziale, come infatti se proviamo a eliminare i neuroni non sapremmo fare più ragionamenti. Quindi dire che i neuroni sono la parte reale del ragionamento è ridicola. Il ragionamento è reale quanto il neurone, se no di più. Come infatti i soli neuroni non bastano per fare un ragionamento cosciente su cose che crediamo reali. C'è qualcosa che rende i ragionamenti e neuroni reali, questa è la coscienza che ad oggi non sappiamo da cosa dipenda, ma deve essere "reale" quanto lo sono i ragionamenti e i neuroni.
Cari amici del web, sto cercando di seguire questo thread, ma più andate avanti meno sembrano chiare le mie idee . Ovvero, ho la sensazione che si stia lasciando la realtà, così come la intende, convenzionalmente, la maggioranza. A tale motivo e per via della mia incomprensione dei vostri post, pongo il presente quesito, con la speranza che mi arrivi un chiarimento: parecchie volte in vita mia, per disattenzione, mi sono dato delle martellate sulle dita delle mani, e tutte le volte ho bestemmiato violentemente per il forte dolore provato. Punto di domanda: il dolore era solo immaginazione dei neuroni, quindi la bestemmia era inutile, oppure la stessa era reale come lo era stata la martellata sulle dita? I neuroni possono essere ingannati sul dolore che proviamo, oppure loro non sbagliano a percepire la realtà? Insomma: si può bestemmiare con cognizione di causa oppure è tutta un’immaginazione? Oppure, quando parliamo di una persona o di un periodo storico e ci mettiamo a ricordare le sofferenze di quella persona o di quel periodo, di cosa stiamo parlando?

Ultima modifica di Tempo2011 : 30-11-2011 alle ore 08.13.59.
Tempo2011 is offline  
Vecchio 29-11-2011, 21.57.18   #128
CVC
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Riferimento: siamo realisti: cosa esiste?

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Ci credo che c'è una vasta letteratura da conoscere. Ma, chi la conosce tutta?
Poi, cosa principale, come fare per distinguere le cose interessanti da quelle meno interessanti? Non vorrei che la "conoscenza" sia vista come la somma nozionistica di cose conosciute.




Quali sono queste "cose"?

Per i pseudo problemi te ne indico uno su cui sei cascato (o su cui ci cascano tutti...filosofi ed intellettuali dei più disparati rami del sapere):



Da dove si conosce, ti chiedi. Tramite il confronto con quale verità?

Per me questo è uno pseudo problema. La conoscenza non avviene sempre attraverso il confronto con qualcos'altro. Il primo "confronto" viene fatto senza che ci sia un confronto. E' il nostro ragionamento posteriore che ci porta a considerare che ci sia qualcos'altro al di fuori (esterno e reale) con il quale avviare il confronto. Quindi quale verità è superiore alla nostra considerazione della verità stessa, di noi nel mentre percepiamo con la mente quella cosa li... ?
La realtà quindi è il frutto di un ragionamento sulla verità.
E' vero che vedo la neve bianca, ma se è bianca in sé o se esiste la fuori, bianca come la vedo io, questo è frutto di un ragionamento posteriore.
La prima cosa reale, con la quale ci confrontiamo inizialmente, è quindi la verità con la quale percepiamo nell'immediato la neve bianca.

Lascia perdere questioni linguistiche, semantiche o epistemiche. Forse sono utili, ma se non si inizia con il dire: sono cosciente di questa cosa qui, perciò conosco questa cosa qui...non si va da nessuna parte. Il fatto che io conosca che la neve bianca è una mia personale percezione che oggettivamente, la fuori, non esiste, è un modo per tracciare una divisione tra quello che percepiamo e quello che con il ragionamento capiamo. Sono due cose distinte evidentemente, ma hanno un filo conduttore. Infatti se per prima non fossimo coscienti di quella cosa li, nemmeno potremmo fare ragionamenti posteriori. Ci sono anche modi di intendere le questioni che se fatti in modo subliminale, ci fanno intendere (e comprendere) solo ciò che è frutto del ragionamento. Il ragionamento quindi diventa il fulcro della nostra indagine cognitiva; però, prima o poi, si deve sempre ritornare alla base per distinguere ciò che è reale e ciò che non lo è, cioè abbiamo bisogno della nostra percezione cosciente. Quindi è inutile il ragionamento se fatto per oscurare l'immediatezza della conoscenza attraverso la coscienza.

Dicevo (in precedenza) che la realtà si distingue solo da ciò che non può essere reale. Questo però non sarebbe possibile; fare questa distinzione vuol significare non essere coscienti di nulla, cosa evidentemente non vera.
Le distinzioni sono solo nostri ragionamenti postumi; il termine "reale" a lungo andare è diventato una questione epistemica. Ma non lo è. E' un errore!
Io posso dire ad esempio che è reale solo ciò che ha una massa ...quindi dovrei escludere dalle cose reali il fotone (la luce) che sembra non avere massa.
Potrei dire (altro esempio) che è reale solo ciò che è frutto di un mio ragionamento su cosa è reale. Ma a quel punto il ragionamento non sarebbe reale, lo sarebbe solo il "frutto" del ragionamento. Quindi se io vedo nel cervello muoversi dei neuroni, e questi fossero il corrispettivo reale del ragionamento, dovrei dire che il neurone è reale, mentre quello che rappresenta (il ragionamento) non lo è. Una cosa davvero ridicola, visto che siamo coscienti dei ragionamenti e non dei neuroni nel mentre si muovono per formare ragionamenti. Quindi ciò che dovrebbe essere "reale", nell'immediato, è il ragionamento e non i neurone. Il neurone è reale perchè lo vediamo muoversi nel mentre qualcuno prova a fare un ragionamento. La distinzione tra neurone e ragionamento e una distinzione non sostanziale, come infatti se proviamo a eliminare i neuroni non sapremmo fare più ragionamenti. Quindi dire che i neuroni sono la parte reale del ragionamento è ridicola. Il ragionamento è reale quanto il neurone, se no di più. Come infatti i soli neuroni non bastano per fare un ragionamento cosciente su cose che crediamo reali. C'è qualcosa che rende i ragionamenti e neuroni reali, questa è la coscienza che ad oggi non sappiamo da cosa dipenda, ma deve essere "reale" quanto lo sono i ragionamenti e i neuroni.
Se ho ben inteso il tuo ragionamento, che poi dovrebbe essere ciò che dice anche Bergson, le cose stanno più o meno così: nei primi istanti della coscienza percepiamo delle sensazioni, poi proiettiamo tali sensazioni in rappresentazioni mentali, quindi successivamente ragioniamo usando esclusivamente quelle rappresentazioni astraendoci dalla primitiva natura sensoriale da cui tali rappresentazioni hanno origine.
CVC is offline  
Vecchio 30-11-2011, 09.45.41   #129
Il_Dubbio
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Riferimento: siamo realisti: cosa esiste?

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Originalmente inviato da arsenio

In un discorso su “verità” non può essere eluso un cenno linguistico: le parole per tradizione sono da sempre considerate etichette apposte sopra la realtà concreta degli oggetti. Saussure chiarisce in modo definitivo l'arbitrarietà del linguaggio, dei segni:
tra le parole e le cose il rapporto è del tutto convenzionale, arbitrario. Il referente ( la realtà oggettiva) è estraneo alla considerazione linguistica. La lingua è forma e non sostanza.

Io non ho cercato di eludere certi problemi, ho solo detto che se "vedo la neve bianca" ciò è vero! Non ho detto che questo mio vedere la neve bianca debba essere una proprietà dell'oggetto.
Sono due considerazioni distinte.
Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
Sugli “pseudo problemi”: Carnap ritiene che le discussioni sulla “realtà”sono pseudo problemi perché non hanno significato. Solo le proposizioni che hanno possibili referenti empirici ( una corrispondenza alle cose) sono dotate di senso, le altre non hanno senso perché non possono essere né convalidate né confutate. Sulla stessa linea furono Heidegger e Kant:”lo scandalo della filosofia ( … ) sta che questa dimostrazione continui a essere richiesta e tentata ( la cosa in sé ). Nell'attuale dibattito tra realisti e postmoderni sono sempre queste concezioni che entrano in gioco.

Non so cosa vuoi dire con i termini "confutare" e "convalidare" e perchè si ritenga la realtà (e la discussione su di essa) non confutabile e non convalidabile. Io avevo già scritto da qualche altra parte (facendo in modo di portare dettagli fisici) che le proprietà come il colore non sono proprietà dell'oggetto. Quindi è confutato che la neve sia in sé bianca (parlo della neve perchè ne hai parlato tu). E' però una confutazione ragionata come infatti è pur sempre vero che la neve io la veda bianca.

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
E' possibile che in futuro certe nostre “categorie” in qualche misura mutino ( microfisica, ecc.).
A parer mio si devono avere bene in mente certe distinzioni storiche , esplicitate o implicite, per decidere di quale “verità” o “realtà” s'intende discutere. A volte senza tali premesse si crea caos o si replicano cose già dette e ridette ( anche un po' indietro nello stesso forum), solo in modo non altrettanto chiaro e compiuto.

Non facciamo confusione, ma non dobbiamo pretendere che si abbia tutti le giuste distinzioni storiche.
Per quanto mi riguarda credo di essere stato abbastanza chiaro.
Parto dal presupposto che "fisicamente" i nostri ragionamenti e tutte le distinzioni dei filosofi, nascano da una struttura fisica che posso chiamare "neuronica". Per non fare confusione (te lo dico con molta franchezza) in senso fisico, dovremmo avere la struttura neuronica perfettamente composta per cogliere le distinzioni filosofiche. Il problema è che i filosofi non si pongo il problema fisico, cioè nessuno ha mai detto: per cogliere il significato e ogni distinzione filosofica devi operare all'interno dei neuroni. Ognuno dice invece che devi "leggere" quel trattato o quella teoria. Sarebbe come dire: devi operare sui neuroni attraverso il ragionamento. Il fatto è (e qui devi stare molto attento) che nessuno può dire di aver compreso le differenze fra i filosofi, in quanto fisicamente nessuno ha mai operato sui neuroni. Affermare di aver compreso tali differenze è un'affermazione senza alcun fondamento. Non puoi confutare o convalidare un bel niente!
Questo non significa che leggere non serva a niente, ma dovremmo tutti ripensare a questa questione, al fondamento dei nostri ragionamenti.
Spero che questo modo di ragionare sui ragionamenti ti risulti "nuovo".

Ripensa un attimo a questa questione. Tu hai letto tanti libri; poi ti sei soffermato sul forum e hai distinto ragionamenti di un certo tipo da altri ragionamenti. Ora mi sapresti dire in cosa consiste la differenza fra quello che si dice sul forum e quello che si dice in aria accademica partendo da queste mie considerazioni?

Quello che dico io non ha nulla a che spartire con i contenuti dei filosofi. Tu puoi continuare a leggere tutto quello che vuoi e continuare a dire che ciò che viene espresso qui non ha senso. Io non dico invece che quello che dicono i filosofi non ha senso, dico solo che la discussione sulla realtà e sulla verità, che parta dal considerare solo il "contenuto" o la differenza fra i vari contenuti, nasce monca. Non basta! Non solo non basta, è anche difettosa. I contenuti che si credono confutabili o convalidabili attraverso alcuni ragionamenti (anche storici) fra i filosofi, risultano invece inutili. Appesi per aria e senza alcun fondamento!

Non entro in merito ai contenuti. Anche i miei sarebbero senza fondamento se pretendessi di confutare o convalidare i contenuti di altri. Io dico che tutti i ragionamenti hanno un'origine comune compreso il mio, ma non pretendo di contrapporre il mio ragionamento ad altri. Non è quindi con lo studio storico e filosofico che comprendo il significato di realtà o di verità. Tali concetti non sono "elaborazioni" mentali con un ordine cronologico interno.
In definitiva questi ragionamenti ( storici) risultano incompleti ed è per questo che risultano campati per aria.
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 30-11-2011, 11.20.45   #130
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Riferimento: che cos'è la realtà?

Ci sarebbe anche la teoria pragmatista della verità: una credenza è vera nella misura in cui 'funziona'.


Ah, scusate, l'ha già detto Arsenio.
Allora aggiungo la mia opinione: la teoria pragmatista funziona.

Ultima modifica di z4nz4r0 : 30-11-2011 alle ore 11.56.08.
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