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Vecchio 28-12-2012, 21.17.27   #91
ulysse
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
Esse est percipi:
Anche se scientificamente so che la luna é un corpo, che ha una massa, che ha una forza di gravità che interagisce con gli altri corpi, che compie un orbita intorno alla terra, ecc., essa (ciò di cui possiedo tali nozioni) non é che un insieme di sensazioni fenomeniche (di colori -dal bianco al quasi rosso-, forme -dal circolare al profilo di lente concavoconvessa di varie ampiezze- ecc) che la scienza mi dice ripresentarsi nella mia coscienza (in una determinata variante: di una certa forma, grandezza, colore, ecc.) ogni volta che mi colloco in determinate circostanze ben calcolabili (allorché mi metto all'ora giusta nel posto giusto e guardo nella giusta direzione).
Intervengo ogni tanto in questa discussione come fosse l'assistere ad un film: so benissimo che è illusione, ma mi da sensazioni e mi ci appassiono.
Potrei rivedere il film, ma sempre so che è ingannevole se lo prendo alla lettera:...la differenza fra ingannevole e non ingannevole è che so che esso è ingannevole: so che è solo una simulazione...se non sapessi esso sarebbe vero.
...E vale anche il viceversa!

Per la luna è la stessa cosa: vedo la luna in cielo...che fai tu luna in cielo...dimmi che fai silenziosa luna..e tutti sanno che è proprio le luna...quindi è prorio in un contesto culturale positivo che vedo e credo che in cielo ci sia la luna e la differenza fra l'esserci ed il non esserci, esistere o non esistere, non è tanto il percepire, ma è proprio che credo e so che c'è...me ne hanno informato...che c'è anche quando non guardo...ma lo sento: essa c'è!

Quindi è vero: è il credere o il non credere...magari anche in un campo di senso o in un determinato contesto culturale che mi fa dire che ciò che vedo esiste o non esiste a seconda dei casi. Ma il fatto è che comunque l'ogetto esiste o non esiste indipendentemente da ciò che io credo o sento...anzi sw vedo e sento è qusi certo che l'oggetto c'è...a meno che non sia un ologramma e comunque qulcosa c'è...come nel film.

Il fatto comuque è che l'esistenza o meno è indipendente dal contesto culturale: se provo, nel mio campo di senso, le senzazioni giuste e percepisco in congruenza quanto è relativo ad un oggetto che so esistere...esso esiste comunque...il contesto culturale va a pallino!

Infatti gà altrove ho ricordato che la luna e l'universo c'erano anche quando nessuno osservava e nessun contesto culturale esisteva sulla terra...dato che nessun vivente esisteva.

Comunque in generale ho l'impressione che, se un qualcosa esiste, esso esiste anche al di fuori delle mie immediate e contingenti percezioni o sensazioni....e viceversa!

Infatti...per un infante, pur confusamente, gli oggetti esistono anche oltre il suo contesto culturale...dato che ancora il contesto culturale non ce l'ha...però se sbatte o cade, lui non sa per cosa, ma il bernoccolo gli spunta fuori anche se lui non lo prevedeva: infatti i bambini che cadono o sbattono non piangono tanto per il male, ma, piuttosto, perchè ne restano stupiti: credevano che il tavolo o lo spigolo del'armadio, che pur vedevano, non esistesse!

....Forse qualcuno vede ora questi miei discorsi come insensati e inconcepibili...forse essi stessi inesistenti e privi di campo di senso: non tema comunque di esternarlo...anche perchè è giusto quanto io stesso vedo e penso!
Oppure è solo, questa mia, una esplorazione nei campi di senso?
Citazione:
Quando giro lo sguardo da un' altra parte essa (quell' insieme di sensazioni fenomeniche nella mia coscienza) non esiste; il fatto che costantemente la posso fare riapparire (mettendomi all'ora giusta nel posto giusto e guardando nella giusta direzione) non significa che la sua visione nella mia coscienza esiste mentre non la vedo, cioé mentre non esiste la sua visione nella mia coscienza (patente autocontraddizione!); quando non la vedo può casomai esistere (per spiegare la costanza dell' accadere della sua visione in determinate circostanze calcolabili, come da conoscenza scientifica) qualcosa che ad essa in qualche modo corrisponde ma non é la sua visione, qualcosa di non visito ma di congetturabile (in greco: noumeno).
La luna in cielo è silenziosa...e Leopardi lo sapeva sia che la guardasse sia che non la guardasse: non credo che il suo carme l'abbia ideato e scritto in una sola notte di luna. Così come, in effetti, anche noi conosciamo di essa ogni caratteristica che la scienza ci abbia trasmesso.... ma anche se non le conoscessimo...e certo alcune non le conosciamo... non è che, solo per questo, presumiamo che tutto il complesso lunare e tutto il resto sia una congettura.

Non credo che sia congetturabile tutto ciò che non vediamo o non percepiamo sensibilmente: in tal caso il sistema scolastico non starebbe in piedi!...lì, infatti, quasi niente si vede!...ma a quanto apprendiamo riferiamo comunque i nostri pensieri e comportamenti.

Inoltre, a parte qualche caso di inaffidabilità (su cui meditare), i sistemi di comunicazione, ad esempio, non ci trasmettono "congetture"...per lo meno noi crediamo che non lo siano...e che non lo siano lo poniamo fra gli eventi possibili...quindi è "noumeno" solo quando ci raccontano balle...ed anche un tale evento (il raccontar balle) è possibile.

Ma anche l'atterraggio sulla luna (allunaggio!) (or mi sovviene) è posto, da certe correnti di pensiero, come noumeno....come rappresentazione o simulazione...non effettivamente avvenuta!

Infatti, in realtà, la luna poteva anche non esistere...non essere realtà..essere solo congettura: fu un bel rischio per la famosa missione Apollo 11: lo sbarco sulla luna! Gli astronauti arrivavano dove doveva essere e la luna, lì, con c'era!
Il loro "io" coscinte ne sarebbe stato deluso assai!

Ed in effetti fu un rischio enorme: certo Gabriel o Vattimo lo avrebbero sconsigliato! e fortuna fu... che essi, allora, ancora niente avevano scritto!

A conclusione di una tal dotta disamina direi che, in qulche modo sull'esistere o svolgersi dei fatti e degli eventi noi molto influiamo, oltre il nostro io, con le nostre visioni, intromissioni, credeci o non crederci, ma, alla fine, gli eventi i fatti le cose dell'universo ci sono ...forse non proprio, nella nostra coscienza, come le pensiamo o percepimo, forse peggio, forse meglio, ma ci sono!

Ultima modifica di ulysse : 29-12-2012 alle ore 18.03.48.
ulysse is offline  
Vecchio 29-12-2012, 00.09.44   #92
Giorgiosan
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Mi sembra che ci si perda.

"Ti lascio con una frase di G.Gentile (citata da Severino all'interno di quel dibattito), che reputo particolarmente chiara ed esplicita ai fini di una corretta comprensione del problema: "ciò che chiamiamo fatto è pur sempre
pensato, e in quanto pensato non può essere una realtà indipendente dal pensiero".


Abbiamo un rapporto con la realtà che è sempre mediato. Punto
Poco importa che il medium sia descritto sub specie biologica, fisiologica, anatomica, neurologica, etc etc e poco importa come questo medium venga teorizzato (da Kant e da altri, al fine di poter asserire che il rapporto è mediato, voglio dire). Ciò che possiamo chiamare fenomeno è sempre ed è già l'espressione di una realtà mediata.
Ovvio che ogni fatto o fenomeno, dal momento che lo chiamiamo tale, è già l'esito della mediazione, per così dire ed è banale, ovvio, tautologico, lapalissiano che il pensato non possa essere indipendente dal pensiero perché è pensiero .

Il problema è di ordine gnoseologico, cioè è il problema della conoscenza che si ripresenta lungo la storia del pensiero, non per mettere in chiaro se qualcosa esista fuori dell'io (per usare la terminologia proposta) ma per teorizzare che tipo di relazione c'è fra l'io e la realtà, ripeto lungo la storia e nella contemporaneità.
Non è in discussione che la relazione ci sia e che sia necessaria: è solo la messa a punto, l'evoluzione della concettualizzazione di quel rapporto necessario dai diversi ed individuali punti di vista.

Le posizioni estreme, sia la negazione di una realtà altro dal sé, sia l'identità fra pensiero e realtà sono auto-contraddittorie ed irrazionali, sono eccessi e di ogni eccesso può essere fatta una indagine eziologica.

A me piace cercare la causa morale od etica dell' eccesso intellettuale e la individuo, in generale, nella vanità, nel desiderio smodato di protagonismo come nel caso di Severino sul quale mi sono già espresso abbondantemente in questo forum ... altrimenti si dovrebbe pensare a qualcosa di patologico.

Per quanto riguarda Gentile credo che bisognerebbe fare un discorso più complesso ed anche più interessante, partendo magari dalla sua assunzione della coscienza come fondamento del reale. Neanche Gentile, comunque, può rinunciare al dualismo coscienza-reale.
Si capisce che la realtà, la quale comprende anche la coscienza, possa essere concepita come "un tutto olistico" ma è impossibile esprimersi senza dualismi... e neanche Gentile può.

Ultima modifica di Giorgiosan : 29-12-2012 alle ore 10.37.34.
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Vecchio 29-12-2012, 12.19.44   #93
sgiombo
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

@Ulysse (e Giorgiosan)
Mi sembra lampante che tu fraintenda quanto da me sostenuto.
Cerco di spiegarmi.

1) Contrariamente a quanto sembrerebbe sostenere anche qualcun altro nel forum oltre a te (probabilmente Giorgiosan, che pure non si rivolge a me personalmente) non ho mai sostenuto che non esiste nulla al di fuori della mia coscienza.
Ho invece sostentuto che l' esistenza di qualcos' altro oltre la mia coscienza non é né mostrabile né dimostrabile, e che io lo credo arbitrariamente, per fede.
Ti faccio notare che cé una bella differenza fra il non credere che esista nulla oltre la propria esperienza e l' essere consapevoli dei limiti delle nostre credenze, per esempio del fatto che ciò che crediamo esistere oltre la nostra esperienza cosciente lo crediamo infondatamente, per fede e non perché sia mostrabile o dimostrabile in qualche modo (almeno io trovo che ci sia un' importante differenza).

2) Se qualcosa esiste anche oltre i "contenuti" fenomenici di coscienza (sensazioni materiali esterne e mentali interne; e io lo credo), e se questo qualcosa ("io" ed "entità diverse dall' io") esiste anche allorché non ho (= non esistono nella mia coscienza) sensazioni fenomeniche coscienti, allora esso non può essere costituito da sensazioni fenomeniche coscienti (non é quella roba gialla e rotonda in cielo -in queste notti di plenilunio- che chiamo "luna"; non é quella roba che sento quando penso e che chiamo "mio pensiero"), bensì da qualcos' altro di congetturabile (dal greco: noumeno") ma non sensibile, non apparente alla coscienza (dal greco: fenomeno): dire che allorché tali cose (sensazioni fenomeniche coscienti) non esistono, esse esistono é infatti una patente contraddizione. Può essere solo puntualmente ed univocamente ad esse corrispondente, non identico in quanto se fosse identico sarebbe sensazione fenomenica cosciente (esistente mentre non esiste).

3) il fatto che in altre esperienze fenomeniche coscienti che credo arbitrariamente per fede esistenti olte la mia (essendo consapevole dei limiti delle mie credenze) esista -per esempio- la visione della luna anche allorché io non la vedo si può appunto spiegare ammettendo l' esistenza di entità non fenomeniche coscienti ma corrispondenti, in certe determinate circostanze, all' esistenza di certe determinate sensazioni fenomeniche in certe determinate coscienze (noumeno): congettura non dimostrabile (né tantomeno mostrabile).
Tuttavia prima della comparsa e dopo l' estinzione (nel corso temporalmente e spazialmente finito dell' evoluzione biologica) di animali senzienti non esisteva e non esisterà nessuna luna (insieme di sensazioni di colore variabile dal bianco al quasi rosso e forma variabile dalla circolare a quella di "sottilissima falce di luna") in nessuna coscienza. Credo (arbitrariamente, per fede; e ne me rendo conto) che asistesse e che esisterà solo qualcosa di congetturabile (noumeno) ad essa corrispondente.

4) Per il fatto che la luna può essere vista -per esempio, in certe circostanze- oltre che da me anche da mia moglie, dai miei vicini di casa e dal mio gatto Attila, non posso dire che le sensazioni fenomeniche che noi parlanti chiamiamo "luna" e che Attila vede e conosce suo modo, pur senza poterne parlare, siano le stesse cose, né che siano cose fra loro uguali.
E' errato ritenere che tutti noi vediamo le stesse cose (abbiamo le stesse sensazioni fenomeniche coscienti). Non ha infatti senso parlare di uguaglianza o diversità fra sensazioni accadenti in diverse coscienze, poiché per poterlo fare si dovrebbero mettere a confronto le une (sensazioni coscienti) accanto alle altre nell' ambito della medesima coscienza (come faccio quando metto vicine due fotografie, per esmpio, della splendida cupola del Brunelleschi prese dallo stesso punto nelle stesse condizioni tecniche fotografiche e meteorologiche-stagionali, e ne concludo che sono uguali; o quando metto vicino le foto di un quadro del Lotto e -superando a fatica il ribrezzo- di una immonda porcheria di Andy Wahrol e ne concludo che sono completamente diverse); fra due (insiemi di) sensazioni in due diverse esperienze coscienti un tale confronto non é possibile e dunque dire se esse siano uguali o diverse non ha semplicemente senso (ciò che se ne può dire é invece che (ammesse alcune credenze arbitrarie, non mostrabili né dimostrabili) si può sensatemente credere (in ultima analisi per fede) che tali due (insiemi di) sensazioni in due (o più) diverse coscienze sono fra loro punulmente ed univocamente corrispondenti; e questo lo si può spiegare postulando l' esistenza (indimostrabile né mostrabile) di una unica (la stessa) realtà non fenomenica cosciente (ed esistente anche in assenza di tali -insiemi di- sensazioni) che corrisponde anche, in certe determinate circostanze, ad esse (ciascuna nella rispettiva coscienza).

Questa é filosofia (razionalistica; in particolare la mia personale, buona o cattiva che sia).
Si può essere interessati o meno ad essa. Si può anche considerarla un insieme di futili elucubrazioni; si può non essere affatto interessati alla consapevolezza dei limiti delle proprie credenze: de gustibus non est disputandum! Ma se si decide di parlarne credo che si dovrebbe cercare di non fraintenderla).

Cordiali saluti ed auguri di buon anno!

Giulio

P.S.: Da stasera mi assento da casa per una settimana; al ritorno spero di riuscire a riprendere il filo della discussione.
sgiombo is offline  
Vecchio 29-12-2012, 20.47.51   #94
ulysse
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
@ Ulysse
Allora, facciamo una premessa fondamentale (sennò non si capisce di cosa stiamo discutendo): quella che chiamiamo "luna" è un qualcosa che "noi" (che siamo all'interno di un campo di senso, cioè di un contesto, o segno
linguistico - se stiamo, come io credo corretto fare, al significato semiotico) chiamiamo, appunto, "luna".
Allo stesso modo, siamo "noi" a nominare come tali "cose" come i sistemi solari, i campi gravitazionali o le perturbazioni di campo.
Trovo dunque corretta la definizione di Gabriel, il quale dice appunto che un qualche "oggetto" ex-siste (un "ex-siste" che, etimologicamente, rivela la sua presenza al di fuori del soggetto interpretante) solo all'interno
di un campo di senso (per semplicità: immagina che all'interno di un campo di senso quell'oggetto venga chiamato "luna"; mentre all'interno di un'altro campo di senso venga chiamato "moon").
Già mi immagino dirai: ma luna o moon che sia è sempre quell'oggetto lì!
Infatti immagini bene! Comunque lo chiami l'oggetto "luna" è sempre quello...in se stesso! Magari è colui che lo chiama e denomina che lo vede diverso.

Per inciso mi pare che attribuisci eccessiva importanza al "significato semiotico"...Forse è che hai fatto particolari studi in proposito e la cosa ti affascina...ma resta il fatto che gli oggetti in cielo o in terra (luna, marte o monte everest) sono quel sono e non mutano in sè col mutar loro il nome o con l'attribuirlo.
Il mondo, infatti, esisteva ad evolveva con tutti i suoi ammennicoli già 12 o 13 miliardi di anni prima che in un qualche vivente intraprendente emergesse l'idea di dare un nome o un segno agli oggetti.

Non per questo gli oggetti sono mutati nel loro esistere ed essere reale in sè...magari mutano da vivente a vivente le percezioni che si hanno di essi...ma non certo in conseguenza della attribuzione di un segno.

Gli Inuit del Canada certo vedono la luna diversamente da noi, ma non dipende dal particolare nome che le danno, dipende piuttosto dalla diversa latitudine. D'altra parte, nella sua realtà oggettiva la luna è sempre quella.
A me pare cosa ovvia e banale: ...c'è qualcosa d'altro che mi sfugge?
Sono dubitoso poichè se in me c'è una qualche prevelenza...essa è più quella del fisico piuttosto che del filosofo.
Citazione:
Certo, ma la cosa mica è così semplice. Innanzitutto io ho cambiato quello che tu avevi scritto (avevi scritto non "oggetto" ma proprio "luna"), e già la cosa cambia parecchio. Immagina un attimo a ciò che era quell'oggetto che noi chiamiamo "luna" - e che sappiamo essere un satellite del pianeta terra etc.- per i primitivi.
Ma direi di più: immagina cos'è quell'oggetto per un rettile, o per un minerale (mica c'è solo il campo di senso dell'uomo...).
Mah!...Non il rettile, ma il lupo ulula alla luna...che pure non batte ciglio!
Il campo di senso di un minerale non lo concepisco proprio...non capisco perchè ne fai cenno.

Per il resto mi sa che non c'è problema: ognuno che percepisca un minimo e si faccia un pensiero, vede la luna a modo suo...contesto culturale e/o campo di senso che sia: la luna però è intrinsecamente la stessa...in sè reale ed esistente...ed il nostro osservare o non osservare non influisce in alcun modo sulla luna...magari influisce su di noi...come la silenziosa luna di Leopardi che fa emergre in noi sensazioni.
Come ho altrove osservato, non capisco perchè tanto si discuta su tali ovvietà!
D'altra parte sappiamo (interpretazione?) che se la luna sparisse...se uscisse dall'orbita...subiremmo un contraccolpo gravitazionale enorme...uno sconquasso: ma che ne parlimo a fare!?...e poi il giorno della fine del mondo è già passato!
Citazione:
Dunque nessuno (nemmeno Hegel, o Gentile, che parlavano di un soggetto "produttore" dell'oggetto) mette in discussione che ci sia (ex-sista) un'oggetto, un "qualcosa" al di fuori del soggetto: non è questo il problema.
Forse abbiamo un diverso modo di esprimerci: il fatto che evidenzio e confermo è che non abbiamo alcun superpotere di osservazione/pensiero che renda esistenti o meno gli oggetti dell'universo: l'universo esiste di per sè...comunque sia...noi ne siamo solo un particolare fenomeno, speciale, se vogliamo, ma fenomeno!

Ancora una volta sarei grato se i filososfi usassero un linguaggio comprensibile all'inclito: in questo senso il problema semantico è fondamentale.
Citazione:
Il problema è invece, ed è rilevantissimo, nel momento in cui CVC (cui rispondevo) affermando che: "la luna esiste anche quando non la guardiamo" definisce un'esistenza di fatto che prescinde dall'interpretante.
Ecco che ricominciamo da capo: ma è ovvio (è un fatto) che la luna c'è ad orbitare in cielo anche se nessuno la guarda. Se io non sto guardando la luna, non significa affatto che non ne abbia egualmente, nella mia mente, un'idea che la interpreta: la luna fa gli affari suoi...inevitabilmente...ed io ho comunque della luna una certa idea interpretante.

La cosa vale per l'universo intero: ne abbiamo un'idea, lo interpretiamo...dato che non potremmo fare altrimenti... ma un reale oggettivo universo o multiverso che sia, esisterebbe anche al di fuori di ogni nostra interpretazione
Già l'universo era lì, o quì, miliardi di anni prima di noi viventi...quando nessuno c'era a interpretarlo.
Solo ora ne interpretiamo la nascita e l'evoluzione!

Ma che sia per questo che l'universo esiste...ed è esistito allora?...perchè siamo arrivati noi a interpretarlo...ed a studirne l'origine...nel nostro attuale campo di senso?

Quindi sarebbe impossibile l'esistere delle luna anche quando non la guardiamo...perchè....
Citazione:
Ciò è impossibile, perchè già il pronunciare parole come "luna"; "esiste"; "guardare"; è un qualcosa che si pone all'interno di un campo di senso, cioè all'interno di una "semiosi"; di un "già interpretato" da un soggetto.
Ma anche ammesso che... per quanto ho detto prima non vedo questa impossibilità...non c'è relazione: anche quando non guardiamo la luna, la interpretiamo comunque ...pensiamo ad essa come se ci fosse proprio là nel cielo...silenziosa luna...che fai...? ecc...che poi essa non ha alcun bisogno del nostro pensare e sentire!

Concretamente il nostro sguardo non influisce sulla luna...influisce piuttosto su di noi che non solo percepiamo...ma ne subiamo una sensazione.

Se mi pongo a guardare un bel panorama non è che per questo il panorama muta...piuttosto è il mio sentire che muta!

Ciò che vedo, sento, percepisco sul piano fisico contribuisce alla mia formazione ed al mio evolvere, non alla formazione del mondo.

Sul piano sociale l'interzione sarebbe tutt'altra cosa.
Citazione:
Naturalmente la cosa ha un'importanza relativa (ma solo fino a un certo punto...) quando si parla di questioni scientifiche - che presuppongono una dimostrazione empirica - ma prova a parlare di etica; di politica; di economia e vedi un pò che ne esce fuori...
Ma l'interazione sociale produce concetti che si vanno evolvendo con lo stesso evolvere culturale degli attanti in continua interazione fra loro: lì esistono concetti e pensieri...evolvere culturale ...non oggetti fisici!.
Citazione:
Ecco perchè Nietzsche dice: "non esistono fatti, ma solo interpretazioni" (è da questa considerazione che "parte"Vattimo).
Non ci ha a che fare: sei fuori del contesto!
Infatti la tradizionale stampa (giornali) anglosassone distingueva i fatti dalle intrepretazioni...ed anche noi dovemmo fare altrettanto.

Comuque occorre vedere cosa intendeva Nietzsche: se passeggiando per strada gli fosse caduto un vaso di fiori in testa credo che avrebbe convenuto che quello era un fatto. Quando poi, egli stesso, lo avesse raccontato agli amici, quella sarrebbe stata un interpretazione.

Con la sua frase Nietzsche vuole enfatizare il fatto che difficilmente , neppure egli stesso, avrebbe potuto raccontare un fatto puro senza interpretarlo.
E' la didifficolta che, in tribunale, incontrano gli avvocati coi testimoni.
Citazione:
Ti lascio con una frase di G.Gentile (citata da Severino all'interno di quel dibattito), che reputo particolarmente chiara ed esplicita ai fini di una corretta comprensione del problema: "ciò che chiamiamo fatto è pur sempre pensato, e in quanto pensato non può essere una realtà indipendente dal pensiero".
Forse per Gentile questa era una grande scoperta...ora la cosa è banale: infatti se sono chiamato in tribunale a raccontare come è avvenuto un incidente di cui sono stato testimone, non posso che riferire una mia interpretazione..per qunto l'incidente (fatto) sia avvenuto veramente.

Ma se mi chiedono se la luna orbita in cielo io non posso che confermare anche se il cielo è nuvoloso: ...la luna oggettivamente esiste ed orbita pure...e tutti concordano.
E' un fatto che io penso come fatto: infatti la luna non smette di orbitare se smetto di pensare.
Se poi mi chiedono come sia la luna e io dico che ci vedo la faccia di San Crispino...allora è una mia interpretazione.

Ultima modifica di ulysse : 30-12-2012 alle ore 19.10.57.
ulysse is offline  
Vecchio 29-12-2012, 22.44.09   #95
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

@ Ulysse
Trovo la tua prospettiva, in generale, molto... antropocentrica (per così dire, ecco perchè dici di non capire
il campo di senso di un rettile o di un minerale - la luna influisce sulle maree come su tanti altri elementi
di questo nostro mondo).
A mio modo di vedere (nota importantissima: modo di vedere del quale sono consapevole esista la possibilità
di una totale inconsistenza; un modo di vedere riducibile a "masturbazione mentale" insomma...) ciò di cui non
ti accordi è di essere completamente all'interno di un "campo di senso" (del campo di senso rappresentato dal
tuo "esserci"; dal tuo modo di esistere prima come uomo, e poi come cultore di determinate materie).
La luna è sempre quell'oggetto lì, e siamo d'accordo. Ma, innanzitutto, nominiamola "oggetto" (la cosa è solo
apparentemente banale, e a questo proposito la teoria popperiana della teoria scientifica come teoria "falsificabile" -
come Galileo falsificò la teoria tolemaica, insomma - dovrebbe indurti ad un maggior scetticismo in materia),
perchè il nominarla "luna" troppo la lega ad una visione, appunto, che più che antropocentrica è legata ad
una visione di un particolare gruppo di uomini (ad es. gli occidentali, che nella maggioranza dei casi sanno
che essa è un satellite della terra etc.).
Su questo punto però, diciamo, devi fare uno sforzo e cercare di comprendermi bene (sennò ti sembreranno ovvietà):
quello che ti contesto, per così dire, non è circa la supposta "verità" della scienza, che non mi sogno di
contestare; ma il fatto che questa "verità" lo è solo all'interno di un campo di senso (le "verità" scientifiche
hanno, come acutamente osservato da Popper, la caratteristica di essere "finite" - cioè umane e fallibili-,
perchè una verità che si suppone "infinita" è null'altro che un dogma religioso).
Che la scienza proceda per "paradigmi" è una realtà per me innegabile. Il paradigma, o campo di senso detto
con le parole di Gabriel, di Newton non era quello di Einstein.
Questo vuol dire che il "fatto" scientifico è un "fatto-per-noi": un "fatto" interno ad un campo di senso.
Ecco dunque perchè l'affermare: "la luna esiste anche quando non la guardiamo" è, dal punto di vista filosofico,
una interpretazione (mentre dal punto di vista scientifico è un "fatto" - interno ad un paradigma).
scusami la brevità (la puntigliosità e l'attenzione con cui commenti meriterebbero ben diverso spazio), ma
ritengo necessario prima chiarire alcuni punti basilari, o altrimenti diventa difficile trovare uno spazio
comune di discussione (quello che si dice: parlare lingue diverse e non capirsi).
un saluto
mauro
0xdeadbeef is offline  
Vecchio 30-12-2012, 22.40.27   #96
CVC
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Data registrazione: 30-01-2011
Messaggi: 747
Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
@ CVC
Nel corso di discussioni che ho avuto in altri forum, io sostenevo appunto (contro qualche idealista "puro")
che un "qualcosa" ex-siste, ed è quindi "reale", al di fuori del soggetto interpretante.
Naturalmente (un "naturalmente" che non so se ti vede concorde...) ho dovuto ammettere che non possiamo conoscere
quel "qualcosa" se non attraverso un segno linguistico (come dice Peirce già il pensare a qualcosa ci pone
all'interno della catena semiotica interpretante-interpretato). Cioè non possiamo conoscere quel "qualcosa"
come un oggetto.
Dunque, nemmeno io ho dubbi circa l'ex-sistentia della cosa che chiamiamo "luna", ma la questione è assai più
sottile.
Ferraris avrà pur dato una bella risposta (per me gravemente compromessa con quella corrente che è stata
definita "realismo ingenuo"), ma Ferraris si è detto sostanzialmente d'accordo con Gabriel; e Gabriel sostiene
che un "oggetto" appartiene ad un campo di senso (cioè appartiene all'insieme di coloro che lo nominano come
tale).
A questo punto, Severino ha avuto buon gioco, per così dire, ad affermare che siccome un campo di senso è
null'altro che un contesto (personalmente preferisco usare la terminologia semiotica, e quindi parlare di segno
linguistico), allora "oggetto", e dunque "fatto", è quel qualcosa che un interpretante ha definito tale: oggetto
o fatto sono, in altre parole, un "interpretato" (ecco perchè non esistono fatti, ma solo interpretazioni -
ricorsivamente possiamo dire che anche quest'enunciato è un'interpretazione, ovviamente).
Io credo che commetteremmo un grave errore se pensassimo (come viene quasi spontaneo) che questi ragionamenti
siano fini a se stessi; che siano frutto di menti quasi malate di persone fragili come chiunque, e che cercano
il successo (come qualcuno ha già, molto ingenuamente, ipotizzato).
Faccio qualche esempio (lasciando perdere la luna, sulla quale avrei comunque da dire molto...): cosa rispondiamo
a coloro che dicono che risulta un fatto la minorità intellettuale degli aborigeni australiani? Cosa rispondiamo
a quel prete che ha sostenuto che, sì, i mariti saranno pure violenti ma è un fatto che sono le donne che li provocano?
Cosa rispondiamo (riferendomi al mio post sull'economia) a coloro che affermano sia un fatto il primato dell'
economia sulla politica?
Prima di rispondere, ricordo che "fatto" è, allo stesso tempo, quel qualcosa che risulta indipendente dalle credenze soggettive
o personali - dunque quel qualcosa di "vero". Nonchè quel qualcosa che fa riferimento ad un metodo appropriato di
accertamento (come da Dizionario Filosofico - N.Abbagnano).
ciao
La piega che sta prendendo questa discussione sarebbe di vitale importanza per uno storico, perchè lo storico deve guardarsi dalle interpretazioni, filtrarle dalle soggettività di cui sono pervase, concentrarsi sulle fonti più attendibili, cercare di ricostruire i fatti. Se non esistessero i fatti, allora gli storici non farebbero altro che inseguire chimere. Io credo che Alessandro Magno, Giulio Cesare, Gesù Cristo siano esistiti veramente, e che attorno a questi personaggi ci sono stati dei fatti.
Ne so ben poco di semiotica, ma credo che questa scienza non si occupi solo dell'interpretazione soggettiva dei segni ma che riconosca anche l'importanza della costituzione di segni convenzionali che possano essere condivisi da tutti. Altrimenti ognuno interpreterebbe le cose a suo modo, ognuno avrebbe un suo linguaggio e nessuno comprenderebbe nessun'altro all'infuori che se stesso.
Non credo esisterebbe alcun progresso se non ci fosse l'intersoggettività
Se no si può andare avanti ad oltranza con le interpretazioni, allora parliamo pure di campo di senso, ma prima però dovremo interpretare cosa si intende per campo di senso, magari io interpreto il campo di senso in un modo e tu in un altro. Ma alla fine non andiamo da nessuna parte se non definiamo degli oggetti che non hanno bisogno di essere ridefiniti e reinterpretati ogni volta, almeno finchè non si presentino giustificate motivazioni per farlo. Se no sarebbe come crogiolarsi in una sorta di tela di Penelope intellettuale.
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Vecchio 30-12-2012, 22.41.58   #97
CVC
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Originalmente inviato da sgiombo
Esse est percipi:
Anche se scientificamente so che la luna é un corpo, che ha una massa, che ha una forza di gravità che interagisce con gli altri corpi, che compie un orbita intorno alla terra, ecc., essa (ciò di cui possiedo tali nozioni) non é che un insieme di sensazioni fenomeniche (di colori -dal bianco al quasi rosso-, forme -dal circolare al profilo di lente concavoconvessa di varie ampiezze- ecc) che la scienza mi dice ripresentarsi nella mia coscienza (in una determinata variante: di una certa forma, grandezza, colore, ecc.) ogni volta che mi colloco in determinate circostanze ben calcolabili (allorché mi metto all' ora giusta nel posto giusto e guardo nella giusta direzione).
Quando giro lo sguardo da un' altra parte essa (quell' insieme di sensazioni fenomeniche nella mia coscienza) non esiste; il fatto che costantemente la posso fare riapparire (mettendomi all' ora giusta nel posto giusto e guardando nella giusta direzione) non significa che la sua visone nella mia coscienza esiste mentre non la vedo, cioé mentre non esiste la sua visione nella mia coscienza (patente autocontraddizione!); quando non la vedo può casomai esistere (per spiegare la costanza dell' accadere della sua visione in determinate circostanze calcolabili, come da conoscenza scientifica) qualcosa che ad essa in qualche modo corrisponde ma non é la sua visione, qualcosa di non visito ma di congetturabile (in greco: noumeno).

Mettiamo allora che guardi il cielo per cercare la luna e che per assurdo la luna non c'è più, stando al tuo ragionamento non te ne dovresti neanche accorgere. Forse dimentichi che esiste anche il ricordo e che anche il ricordo esiste perchè vive in noi e che il ricordo e anch'esso oggetto di percezione.
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Vecchio 30-12-2012, 22.44.51   #98
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Originalmente inviato da Giorgiosan

Si capisce che la realtà, la quale comprende anche la coscienza, possa essere concepita come "un tutto olistico" ma è impossibile esprimersi senza dualismi... e neanche Gentile può.
Appunto, siamo certi che sia da rottamare Cartesio con le sue res cogitans e res extensa?
Credo anch'io che sia di fondamentale importanza la relazione fra io e realtà, ma se si vogliono inglobare questi due aspetti della realtà in uno, allora sparisce la relazione.
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Vecchio 31-12-2012, 02.26.20   #99
Giorgiosan
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Originalmente inviato da CVC
Appunto, siamo certi che sia da rottamare Cartesio con le sue res cogitans e res extensa?
Credo anch'io che sia di fondamentale importanza la relazione fra io e realtà, ma se si vogliono inglobare questi due aspetti della realtà in uno, allora sparisce la relazione.

Peccato per la parte anatomica, senza la ghiandola pineale ... .

Mi sembra che oggi si possa dire che materia e spirito, senza sapere cosa è l'una né cosa è l'altro, siano compresi così intimamente integrati che non si potrà mai cogliere la linea di frontiera.

Ultima modifica di Giorgiosan : 31-12-2012 alle ore 14.40.06.
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Vecchio 31-12-2012, 13.43.55   #100
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@ CVC
Io credo sia di fondamentale importanza distinguere fra "linguaggi" (detto in maniera semiotica: fra "segni").
E' evidente, ad esempio, che se si discute di un argomento specifico (riprendo il concetto di quel satellite
della terra che chiamiamo "luna") non si può usare il linguaggio filosofico. Perchè il linguaggio filosofico
astrae dalla particolarità (rispondendo ad "Ulysse" lo invitavo infatti a chiamare "oggetto" la luna).
In altre parole, per il campo di senso in cui si muove la filosofia è opportuno astrarre quanto più possibile
(ma del tutto è impossibile, ovviamente, perchè anche la filosofia si muove appunto all'interno di un campo
di senso) dalla particolarità; ed ecco allora che, sempre ad esempio, si eviterà di chiamare "uomo" quello
che, a un certo livello di discussione, possiamo chiamare "soggetto" (soggetto di appercezione può essere anche
un animale, o sotto un certo punto di vista anche un qualsiasi altro elemento).
A mio avviso, il punto fondamentale è comprendere il concetto di campo di senso, o contesto, o segno linguistico,
e comprendere come da esso non si possa prescindere (come ne si sia necessariamente solo e sempre all'interno).
Ed è solo una volta compreso questo che possiamo parlare di "fatto", come d'altronde di "verità".
Io penso che tutto ciò sia confermato dalla relatività einsteiniana (l'oggetto osservato non prescinde dalle
condizioni di osservazione).
Da questo punto di vista, come dicevo in una risposta ad "Ulysse", possiamo (e dobbiamo, pena il cadere in
un relativismo senza alcuna prospettiva) parlare di "fatto", o di "verità"; ma sempre con la consapevolezza
di parlare di fatto e di verità interno ad un campo di senso (o ad un paradigma scientifico, se volessimo usare
il linguaggio dell'epistemologia kuhniana).
La filosofia però, se "vera" (e mai virgolette furono più a proposito...), non può e non deve esimersi dal
chiamare questo fatto, questa verità: interpretazione.
un saluto ed un augurio di buon anno
mauro
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