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Vecchio 19-12-2005, 20.27.41   #1
epicurus
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Identificare uno stato intenzionale. Un grande problema di Filosofia della mente.

Vorrei qui discutere un problema che credo rafforzerà la tesi che ogni progetto riduzionista, che intende ridurre il mentale al fisico, risulterà sempre vano. Naturalmente l'alternativa al riduzionismo che vorrei proporre non è di certo un anacronistico dualismo, bensì un pluralismo ontologico.

Apro qui una piccola parentesi. Nel topic riduzionismo o dualismo? avrei detto 'pluralismo descrizionista' (o 'pluralismo dei punti di vista'). Infatti là proponevo che la mente fosse un modo alternativo (non riducibile) di descrivere l'attività del cervello: allora appoggiavo ancora l'idea che la mente fosse un modello astratto definito tramite le sue molteplici funzionalità (tesi funzionalitica).

Citazione:
Io sono con te che ci sono diversi modi di descrivere parti del mondo, modi che hanno diversi scopi ed interessi. Ad esempio c'è la descrizione dalla prospettiva naturalistica, ma anche quella dalla prospettiva agenziale. Ma è proprio per questo che io sostengo l'irriduzionismo, ma ciò non centra nulla con il monismo.

Ma ora ho cambiato idea. Ora vedo di buon occhio il post di Gest O:

Citazione:
appunto ricorrere ad una differente grammatica significa riferirsi ad un piano di realtà diverso,se é vero ,come io credo , che è il linguaggio a costituire il mondo(e quindi i mondi).ma il monismo(anche di impronta "psichista" anziché "neurobiologicista") non è comunque compatibile con tali teoria della complessità.Io non ho mai parlato comunque di semplice dualismo mentale-corporeo , semmai di pluralismo di livelli,appunto di complessità.

Credo che sia un po' problematico dire "è il linguaggio a costituire il mondo", nel senso che potrebbe essere forviante, ma sotto alcune precisazioni potrei anche convenire tale tesi. Ma la proposta che Gest O fece la trovai, e continuo a trovarla, insoddisfacente. Alla mia richiesta di chiarificazioni della sua tesi, Gest O mi rispose:

Citazione:
epoché...oppure l'affidarsi a metafore artistico-religiose,o ancora l'etica,la politica

Insoddisfacente perchè innanzitutto la sua proposta non è decostruttiva (perchè dovremo abbandonare il riduzionismo e/o il monismo?) e neppure costruttiva (che cosa sarebbe ciò che proponi? trattenersi nel suggerire una strada non è un buon suggerimento, inoltre le metafore artistico-religiose mi sembrano inadatte).

Qui proverò a portare avanti la tesi di Gest O del pluralismo ontologico, cercando di renderlo più appetibile e soprattutto più comprensibile, proponendo un problema (uno dei tanti) che il monismo ontologico in filosofia della mente non riesce a risolvere. Conseguenza di ciò ne risulterà una visione estremamente diversa da quella proposta dai monisti. (Ovviamente il discorso che segue potrebbe non esser condiviso da Gest O.)

Il problema è questo: identificare la zona del cervello alla quale corrisponde lo stato intenzionale (a) "desiderare rosicchiare con i propri denti un pino per abbatterlo". (Con stato intenzionale intendo le credenza, i desiderio, le paura, l’aspettarsi qualcosa, etc.)

La prima difficoltà deriva dall'olismo semantico: ogni parola trae il proprio significato proprio in virtù della posizione che occupa all'interno della rete di altri significati.

Quindi per identificare semanticamente (a) dobbiamo sapere che tipo di azioni siano ‘rosicchiare’ e ‘abbattere’, e che significato hanno ‘proprio’, ‘denti’, ‘pino’. A sua volta per poter usare ‘proprio’ necessitiamo di concetti come ‘identità personale’ o di ‘unità’, etc.; per usare ‘denti’ necessitiamo di concetti quali ‘bocca’, ‘maticare’ etc.; per usare ‘pino’ necessitiamo di concetti quali ‘albero’, ‘foglie’, ‘rami’ etc. E così via… (Non intendo suggerire quali concetti sono necessari padroneggiare per avere il concetto di ‘x’, bensì la mia tesi è ben più generale: per avere il concetto ‘x’ devo avere un altro insieme, non fissato, di altri concetti.)

Ma l’olismo non è presente solo a livello semantico del contenuto delle parole, ma anche dello stesso stato intenzionale, infatti (a) presuppone moltissime credenze, come “credere che un pino verrà abbattuto rosicchiandolo con i denti”, “credere che esistono pini”, “credere che i pini non siano d’acciaio”, etc… In generale, gli stati intenzionali dipendono tra loro da altri stati intenzionali.

Quindi un risultato che abbiamo ottenuto è che se proprio vogliamo scovare (a) nel nostro cervello, non possiamo cercarlo in una zona circoscritta, bensì (a) è rappresentata dall’cervello.

Ma anche questa posizione è falsa, infatti rappresenta solamente metà strada della via che qui voglio intraprendere. Infatti quello che voglio asserire è che (a) non può essere identificata neppure con tutto il cervello.

Infatti l’esternalismo semantico (che ho provato discutere in esternalismo semantico ) ci insegna che i significati dei nostri termini sono definiti parzialmente dall’ambiente esterno (da come li abbiamo imparati, da quanto contatto causale abbiamo con i referenti di tali termini e da che tipo di contatto causale): dalla società dei parlanti e dalla connessione causale tramite percezione.
Così la nostra (a) non può che essere identificata anche rispetto alla posizione di questa nel mondo, senza fermarci solamente al nostro cervello.

Arrivati a questo punto, la mia proposta consiste nel vedere le menti come un sistema di capacità emergenti dai cervelli, però irriducibili ad esso: le nostre menti sono immerse nell’ambiente e quindi non del tutto distinguibili da questo. Questo ci propone una visione pluralista del mondo, in cui lo statuto ontologico della mente è di tutto rispetto.


Spero di essere stato abbastanza comprensibile
epicurus


P.S. Spero che Guest O non se la prenda per averlo citato in questo pezzo, infatti ciò è dovuto solamente all'ammirazione che io ho nei tuoi confronti
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Vecchio 19-12-2005, 22.23.28   #2
Gest O
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Dì la verità, questo ce l'avevi già pronto in attesa del mio ritorno.. scherzo, e comunque mille grazie per i complimenti

Venendo alla questione, poteri anche rispondere che é semplicemente insolubile e chiudere qui. Infatti, dirò una banalità, l'inscindibilità di osservatore e osservato(per la fisica cfr. Heisenberg) rende inutili tutti i nostri tentativi di comprendere definitivamente questo strano fenomeno chiamato pensiero. Senonché la grande conquista della filosofia contemporanea sta proprio nella ratificazione, anzi nell'attribuzione di valore al tentativo stesso di comprensione, in una giustificazione di tipo estetico della vita e del pensiero. Non si dà mai sintesi a priori, dunque a posteriori si otterrà sempre e solo un risultato parziale. Non per questo la domanda originaria risulta priva di interesse e quindi di valore. Solo che oggi sappiamo già che tale tentativo cadrà comunque nell'aporia o nel migliore dei casi, nella tautologicità. Ecco perché non ho mai visto di buon occhio la filosofia analitica. Nel ricercare le condizioni ultime di validità dell'enunciazione tale indirizzo rincorre la formalità all'infinito, costringendosi ad affinare i propri strumenti logici ma con ciò perdendo la tragicità esistenziale del domandare intorno al fondamento. Ciò determina in buona misura una chiusura ai contributi sapienziali che esulano da tale percorso e che possono giungere alla filosofia da altri campi che non siano la matematica e appunto la logica. Non ne garantiranno mai l'apoditticità, anzi, condanneranno il sapere ad una frammentazione senza ritorno, ritorno all'unità della quale peraltro ormai nessuno sente il rimpianto. Questo per dire che le possibilità e le impossibilità della filosofia analitica si giocano(!!!) in fondo tutte fra il tractatus e le ricerche filosofiche di wittgenstein. Sono andato un po' fuori argomento, ma sai che il mio scopo ultimo é in realtà convincerti a leggere i post-moderni...
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Vecchio 20-12-2005, 00.57.19   #3
epicurus
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Dì la verità, questo ce l'avevi già pronto in attesa del mio ritorno.. scherzo, e comunque mille grazie per i complimenti

De nada Comunque questo sera mi è venuta l'ispirazione e l'ho buttato giù d'un sol colpo...

Citazione:
Venendo alla questione, poteri anche rispondere che é semplicemente insolubile e chiudere qui. Infatti, dirò una banalità, l'inscindibilità di osservatore e osservato(per la fisica cfr. Heisenberg) rende inutili tutti i nostri tentativi di comprendere definitivamente questo strano fenomeno chiamato pensiero.

Cioè, quello che mi vuoi dire se ho ben inteso, è che condividi la tesi dello statuto autonomo della mente, ma non come cerco di difenderlo? Perchè non trovi il mio intervento adatto al suo scopo?

Non vorrei che tu facessi lo stesso errore di Moore che per rispondere agli scettici radicali (e ai loro dubbi sull'esistenza del mondo esterno) mostrava la sua mano e diceva "Io sono sicuro di avere questa mano", e cose del genere.

Moore era nella direzione giusta, ma - ovviamente - non riuscì a convincere gli scettici radicali: non seppe trovare argomenti convincenti. Solamente più tardi - con l'elaborazione del pensiero di Moore da parte di Wittgenstein - si potè disporre dei primi strumenti contro lo scetticismo radicale.

Vengo al sodo. Non potevo rispondere che (a) era insolubile e chiudere qui: prima di (temporaneamente) chiudere (o meglio, socchiudere) una porta devo cercare di proporre argomenti convincenti, per le altre persone e soprattutto per me. Di certo non basterà citare sbrigativamente Heisenberg per risolvere il grande problema della natura della mente, perchè uno ti risponderebbe "E allora?" (oppure: "Se dal risultato che un osservatore è non separabile dall'osservato, allora dovremo dedurre che come il pensiero è inspiegato anche un grattacielo lo sia", o "Ma Eisenberg parlava di misurazioni!" o molto altro.)

Citazione:
Non si dà mai sintesi a priori, dunque a posteriori si otterrà sempre e solo un risultato parziale. Non per questo la domanda originaria risulta priva di interesse e quindi di valore. Solo che oggi sappiamo già che tale tentativo cadrà comunque nell'aporia o nel migliore dei casi, nella tautologicità. Ecco perché non ho mai visto di buon occhio la filosofia analitica. Nel ricercare le condizioni ultime di validità dell'enunciazione tale indirizzo rincorre la formalità all'infinito, costringendosi ad affinare i propri strumenti logici ma con ciò perdendo la tragicità esistenziale del domandare intorno al fondamento. Ciò determina in buona misura una chiusura ai contributi sapienziali che esulano da tale percorso e che possono giungere alla filosofia da altri campi che non siano la matematica e appunto la logica. Non ne garantiranno mai l'apoditticità, anzi, condanneranno il sapere ad una frammentazione senza ritorno, ritorno all'unità della quale peraltro ormai nessuno sente il rimpianto. Questo per dire che le possibilità e le impossibilità della filosofia analitica si giocano(!!!) in fondo tutte fra il tractatus e le ricerche filosofiche di wittgenstein. Sono andato un po' fuori argomento, ma sai che il mio scopo ultimo é in realtà convincerti a leggere i post-moderni... [/b]

Per quanto riguarda il formalismo logico-matematico della filosofia analitica, questo è una grossa imprecisione: infatti non si può certo dire che Moore, Austin e Ryle (giusto per fare pochi nomi illustri) abbiano fatto uso di tali formalismi.

E' estremamente sbagliato - inoltre - sostenere che la filosofia analitica mirerebbe a trovare enunciati indiscutibili, infatti la tendenza dei più (almeno quelli meno vecchi) è il fallibilismo, secondo il quale non esistono enunciati privilegiati che non possono scoprirsi in futuro falsi.

Ultima imprecisione riguardo la filosofia analitica: essa non ha responsabilità (o almeno non ne ha una speciale rispetto alle altre forme di sapere) riguardo la frammentazione del sapere, anzi è impossibile leggere un'opera di filosofia della mente senza avere al suo interno grandi richiami alla filosofia del linguaggio (come qui ho mostrato), all'ontologia, alla filosofia delle religione, alla gnoseologia, alla epistemologia: mi sembra che anche in filosofia analitica viga un olismo di fondo

E per finire una precisazione su di me. Più volte parlo di gradire la filosofia analitica, ma sto ipersemplificando di molto.
La prima semplificazione è divuta al fatto che la filosofia analitica non è una corrente filosofica (come potrebbe essere il neopositivismo logico del circolo di Vienna), ma una tendenza generalizzata ad un certo stile filosofico (stile chiaro, che mira alla disambiguità e all'analisi profoda delle questioni, e ricorso quando serve al sapere delle scienze) che contiene un'accozzaglia enorme di scuole e correnti da far paura.

Inoltre (seconda ipersemplificazione) la filosofia analitica - a detta dai più - è ormai morta. Comunque non è che prediliga tanto quella e quell'altra filosofia, bensì solo l'esigenza di chiarezza e analiticità.


epicurus
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Vecchio 20-12-2005, 10.13.43   #4
nexus6
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Venendo alla questione, poteri anche rispondere che é semplicemente insolubile e chiudere qui. Infatti, dirò una banalità, l'inscindibilità di osservatore e osservato(per la fisica cfr. Heisenberg) rende inutili tutti i nostri tentativi di comprendere definitivamente questo strano fenomeno chiamato pensiero.
Heisenberg c'entra poco o nulla con il problema della mente..... perchè quando "sembra" che un sistema sia inspiegabile lo tirate sempre in ballo?

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Arrivati a questo punto, la mia proposta consiste nel vedere le menti come un sistema di capacità emergenti dai cervelli, però irriducibili ad esso: le nostre menti sono immerse nell’ambiente e quindi non del tutto distinguibili da questo. Questo ci propone una visione pluralista del mondo, in cui lo statuto ontologico della mente è di tutto rispetto.
Dunque la mente come fenomeno emergente dal cervello e irriducibile rispetto ad esso; dove ci permette di arrivare questa posizione rispetto alle altre? Voglio dire, risponde a domande del tipo: "a che punto dell'evoluzione si è avuta questa emersione?", "qual è il tipo di cervello necessario per l'avvento della mente?", "in quale specie è avvenuto per primo?" ecc...; una teoria che non cerchi risposte a queste domande e le eviti accuratamente, faccio fatica a chiamarla Teoria..., ma la posso classificare tranquillamente come "ideologia", tra l'altro dello stesso tipo di quella manifestata da Heisenberg nell'interpretazione di Copenaghen ovvero un tipo di ideologia che voglio chiamare "dell'impossibilità".

Quando leggo di queste varie "teorie della mente", mi sembra di leggere della pura filosofia; al più sono linee di pensiero che indirizzano le ricerche psicologiche e neurologiche, ma che poco hanno di propriamente scientifico. Ho sentito parlare della teoria dell'evoluzione emergente, come di una nuova dichiarazione d'indipendenza dalla Fisica e dalla Chimica, ma mi pare che si sia ancora molto lontani da ciò. Questo non avviene certo per l'incapacità degli addetti ai lavori, ma per l'intrinseca difficoltà del problema.

Dunque, così come nell'interpretazione di Copenaghen e d'altronde pure nell'evoluzionismo, in queste teorie della mente ravviso troppa ideologia piuttosto che scientificità.

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Vecchio 20-12-2005, 10.44.37   #5
epicurus
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Heisenberg c'entra poco o nulla con il problema della mente..... perchè quando "sembra" che un sistema sia inspiegabile lo tirate sempre in ballo?

Qui - come avevo giá scritto - concordo con te.

Citazione:
"a che punto dell'evoluzione si è avuta questa emersione?", "qual è il tipo di cervello necessario per l'avvento della mente?", "in quale specie è avvenuto per primo?" ecc...; una teoria che non cerchi risposte a queste domande e le eviti accuratamente, faccio fatica a chiamarla Teoria..., ma la posso classificare tranquillamente come "ideologia"

Nexus, mi sembri troppo veloce nel saltar alle conclusioni

Le domande che tu proponi sono domande interessantissime, ma ogni teoria sulla mente (compresa quella del materialismo classico dell'identitá type-type) devo cercare una risposta, non solo quella che io propongo, ma identificare ogni teoria della mente con ideologie, mi sembra una vera e propria ideologia.

inoltre é pura fantasia filosofica credere che ci sia un essere che possa essere identificato come il primo a possedere una mente: di menti ne esistono vari tipo con diversi tipi di complessità e capacitá.

Citazione:
Quando leggo di queste varie "teorie della mente", mi sembra di leggere della pura filosofia; al più sono linee di pensiero che indirizzano le ricerche psicologiche e neurologiche, ma che poco hanno di propriamente scientifico.

in queste teorie della mente ravviso troppa ideologia piuttosto che scientificità.
[/b]

nexus, non riesco proprio a capirti. per caso nel mio ragionamento c'é qualcosa che non va? Dimmi dove e allora ne potremo discutere assieme ed eventualmente cambieró idea (neppure un anno fa sostenevo l'identitá type-type, poi il funzionalismo, poi il monismo anomalo). Non mi sembra di sostenere ideologia primo perchè ho cercato di motivare per bene la mia tesi, ed in secondo luogo perchè questa mia tesi non è certo la prima che ho incontrato in filosofia della mente (e probabilmente non sará neppure l'ultima) e io non mi faccio di certo problemi a buttare una tesi che non ritengo più adatta.


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Vecchio 20-12-2005, 11.16.46   #6
odos
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Heisenberg c'entra poco o nulla con il problema della mente..... perchè quando "sembra" che un sistema sia inspiegabile lo tirate sempre in ballo?


Dunque la mente come fenomeno emergente dal cervello e irriducibile rispetto ad esso; dove ci permette di arrivare questa posizione rispetto alle altre? Voglio dire, risponde a domande del tipo: "a che punto dell'evoluzione si è avuta questa emersione?", "qual è il tipo di cervello necessario per l'avvento della mente?", "in quale specie è avvenuto per primo?" ecc...; una teoria che non cerchi risposte a queste domande e le eviti accuratamente, faccio fatica a chiamarla Teoria..., ma la posso classificare tranquillamente come "ideologia", tra l'altro dello stesso tipo di quella manifestata da Heisenberg nell'interpretazione di Copenaghen ovvero un tipo di ideologia che voglio chiamare "dell'impossibilità".

Quando leggo di queste varie "teorie della mente", mi sembra di leggere della pura filosofia; al più sono linee di pensiero che indirizzano le ricerche psicologiche e neurologiche, ma che poco hanno di propriamente scientifico. Ho sentito parlare della teoria dell'evoluzione emergente, come di una nuova dichiarazione d'indipendenza dalla Fisica e dalla Chimica, ma mi pare che si sia ancora molto lontani da ciò. Questo non avviene certo per l'incapacità degli addetti ai lavori, ma per l'intrinseca difficoltà del problema.

Dunque, così come nell'interpretazione di Copenaghen e d'altronde pure nell'evoluzionismo, in queste teorie della mente ravviso troppa ideologia piuttosto che scientificità.


Questione molto complessa, non sarò certo io a risolverla. Ma la voglia di scrivere due righe è irresistibile.

Scientificità....che vorrà mai dire? precisione? teoria omnicomprensiva? metodo sperimentale? rifarsi solo a cose che si toccano? Come intendi questa scientificità?

Dico solo una cosa: la spiegazione in termini causali non è una spiegazione in termini di "ragioni". C'è un abisso.
Un piccolissimo esempio: spiegazioni riduzionistiche se ne hanno ovunque in tutti i campi; d'altra parte la difficolta di pensare ciò che non si vede non è da poco.

In altropologia si dice: l'antropologia comincia quando finiscono tutte le spiegazioni riduzionistiche. Un piccolo esempio storicamente già esistente di quanto le spiegazioni in termini di ragioni dicano molto di più di quelle in termini di cause: un intera disciplina.

Credo che qui con teoria della mente si voglia dire più o meno la stessa cosa.
Teoria della mente è anzitutto la "cultura" in senso lato, come quella soglia dinamica che rosicchia sempre di più qualcosa alle spiegazioni fisico/riduzionistiche. E allora ciò che forse qui si dice, è che questo tipo di spiegazioni causali, sono solo un criterio che illumina il problema da un punto di vista, e allo stesso tempo lascia fuori un mondo intero, continuando a porsi interrogativi per nulla pregnanti, e senza fermarsi a considerare i propri presupposti.

UN saluto

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Vecchio 20-12-2005, 11.31.13   #7
nexus6
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Nexus, mi sembri troppo veloce nel saltar alle conclusioni

Le domande che tu proponi sono domande interessantissime, ma ogni teoria sulla mente (compresa quella del materialismo classico dell'identitá type-type) devo cercare una risposta, non solo quella che io propongo, ma identificare ogni teoria della mente con ideologie, mi sembra una vera e propria ideologia.

inoltre é pura fantasia filosofica credere che ci sia un essere che possa essere identificato come il primo a possedere una mente: di menti ne esistono vari tipo con diversi tipi di complessità e capacitá.
Vero è che salto troppo velocemente alle conclusioni, vero è pure che identificare ogni teoria della mente con una ideologia è ideologico, ok.

Quello che voglio dire è che le cosiddette "teorie della mente" non sono altro che "filosofie della mente", come hai detto; ok, bandirle come ideologie può essere fuorviante e riduttivo, ma mi sembra che pur inventando un altro termine che dia meno fastidio, il nocciolo della faccenda sia proprio questo.

Venendo a ciò che hai scritto:
------------------------------------------------------
"Infatti l’esternalismo semantico (che ho provato discutere in esternalismo semantico) ci insegna che i significati dei nostri termini sono definiti parzialmente dall’ambiente esterno (da come li abbiamo imparati, da quanto contatto causale abbiamo con i referenti di tali termini e da che tipo di contatto causale): dalla società dei parlanti e dalla connessione causale tramite percezione.
Così la nostra (a) non può che essere identificata anche rispetto alla posizione di questa nel mondo, senza fermarci solamente al nostro cervello.

Arrivati a questo punto, la mia proposta consiste nel vedere le menti come un sistema di capacità emergenti dai cervelli, però irriducibili ad esso: le nostre menti sono immerse nell’ambiente e quindi non del tutto distinguibili da questo. Questo ci propone una visione pluralista del mondo, in cui lo statuto ontologico della mente è di tutto rispetto.
"
---------------------------------------------------------

Ciò che voglio dire è questo: qui si sta parlando di tesi filosofiche e nient'altro; per sostenere che la mente sia un fenomeno emergente, tra l'altro una delle tesi che paiono più ragionevoli, bisognerebbe andare oltre se si vuole che la codesta tesi acquisti una parvenza di scientificità. Proporre il bosone di Higgs per spiegare le differenti masse delle particelle subatomiche può essere affascinante quanto ci pare, ma affinchè non si rimanga nell'ambito della pura speculazione teorico-filosofica, bisogna pur fare delle ricerche, delle ipotesi verificabili ed eventualmente scartabili.

Spero che tu abbia capito ciò che voglio dire; hai parlato dell'impossibilità di localizzare una zona precisa del cervello corrispondente ad un certo stato "intenzionale" ed hai addotto delle motivazioni ragionevoli a favore di ciò. Ma il cervello non è possibile studiarlo più a fondo? Non esistono forse tecniche di imaging (NMR, PET, TAC ecc...) per farlo? Quando si produce una ipotesi sul cervello (che è pur sempre un pezzo di materia), a livello professionale, non si deve cercare di motivarla con qualcosa di più, che non siano astratti ragionamenti filosofici?

Spero di essere stato più chiaro.


ps. scusa se ho leggermente spostato la discussione...

Ultima modifica di nexus6 : 20-12-2005 alle ore 11.35.29.
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Vecchio 20-12-2005, 11.37.34   #8
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Teoria della mente è anzitutto la "cultura" in senso lato, come quella soglia dinamica che rosicchia sempre di più qualcosa alle spiegazioni fisico/riduzionistiche. E allora ciò che forse qui si dice, è che questo tipo di spiegazioni causali, sono solo un criterio che illumina il problema da un punto di vista, e allo stesso tempo lascia fuori un mondo intero, continuando a porsi interrogativi per nulla pregnanti, e senza fermarsi a considerare i propri presupposti.
Concordo.
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Vecchio 20-12-2005, 11.49.31   #9
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Ma il cervello non è possibile studiarlo più a fondo? Non esistono forse tecniche di imaging (NMR, PET, TAC ecc...) per farlo? Quando si produce una ipotesi sul cervello (che è pur sempre un pezzo di materia), a livello professionale, non si deve cercare di motivarla con qualcosa di più, che non siano astratti ragionamenti filosofici?

concordo sul fatto che il cervello è studiabile e non reputo di certo futile la neurologia (e affini), anzi. Ma lo studio del cervello per conoscere meglio la mente ha un limite: posso vedere se ho un dolore, se provo una sensazione piacevole, magari, ma la parte più evuluta del cervello (gli stati intenzionali) quelli sono irriducibili.
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Vecchio 20-12-2005, 11.53.24   #10
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Spero che tu abbia capito ciò che voglio dire; hai parlato dell'impossibilità di localizzare una zona precisa del cervello corrispondente ad un certo stato "intenzionale" ed hai addotto delle motivazioni ragionevoli a favore di ciò. Ma il cervello non è possibile studiarlo più a fondo? Non esistono forse tecniche di imaging (NMR, PET, TAC ecc...) per farlo? Quando si produce una ipotesi sul cervello (che è pur sempre un pezzo di materia), a livello professionale, non si deve cercare di motivarla con qualcosa di più, che non siano astratti ragionamenti filosofici?

Ciao Nexus,

faccio un altro esempio:

abbiamo scoperto che quando mi innamoro si verifica un mutamento nel mio corpo. I noti ormoni ecc...

Ma se io mi chiedo: perchè mi innamoro?
Pensi che la risposta: "perchè ho un flusso di ormoni" sia adeguata?"
E allora ecco cosa una spiegazione riduzionista non dice:
perchè le persone si innamorano di persone diverse e non delle stesse, perchè ci si innamora dei maschi, perchè ci si innamora tra donne, perchè ci si innamora della persona della stessa classe sociale, perchè ci si innamora di una star del cinema e non di mia cugina, perchè non mi innamoro di mia sorella ecc....

tutte domande che trovano la risposta in ciò che non è biologico.
L'innamoramento viene PRIMA del flusso di ormoni. L'innamoramento è la CAUSA NON FISICA del flusso di ormoni.

Ora: avviene un cambiamento nel corpo: Embeh? Devo trovare le ragioni dell'innamoramento nel corpo ricercando tecniche sofisticatissime? A che conclusioni mi porterebbe?

Il cervello: ammettendo che esita qualcosa di fisico (visibile, perchè fisico qui non può vuol dire che visibile) che corrisponda ad uno stato intenzionale, cosa sto mostrando? Solo che esiste qualcosa di simile a livello fisico (e non vedo l'ora francamente che si scopra). Ma in che modo mi si dice la causa?
Questi stati intenzionali si originerebbero spontaneamente nel mio cervello, o avrebbero una causa ESTERNA e NON FISICA? Dov'è la causa qui?

Ecco perchè è improduttivo ricercare in questo modo. Anche la scoperta dell'esistenza di uno stato fisico corrispondente ad uno intenzionale (e onestamente non riesco proprio a immaginarmelo) non sarebbe COMUNQUE una spiegazione; direbbe solo che esiste qualcosa di simile. Da dove viene quella credenza? Da dove viene quella sensazione? E' originata dal mio corpo come primum ontologico?

UN saluto
odos is offline  

 



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