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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 05-07-2014, 03.43.44   #111
green&grey pocket
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Riferimento: La vittoria pragmatica di Gorgia : nulla è

x fmj

http://it.wikipedia.org/wiki/Costruttivismo_%28psicologia%2 9

Citazione:
Si tratta di una teoria completa e formale, un atto di costruzione spiegato dalla teoria stessa. È perciò riflessiva, e nella persona che tale teoria modella si può ritrovare chiunque. È formulata in termini astratti, per evitare il più possibile di essere legata ad un periodo e/o una particolare cultura.

la scorsa settimana avevo provato a spiegarti che matematicamente la tua era una tautologia, non dimostrata.

questa settimana leggo finalmente quali sono i tuoi cattivi maestri:
infatti è una teoria completa che si autospiega.

alias è una tautologia, non dimostrata.

tra l'altro aporetica perchè se ognuno ha il suo mondo, allora non esiste mondo.

è tipico delle tautologie, presupporre qualcosa che però è poi negato dalla sua stessa assunzione.

il fatto che si pensino scienza...

l'esautorazione è inoltre meglio spiegata (i professori hanno copiato maluccio direi) dalla filosofia a cavallo tra 800 e 900, persone come scheler, come gehlen con anders, mai si sarebbero sognate di dire che è una teoria che si autofonda (mi sorprende che nessuno lo abbia notato).

In realtà l'esautorazione esiste in nome di un mondo, là fuori che è frutto del procedimento io-totalità, l'io si pone come soggetto, in relazione alle mappe cognitive che in esso realizza, il fine della vita, è un fine di autoconservazione della specie, in questo il soggetto usa la tecnica come procedimento di esautorazione delle mappe, le mappe diventano simbolo.
Il simbolo che è frutto della tecnica come attività esautorante la protezione della specie, è originariamente inteso come relazione io-mondo.
relazione in particolare, e se vi è un particolare vi è una totalità che lo sottende.
quando il simbolo passa dall'essere relazione a soggetto extraumano, siamo in pieno crisi post-moderna.
ecco che allora la protezione della specie, (forza biologica) diventa soggetto.
siamo ad un passo da tutte le forme bio-scientiste del nostro tempo.

il passo finale è quello che esautora completamente il soggetto e rimuove nel limbo l'io.
si tratta a mio parere della confusione fra io e tu, ossia io mi ritengo soggetto in nome di una autorità esautorante, che non è più protezione della specie, ma protezione della sua stessa autorità.

in nome della scienza, e non con i metodi della scienza, queste pseudoscienze si auto-riflettono, e cioè il soggetto esautorato, ossia noi pensiamo di essere quel sistema biologico di cui tutti dicono.


ripeto non vedo cosa c'entri la verità (e infatti gli autori citati si guardano bene dal confrontarvicisi)

rimane che

1) il rapporto con la verità, come dice maral, è sempre un rapporto con la totalità, e la filosofia classica lo sa bene.

2) come può essere verità ciò che si autofonda, non si dimostra, e si suppone che sia?e chiamarsi ancora scienza?

(siamo alle solite: dire che non vi sono verità assolute ma solo relative, è essa stessa (quel tipo di discorso) una verità assoluta).
green&grey pocket is offline  
Vecchio 05-07-2014, 05.07.56   #112
green&grey pocket
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Riferimento: La vittoria pragmatica di Gorgia : nulla è

x paul


caro paul proviamo a riprendere le fila del discorso allora.
direi di saltare la parte polemica e di prendere la tua critica della filosofia come rapporto di "verità umana", se così posso permettermi di dire.

paul
....Quindi c'è un modello rappresentativo per leggere il mondo che permea un tempo, una cappa culturale che proietta i nostri modi di vedere e vivere.Ma che viene messa in discussione da altre risposte culturali che daranno altri modelli rappresentativi.
Ma è proprio questo il ruolo della filosofia, costruire la cultura ,il modello che filtra la conoscenza, se è delegato alla scienza, questa ha scopi ben diversi dalla filosofia. E la filosofia ha abdicato il suo ruolo per mancanza di prospettive culturali, per incapacità di focalizzare le problematiche umane.


1)allora c'è un modello rappresentativo (prendiamo pure quello più pratico, quello mediatico, dell'informazione, tu citi il cellulare).
2)esiste una cappa...direi meglio una mappa, che ci costringe in certi modi di vivere e vedere, ed esistono mappe che si oppongono a questa mappa.
£)esiste una varietà di mappe che vengono confuse (o coincidono) con il relativismo.

la scienza ha lo scopo di descrivere e di predirre un fenomeno, ma se le diamo queste mappe, dici tu, ne farà un uso diverso.
ipotizziamo:
in particolare descriverà e predirrà l'uso di quelle mappe.
ossia descriverà l'oggetto cellullare in termini tecnologici e predirrà il comportamente umana in relazione a esso.
ossia descriverà e predirrà due mappature.

ora tu dici che la filosofia ha un problema.

in particolare:

paul
filosofia non è capace nemmeno di filtrare le idiozie che il potere propina ,essendo tutt'altro affaccendata,presumibilmente perchè ne è asservita, quanto la scienza.


quindi abbiamo introdotto piuttosto liberamente un nuovo soggetto, che è il potere.
mi sembra che possiamo dire che così:
la scienza predice (perchè nella descrizione io non ci trovo niente di male) un comportamento umano in relazione all' telefonino.
diciamo che è sottomessa in quanto la scienza non nota (non è di sua competenza, hai ragione) che quell'oggetto è un prodotto (ossia mappato da un altra scienza, io la chiamo scienza economica, politica o classica che sia).

a questo punto la filosofia dovrebbe invece notare che quello non è un mero oggetto, ma una rappresentazione simbolica del prodotto.
nella tua tesi sembra filtrare che la filosofia non lo faccia.
(eppure la filosofia lo fa ).

a questo punto noto un disagio che cerco di capire.

paul
Quello che imputo alla filosofia è la mancanza di ruolo,di una cultura progettuale che superi il post modernismo e agli intellettuali in generale di non aver alcun ruolo sociale .Se si lascia agli "opinion maker" la gestione della "coscienza pubblica" non potrà scaturire nulla. Lamento che la filosofia dovrebbe uscire dalle polveri depositate sui seggioloni cattedratici delle università.
La gente, le persone, come dimostrano i diversi incontri filosofici e culturali con il pubblico, ha voglia di sentire parlare e discutere di problemi e contenuti "seri" che escano dal cretinismo imperante.


ora si capisce! imputi alla filosofia il non contrapporsi alle mappature delle scienza politiche.

il punto da cui ripartire è però questo:

1) non ti sei chiesto perchè non lo facciano? pensi veramente che si tratti di una semplice scollatura? o forse vi è una ragione più profonda?

2) quale sarebbe la mappatura sociale che vorresti descrivessero, se non in maniera definita almeno a grandi linee.

risponderti oltre in questo momento non avrebbe senso.




spero ci si intenda.
green&grey pocket is offline  
Vecchio 05-07-2014, 05.14.14   #113
green&grey pocket
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Riferimento: La vittoria pragmatica di Gorgia : nulla è

x maral


maral
Nel discorso di Severino se morte significa diventare niente dell'ente, la morte è impossibile, è pura contraddizione tolta in partenza, pur essendo evidentemente possibile concepire questa contraddizione, ossia contraddirsi, ove il contraddirsi sta tutta nella dimensione fenomenologica di un necessario apparire, ma preso preso come assoluta interezza nella sua parzialità.
L'eterno apparire è la manifestazione dell'eterno essere dell'ente proprio per come esso è, ed esso è eternamente salvo fin dall'inizio, proprio in quanto è e proprio in quanto così si manifesta, perché comunque si manifesti esso è in ciò che via via manifesta . La salvezza è già implicita nella sua ontologia fondamentale. e l'affabile Severino che si entusiasma davanti a un piatto di polenta è proprio lo stesso Severino che filosofa sull'eternità dialettica originaria di ogni singolo ente, in un modo e nell'altro manifesta ciò che è e non può non essere.
Il limite del sacro è in tal senso un limite di visibilità che è continuamente e dialetticamente oltrepassato nella dimensione fenomenologica per necessità logica, è la dialettica che al di là di essere un puro gioco discorsivo, si manifesta in tal modo come il senso stesso e più profondo dell'apparire esistenti.
C'è una necessità profonda e inalienabile in questo apparire che manifesta il vero a mezzo del non vero, perché esso è comunque pura corrispondenza all'essere dell'ente, è manifestazione intrinseca del suo destino inalienabile di essere ciò che è, e in questo essere ciò che è consiste la vera gioia, l'eterna salvezza originaria per come è e fenomenologicamente via via appare.
La tua obiezione mi suona come a me non interessa questa eterna salvezza originaria che è come la più forte e indistruttibile delle catene, voglio conquistarmela la mia salvezza, voglio volerla realizzare per essere libero di scegliere anche se costasse la mia dannazione. Voglio essere libero di poter errare e di essere ciò che non sono. Dunque non voglio che il morire (diventar niente) sia precluso alla mia volontà. E' così?


E' proprio così, non a caso mi danno del metafisico.

Il discorso severiniano lo capisco come necessità della salvezza, anzi ma che dico, si è da sempre salvi, e quindi non c'è salvezza, c'è solo eterno apparire.
il punto è questo che la morte non è diventare niente dell'ente.
la morte in sè, è paura, ossia pensiero della morte, la morte non è il niente, non è il pensiero del niente, è il pensiero della paura.
Ora nel discorso severiniano tutto è apparire, a lui non interessa il relativo dell'apparire ma la logica che dipende da quell'apparire.
la logica della paura diventa logica dell'apparire, logica del sembiante dicono i lacananiani.
in quanto la paura della morte non è la morte.
sostituiamo pure il significante morte con il significato paura.
a me non interessa la logica della paura, in quanto è ovvio che la paura è la paura del niente, ma se ci fosse niente non ci sarebbe la paura etc...
a me interessa la relazione emotiva io-mondo, apparizione dell'io e apparizione del mondo, come aporia, per severino non c'è relazione io-mondo, ma solo relazione di contraddizione.
è chiaro che c'entra la volontà, o follia la chiamerebbe severino, di potenza, la volontà di potere, nel mio caso metafisico, di relazione di un io che presumo, e un mondo che mi assoggetta.
la paura è derivata come emozione dello stesso io che presumo, la dimensione dell'angste all'interno del soggetto (così di moda negli studi, e così vera) come apparizione di un io cosmico, astrale etc...che differisce dalle nostre distinzioni sociali.(e in questo lo spettacolo della sofistica, è quanto più lontano dai miei interessi)
io mi interesso della mia follia, nel senso che tutto il mio sforzo è di decostruire la follia del soggetto, per costruire
la follia dell'io.(e non penso vi sia solo solo la dialettica, le logiche formali, come la topologia, vedi lacan, in questo aiutano parecchio)
Costruzione dell'apparire, che diventa sembiante.
Nel particolare, la mia libertà sarebbe di trovare un modo di aggirare il sembiante, di ritrovare il significato originale, il concetto del mondo, come relazione io-mondo, e non soggetto-mondo(focault-marxisti) o sembiante-mondo(lacaniani), come se vi fosse un originario, qualcosa che nel mito e nelle religioni diventa il rapporto simbolico-mondo.
(anche se mi accorgo che non c'è io nella tragedia greca, o in quella indù, c'è sempre una comunità ad abitare il simbolico, comunità che noi non sappiamo più cosa è, e che possiamo solo supporre, di nuovo)

non è il simbolico del pragmatismo, o del lacanismo, ossia un simbolico che mi permette di entrare in contatto col mondo.
(men che meno nella comunità, che è sempre in nome del padre, direbbero i lacaniani, con autoindulgenza)

No! si tratta di un simbolico, che mi permetta di entrare in contatto con l'emotivo, del rapporto col simbolico, di quello stesso mondo, del pragmatismo, del lacanismo.

ossia che mi permetta di entrare in rapporto alle paure, alle ombre, agli spettri.

non come psicosi (non sono reali alias) , perchè sono sempre consapevole che è un apparire di qualcosa.

che sia la contraddizione c, che sia il transfinito cantoriano, che sia il sembiante lacananiano, che sia la precondizione del contatto con il mondo pragmatista, che sia il divino, questo non è così importante ( personalmente mi sembra sempre maschera, sembiante, mimesi del potere, della volontà di potenza.)

così come è evidente che quel'io non assoggettato, è abitato dalla volontà di potenza.

ma come diceva junger, la volontà di potenza va attraversata, esattamente come nel caso freudiano, schreber deve attraversare la sua psicosi, per ottenere la guarigione.

non è un problema, se sai che è una dimensione abitata, quella della follia intendo.(sia in senso severininao che freudiano).

d'altronde l'apparire stesso della aporia, anche tu, la pensi, come traccia di qualcosa di originario, di autentico, anche se follemente autentico (immagino).

non so questo lato del professore, se lo citi, esisterà, in cosa consiste?

sono l'ultimo dei metafisici, perchè ne conservo ancora l'emozione.

ci hai visto giusto. complimenti, dal cartaceo è difficile capirlo.






spero non sia un problema per ulteriori confronti.

e spero si capisca, ho veramente cercato di stringere il più possibile.
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Vecchio 05-07-2014, 07.47.26   #114
gyta
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Riferimento: La vittoria pragmatica di Gorgia : nulla è

Citazione:
Ma tutto, parte da POSTULATI pre-stabiliti, da assunzioni.
Altro che corrispondenza con qualcosa che sta là fuori...
(FMJ)

In sintesi..: quei costrutti funzionano perché si ergono a rappresentazione sensoriale
(/concettuale=> è la medesima realtà), qualunque linguaggio si erga a rappresentazione
delle dinamiche sensoriali non potrà che risultare a queste coerente, “funzionare” per l’appunto.

Ma nel nostro caso parlare di un qualcosa che stia “fuori” o “dentro” non ha alcun significato,
poiché se esiste un “dentro” -organo di rappresentazione- allora esiste quel “fuori” che tanto neghi.
In realtà non ha alcun senso parlare di un dentro e di un fuori quando ci si addentra
nel terreno proprio alla metafisica, il fulcro a-dimensionale dell’essere insomma, nell’analisi
più radicale.

Il linguaggio -o rappresentazione che sia- esprime ciò che differentemente sfuggirebbe
alla manifestazione, allora la verità (o realtà) è il linguaggio (o anima del reale) e altro significato
non contempla se non la forma o anima che nella sua dinamica plasma.
Dove c’è relazione c’è confine dove c’è confine c’è contrasto dove c’è contrasto
c’è prospettiva: nella ricerca di una visione sostanziale l’a-dimensionalità deve essere centrale,
o meglio devono essere temporaneamente sospesi quei parametri utili a finalità differenti
dalla ricerca di una identità sotterranea all’essere, pur se secondo analisi fondamentalmente
l’essere sembra rispondere, attenersi, aver luogo, aderire a quei parametri dimensionali
che ne sembrano forgiare una qualche forma prospettica.

Ovvero si procede mollando passo a passo ogni riferimento contestuale tentando
di giungere –se possibile- ad una immagine-simbolo che possa aderire ai più differenti
parametri atti alla rappresentazione concettuale riferita contemporaneamente ai vari contesti
conosciuti ed ipotizzati. Temo si giunga alla fine ad una impossibilità del linguaggio
concettuale capace di illustrare il reale omettendo il concetto di relazione
attraverso il quale il medesimo linguaggio concettuale [e sensoriale ] si muove..

Ogni linguaggio, ogni parametro è indizio di quell’ignoto ricercato del quale nulla più
si può illustrare e della cui realtà sostanziale non si può dubitare.
Allora l’unica formula il più vicino possibile alla nostra comprensione non può che essere
quel simbolo concettuale sottostante di quella qualità potenziale che sostiene ogni realtà
medesima: “ciò attraverso cui ogni cosa è “ –come recitano antichi scritti.

La riflessione, il pensiero, la valutazione intorno ad un qualcosa risponde strettamente
a dei parametri di riferimento non può essere manipolata se non mutando quei riferimenti
a cui deve la sua prospettiva. In tale chiarezza non è affatto possibile manipolare
il pensiero, l’opinione altrui, se la finalità ed i principi a cui risponde sono precisi e chiari
alla coscienza di chi lo formula. Non è quindi l’arte oratoria arte di manipolazione
verso il pensiero altrui quanto arte di manipolare il pensare tout court ovvero di saperne
cogliere ogni prospettiva e stabilire a differenti parametri e finalità differenti risposte.
Se e quando il significato profondo analitico implicito ad una opinione, ad una visione,
non viene riconosciuto allora il pensiero privato della sua anima non resta che accozzaglia
di parole pronte a disporsi nelle più svariate forme quanto l’immaginazione e il linguaggio
consentano di fare.. : nel sotterraneo ecco infiltrarsi il non senso come senso, il senso preso
a prestito come finalità atta man mano allo scopo occultato, ecco la negazione,
ecco l’assenza di anima che nullifica ogni moto, ecco che la nullificazione diviene
l’anima stessa di un linguaggio inesistente poiché in realtà privo di significato riconosciuto.

Così si può manipolare il sentire e il pensare altrui semplicemente privando l’altro
non del suo pensiero ma del suo senso, dei suoi principi, dei suoi parametri ma solo laddove
quei principi, quel senso e quei parametri altro non sono che copertura a occultati scopi.
Là dove il fine è senso e principio ben sondato la manipolazione non ha luogo, essendo
impossibile una verosimiglianza tra finalità radicalmente differenti, finalità e significati
che sono l’anima medesima del pensiero e non semplici riferimenti sostituibili.

Naturalmente tutto ciò laddove sia di norma possibile una reale analisi e confronto
a quei valori e quel linguaggio che vi soggiace e li determina.

“La verità” altro non è che la trasparenza verso quella finalità del pensare che determina
alla radice ciò che comunemente intendiamo come valori umani.
gyta is offline  
Vecchio 05-07-2014, 10.32.48   #115
Davide M.
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Riferimento: La vittoria pragmatica di Gorgia : nulla è

Citazione:
Originalmente inviato da FMJ
Non vuoi più che le tue costruzioni "anticipino"? Nulla di più facile: costruisciti un mondo che ti INVALIDI ad ogni piè sospinto.

Non è possibile, perché anche quelle non saranno invalidazioni ma sempre mie costruzioni: mi costruisco un mondo di invalidazioni.
No, se domani cade un aereo sulla mia casa questa viene giù anche se posso anticiparmi che un aereo possa cadere sulla mia casa, il costruttivismo è debolissimo teoreticamente perché qualsiasi sistema autopoietico non è in grado di anticipare invalidazioni di se stesso.
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Vecchio 05-07-2014, 14.59.48   #116
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In sintesi..: quei costrutti funzionano perché si ergono a rappresentazione sensoriale
(/concettuale=> è la medesima realtà), qualunque linguaggio si erga a rappresentazione
delle dinamiche sensoriali non potrà che risultare a queste coerente, “funzionare” per l’appunto.

Ma nel nostro caso parlare di un qualcosa che stia “fuori” o “dentro” non ha alcun significato,
poiché se esiste un “dentro” -organo di rappresentazione- allora esiste quel “fuori” che tanto neghi.
In realtà non ha alcun senso parlare di un dentro e di un fuori quando ci si addentra
nel terreno proprio alla metafisica, il fulcro a-dimensionale dell’essere insomma, nell’analisi
più radicale.

Il linguaggio -o rappresentazione che sia- esprime ciò che differentemente sfuggirebbe
alla manifestazione, allora la verità (o realtà) è il linguaggio (o anima del reale) e altro significato
non contempla se non la forma o anima che nella sua dinamica plasma.
Dove c’è relazione c’è confine dove c’è confine c’è contrasto dove c’è contrasto
c’è prospettiva: nella ricerca di una visione sostanziale l’a-dimensionalità deve essere centrale,
o meglio devono essere temporaneamente sospesi quei parametri utili a finalità differenti
dalla ricerca di una identità sotterranea all’essere, pur se secondo analisi fondamentalmente
l’essere sembra rispondere, attenersi, aver luogo, aderire a quei parametri dimensionali
che ne sembrano forgiare una qualche forma prospettica.

Ovvero si procede mollando passo a passo ogni riferimento contestuale tentando
di giungere –se possibile- ad una immagine-simbolo che possa aderire ai più differenti
parametri atti alla rappresentazione concettuale riferita contemporaneamente ai vari contesti
conosciuti ed ipotizzati. Temo si giunga alla fine ad una impossibilità del linguaggio
concettuale capace di illustrare il reale omettendo il concetto di relazione
attraverso il quale il medesimo linguaggio concettuale [e sensoriale ] si muove..

Ogni linguaggio, ogni parametro è indizio di quell’ignoto ricercato del quale nulla più
si può illustrare e della cui realtà sostanziale non si può dubitare.
Allora l’unica formula il più vicino possibile alla nostra comprensione non può che essere
quel simbolo concettuale sottostante di quella qualità potenziale che sostiene ogni realtà
medesima: “ciò attraverso cui ogni cosa è “ –come recitano antichi scritti.

La riflessione, il pensiero, la valutazione intorno ad un qualcosa risponde strettamente
a dei parametri di riferimento non può essere manipolata se non mutando quei riferimenti
a cui deve la sua prospettiva. In tale chiarezza non è affatto possibile manipolare
il pensiero, l’opinione altrui, se la finalità ed i principi a cui risponde sono precisi e chiari
alla coscienza di chi lo formula. Non è quindi l’arte oratoria arte di manipolazione
verso il pensiero altrui quanto arte di manipolare il pensare tout court ovvero di saperne
cogliere ogni prospettiva e stabilire a differenti parametri e finalità differenti risposte.
Se e quando il significato profondo analitico implicito ad una opinione, ad una visione,
non viene riconosciuto allora il pensiero privato della sua anima non resta che accozzaglia
di parole pronte a disporsi nelle più svariate forme quanto l’immaginazione e il linguaggio
consentano di fare.. : nel sotterraneo ecco infiltrarsi il non senso come senso, il senso preso
a prestito come finalità atta man mano allo scopo occultato, ecco la negazione,
ecco l’assenza di anima che nullifica ogni moto, ecco che la nullificazione diviene
l’anima stessa di un linguaggio inesistente poiché in realtà privo di significato riconosciuto.

Così si può manipolare il sentire e il pensare altrui semplicemente privando l’altro
non del suo pensiero ma del suo senso, dei suoi principi, dei suoi parametri ma solo laddove
quei principi, quel senso e quei parametri altro non sono che copertura a occultati scopi.
Là dove il fine è senso e principio ben sondato la manipolazione non ha luogo, essendo
impossibile una verosimiglianza tra finalità radicalmente differenti, finalità e significati
che sono l’anima medesima del pensiero e non semplici riferimenti sostituibili.

Naturalmente tutto ciò laddove sia di norma possibile una reale analisi e confronto
a quei valori e quel linguaggio che vi soggiace e li determina.

“La verità” altro non è che la trasparenza verso quella finalità del pensare che determina
alla radice ciò che comunemente intendiamo come valori umani.

Dimmi qualcosa che non derivi da dei PRESUPPOSTI INDIMOSTRATI. Portami una scienza, una religione, un discorso di qualunque tipo che non parta da PRESUPPOSTI INDIMOSTRATI, che non sia analogo, in tutto e per tutto, alla geometria euclidea. Uno solo.

FMJ
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Vecchio 05-07-2014, 15.07.31   #117
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Originalmente inviato da Davide M.
Non è possibile, perché anche quelle non saranno invalidazioni ma sempre mie costruzioni: mi costruisco un mondo di invalidazioni.
No, se domani cade un aereo sulla mia casa questa viene giù anche se posso anticiparmi che un aereo possa cadere sulla mia casa, il costruttivismo è debolissimo teoreticamente perché qualsiasi sistema autopoietico non è in grado di anticipare invalidazioni di se stesso.

Saranno invalidazioni delle tue costruzioni sul piano fenomenico stesso, di quelle costruzioni. Se domani un aereo cade sulla tua casa e la tua casa non crolla, allora potrebbe essere un'invalidazione di una tua costruzione che "se un aereo cadesse sulla mia casa, la mia casa crollerebbe". Se non crollasse, tu ti sorprenderesti e cercheresti di capire perché. Giusto? E' talmente semplice... tieni le cose sul loro piano fenomenico e tutto ti risulterà più chiaro. Pensa che milioni di persone al mondo, quando un aereo cade e tutti i passeggeri muoiono, sostengono che quelle morte appartiene solo al piano fenomenico della fisica ma che IN REALTA', su un altro piano fenomenico, NESSUNO E' VERAMENTE MORTO. Pensa te... forte eh! La loro costruzione è qualcosa come questo: "La morte fisica è irrilevante, dato che la vita continua nell'aldilà o comunque su un piano fenomenico diverso da questo". E ci credono. Ed è vero.

FMJ
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Vecchio 05-07-2014, 17.18.34   #118
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FMJ:
Che cos’è un “piano fenomenico”? Prendiamo la geometria euclidea. E’ un bell’esempio di costruzione di un piano fenomenico. Nei suoi libri Euclide inizia con delle DEFINIZIONI, che lui chiama “termini”, ovvero spiega il SIGNIFICATO che LUI dà alle parole. Successivamente, enuncia delle proposizioni NON DIMOSTRATE, ASSUNTE COME VERE, che chiama POSTULATI e che noi oggi chiamiamo ASSIOMI e che sono l’equivalente di un “FACCIAMO FINTA CHE”. Fatte queste specifiche assunzioni, ecco i TEOREMI e le DIMOSTRAZIONI che, attenzione, poggiano sugli ASSIOMI, ovvero su ASSUNZIONI, ovvero sul “FACCIAMO FINTA CHE”. Quindi, ASSUNTO A, ASSUNTO B, FACENDO FINTA CHE C SIA VERO, genero una COSTRUZIONE di un PIANO FENOMENICO dal quale EMERGONO degli “EVENTI” (quadrati, rette, triangoli, angoli…) che sono il frutto di quelle ASSUNZIONI delle quali ho parlato prima, ovvero di “FACCIAMO FINTA CHE”. Attenzione: senza quelle ASSUNZIONI, senza il “FARE FINTA CHE”, non esistono quegli “EVENTI”.

[omissis]

ASSUNZIONI, DEFINIZIONI, PIANI FENOMENICI, DISTINZIONI, COSTRUZIONI ED EVENTI.

Sgiombo:
Dall’ esempio che proponi elle geometrie mi sembra che tu usi in maniera alquanto originale il termine “piano fenomenico”, o per lo meno l' aggettivo 'fenomenico”.
Infatti solitamente per “fenomeni”, secondo l’ etimologia greca del termine, si intendono delle manifestazioni sensibili o sensazioni, e non puri concetti astratti o nozioni, quali sono i “contenuti” o significati di definizioni, postulati e teoremi geometrici (che possono anche essere contenuti di sensazioni fenomeniche, ma non solo; questa osservazione è comunque marginale, per me di scarsa importanza in quanto esiste una certa discrezionalità nel linguaggio: l’ importante per intendersi è chiarire bene i significati attribuiti alle parole).

Ciò che esemplifichi con le geometrie (pure, non applicate) non sono “eventi” in senso proprio (cioè fatti reali), bensì concetti, nozioni (cioè “oggetti” puramente mentali, di pensiero, del tutto indipendenti da ciò che -eventualmente- esiste e/o diviene realmente e indipendentemente dall’ essere eventualmente anche pensato), nonché giudizi analitici a priori (le dimostrazioni dei teoremi), che esplicitano nozioni già implicitamente implicate nelle premesse (definizioni e assiomi), poco più che tautologie.
Sono tutte “cose che si possono pensare (correttamente se le definizioni e i postulati di partenza non sono intrinsecamente e nel loro insieme contraddittori e le deduzioni in cui consistono le dimostrazioni dei teoremi seguono correttamente, rispettano le regole arbitrariamente stabilite della logica) ma che sono del tutto indipendenti da (= non dicono alcunché circa) ciò che esiste o meno “là fuori” (per usare un’ espressione che ti è cara); ma anche da ciò che esiste o meno "qui dentro", da ciò che accade realmente o meno nell’ ambito dell’ esperienza fenomenica cosciente.
Naturalmente può anche darsi che “Là fuori” non esista nulla (credo non sia così, ma solo per fede, indimostrabilmente; "qua dentro" invece qualcosa esiste di sicuro: le sensazioni fenomeniche coscienti); ma in ogni caso le nozioni e i giudizi analitici a priori di cui parli non ci danno alcuna informazione in proposito: non dimostrano né che esiste qualcosa, né che non esiste alcunché “là fuori” oltre i dati fenomenici immediatamente presenti alla coscienza (ciò che si sente: per esempio i pensieri di definizioni, postulati e teoremi). In questo modo Non si supera il solipsismo.
Poi la matematica (comprese le geometrie) si può anche applicare alle osservazioni empiriche, le quali possono essere ritenute (non dimostrate) intersoggettive, contribuendo alla conoscenza scientifica (delle scienze naturali) ma questo è tutto un altro discorso (da quello che hai fatto tu): la matematica pura “funziona” unicamente nel senso che è intrinsecamente coerente, logicamente corretta.
Del tutto diverso è il discorso circa l' applicazione empirica della matematica e circa il resto della conoscenza umana (che non sia puramente logica o matematica), cioè circa la (eventuale) conoscenza del (-l’ eventuale) divenire delle sensazioni fenomeniche e in particolare di quelle materiali (di vista, udito, tatto, olfatto, gusto, propiocezione, enterocezione).
Si può credere (non dimostrare) che esistono altre esperienze fenomeniche coscienti oltre alla “propria” direttamente, immediatamente esperita (secondo quanto ci viene verbalmente comunicato dagli altri uomini), che il divenire della componente materiale-naturale di ciascuna di esse è intersoggettivo (cioè puntualmente ed univocamente corrispondente fra tutte e ciascuna di esse) e che sia ordinato secondo modalità o leggi universali e costanti.
Se così è, allora di esso può darsi conoscenza scientifica (vera; con le relative possibili applicazioni pratiche al conseguimento di scopi realistici).
La conoscenza scientifica (generale astratta delle sue modalità universali e costanti) e/o particolare concreta del divenire fenomenico materiale naturale, se si ammettono per fede queste credenze indimostrabili uscendo dal solipsismo) è conoscenza ben diversa dalle conoscenze analitiche a priori logiche e matematiche. E’ conoscenza sintetica a posteriori, cioè basata sulle osservazioni empiriche (oltre che su tali credenze indimostrabili), e necessita quindi di superare la verifica/falsificazione empirica: i “contenuti” di queste conoscenze, al contrario di quelle logiche e matematiche, non ce li confezioniamo arbitrariamente, ad libitum, bensì dipendono (anche) dal divenire di fatto dei loro oggetti (la realtà fenomenica naturale-materiale) indimostrabilmente ammesso essere intersoggettivo e ordinato.
Cioè sono conoscenze vere alla condizione (indimostrabile) che esistano più esperienze fenomeniche coscienti le cui componenti materiali-naturali sono intersoggettive e divengono ordinatamente secondo leggi universali e costanti.

Ecco perché posso stabilire a mio piacimento che per un punto passa una e una sola parallela a una retta data, oppure che ne passano più di una, mentre non posso affatto stabilire a mio piacimento (magari!) che esiste un folto stuolo di bellissime donne desiderosissime di compiacermi in ogni modo.




FMJ:
L’INNESCO è quella costruzione che io opero sul piano fenomenico biologico, che mi vede distinguere un sistema autopoietico e un evento d’innesco. Attenzione, queste distinzioni NON SONO VERE, sono il risultato di un piano fenomenico, di un paio di occhiali, che poggia su degli ASSUNTI, su dei “FACCIAMO FINTA CHE”. Quando Euclide ha “fatto finta che” ha costruito il piano fenomenico della geometria euclidea con le rette parallele e gli angoli interni del triangolo a somma 180°. Quando Riemann ha “fatto finta che”, le rette parallele sono SPARITE. Quando Lobacewskij ha “fatto finta che”, la somma degli angoli interni di un triangolo non faceva più 180°. Facendo “finta che”, io isolo un sistema che chiamo “autopoietico” e isolo un “innesco”. Lo faccio io osservatore, con i miei “facciamo finta che”.

Sgiombo:
L’ “innesco” non capisco cosa sia.

Comunque che nell’ ambito fenomenico materiale-naturale esistono anche organismi viventi biologici che nascono, tendono a crescere, a mantenersi in vita e muoiono lo si può constatare (e di fatto lo si constata) empiricamente a posteriori (e non si può stabilirlo arbitrariamente a priori): non è un “fare finta”, è una constatazione di fatto. Ben diversa cosa dalle nozioni geometriche: posso assumere (“costruire”) a mio piacimento il postulato dell’ unicità oppure della pluralità delle parallele a una retta data passanti per un punto, ma se mi trovo davanti una tigre affamata purtroppo non posso arbitrariamente postulare (o “costruire”) che non sia vivente (che sia impagliata, morta oppure la statua di una tigre: magari!).




FMJ:
Eliminiamo subito un possibile fraintendimento: non tutti i “facciamo finta che” FUNZIONANO e non tutti FUNZIONANO ALLO STESSO MODO. Ci sono geometrie che non FUNZIONANO. Ci siamo? Quando posso dire che una costruzione su un certo piano fenomenico FUNZIONA? Posso dirlo quando mi permette di ANTICIPARE il maggior numero di “EVENTI”. Genero COSTRUZIONI al fine di ANTICIPARE gli “EVENTI”, al fine di poter fare delle “PREVISIONI”.La “VERITA’” non esiste, o meglio, non esiste una “verità” che non sia figlia di un piano fenomenico e quindi, in ultima analisi di una serie di “facciamo finta che”.Interrogarsi sulla questione ONTOLOGICA è creare,

Sgiombo
:
Che significa “geometrie che non funzionano”?
Che sono incoerenti (logicamente scorrette)?
Che non sono applicabili alla realtà empirica?
In questo secondo caso si dimostrerebbe che la realtà empirica non è un arbitrario “facciamo finta che”, non è una costruzione arbitraria della nostra fantasia ma qualcosa di reale in non affatto trascurabile misura (per certi importantissimi aspetti) indipendente da noi (soggetti di conoscenza) e dalla nostra volontà (di potenza?): non affatto tutto ciò che ipotizziamo, affermiamo, “costruiamo” è necessariamente vero, bensì solo eventualmente parte di esso.

E l’ “anticipazione di eventi” è per l’ appunto condizionata dalla verità (o meno) delle credenze circa la realtà (fenomenica; empiricamente constatabile a posteriori) quale è indipendentemente da noi soggetti di conoscenza (e di azione): fare dell’ ontologia non è creare, bensì constatare: indagare ciò che è in non affatto trascurabile misura indipendentemente da noi.

continua

Ultima modifica di sgiombo : 05-07-2014 alle ore 21.34.27.
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Vecchio 05-07-2014, 17.31.36   #119
sgiombo
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Continuazione
FMJ:
NECESSARIAMENTE, un piano fenomenico sul quale e nei termini del quale interrogarmi e quindi, NECESSARIAMENTE,“fare finta che”?…arriverà un altro che farà altri“facciamo finta che”, perfettamente funzionanti…per il costruttivismo, non ha alcun senso il dualismo ontologia/gnoseologia, l’uno si dissolve nell’altra. Poi, arriverà qualcuno che dirà: “No,facciamo finta che il dualismo ontologia/gnoseologia esista per davvero e sia reale”. Benissimo, avrà la sua “geometria”. Funziona? Ben per lui.E’ una possibilità.Nulla da dire.E’ una costruzione come un’altra, su un piano fenomenico come un altro, che mostrerà certi eventi e genererà certi discorsi e così via… Ed eccomi al problema dei problemi: “Ma se funziona, allora la costruzione ha una congruenza con l’ambiente”. Prova a seguirmi per un momento. Dai un minimo di credito a questo spregiatore della filosofia… partiamo da qui: Funziona dove? Ovviamente su un certo piano fenomenico. La somma degli angoli interni di un triangolo fa 180°, FUNZIONA! E’ un’anticipazione corretta. Ma solo sul piano fenomenico della GEOMETRIA EUCLIDEA. Su quello della geometria iperbolica, non FUNZIONA più. Attenzione, FUNZIONA significa che tu riesci ad ANTICIPARE e a MANIPOLARE un “EVENTO” quale “la somma degli angoli interni di un triangolo è 180°” MA questo “EVENTO” ESISTE solo sul piano fenomenico della geometria euclidea e NON ESISTE sul piano fenomenico della geometria iperbolica: qui, non solo NON FUNZIONA, addirittura NON ESISTE dato che può ben darsi che un piano fenomenico generi un evento che a quel punto esiste ma che potrebbe non funzionare. E la geometria euclidea non è più o meno VERA di quella iperbolica o di quella ellittica. Non ostinarti a dire che una costruzione è “adeguata o meno adeguata all’ambiente”. Quale AMBIENTE? Una costruzione è più o meno adeguata ad anticipare gli eventi SU UN CERTO PIANO FENOMENICO che tu, POI, chiami AMBIENTE. Non c’è nessun AMBIENTE là fuori, non esistono “EVENTI” astratti da un preciso piano fenomenico/distintivo/descrittivo/costruttivo.

Sgiombo:
Quale ambiente?
Per esempio l’ ambiente in cui hai di fronte una tigre affamata: puoi benissimo “costruirti” arbitrariamente un “piano fenomenico/distintivo/descrittivo/costruttivo” nel quale non esistono eventi come l’ esistenza della tigre affamata …però, nel deprecabile caso, te lo sconsiglierei vivamente!



FMJ:
Non esistono rette parallele se non sul piano fenomenico della geometria euclidea. Per uno che vivesse sul piano fenomenico della geometria ellittica, le rette parallele non avrebbero nessun significato. Zero. L’”evento”: “arrivo a casa e la mamma mi ha preparato il pranzo”, vive su un piano fenomenico che prevede che ci sia una mamma, che ci sia qualcosa come un pasto, che ci sia qualcosa come una casa… in alcune tribù degli indiani americani, la “mamma” come “evento” costruito come lo costruiamo noi, NON ESISTEVA NEMMENO. Del neonato se ne faceva carico la collettività di donne adulte.

Sgiombo:
Che c’ entra la poliandria di certi popoli primitivi?
Anche fra loro se uno si aspetta di arrivare a casa e trovare da mangiare ma non lo trova la sua aspettativa è falsa (e non funziona: deve restare a stomaco vuoto).



FMJ:
In sostanza, io costruisco il funzionamento o meno di una costruzione in base a come questa costruzione mi permette di anticipare gli eventi che si generano su un piano fenomenico che ho costruito partendo da degli ASSUNTI. Ogni COSTRUZIONE funziona nel suo DOMINIO.

Sgiombo:
(Innanzitutto mettiti d' accordo con te stesso: le "costruzioni" funzionano sempre o solo talvolta, ciascuna nel proprio "piano fenomenico"?).

Comunque, se il funzionamento é relativo al "dominio" delle "costruzioni denomeniche", allora il problema è proprio quello dell’ adeguatezza o meno del dominio: una “costruzione” può benissimo funzionare nella fantasia (per esempio in un’ opera letteraria: D’ Artagnan funziona benissimo ne “I tre moschettieri”), ma nella realtà occorre che sia una credenza vera (se sono solo, disarmato e ho davanti a me un assassino ben armato che vuole uccidermi non posso “costruire” nessun D’ Artagnan che mi possa salvare).



FMJ:

Solo un demente potrebbe pensare di analizzare la chimica o la meccanica di DIO. DIO esiste ed è reale, come “EVENTO” sul piano fenomenico della religione e non su quello della meccanica newtoniana o della chimica inorganica ed organica. Il suo DOMINIO di appartenenza non è quello della fisica. I PRESUPPOSTI, ovvero i “Facciamo finta che” della chimica e della fisica, rendono DIO un “NON EVENTO” così come i presupposti della geometria ellittica rendono l’evento “due rette parallele” un “NON EVENTO”. Con quegli occhiali, DIO non esiste e le rette parallele non esistono.

Sgiombo:
E’ ovvio che Dio esiste -se esiste; e non esiste se non esiste- in quanto entità di carattere religioso (la è per definizione), ma può essere solo un concetto pensato (essere reale) dai credenti e non esistente realmente (al di fuori dei, se non come oggetto o “contenuto” dei pensieri e credenze dei religiosi) oppure essere anche un oggetto reale indipendentemente dal fatto che eventualmente sia anche creduto esserlo: solo una di queste ipotesi è vera mentre l’ altra è falsa (e se Dio è reale, allora lo sarebbe anche qualora fossimo tutti atei e non esistesse alcun credente; mentre se non esiste, non esisterebbe anche se fossimo tutti credenti e non esistesse nessun ateo).
Per me fa una bella differenza (quella fra il non esserci più dopo la morte ed essere eternamente infilzato su per il didietro da un demonio con dei grossi forconi arroventati: scusa se è poco!).



FMJ:
Arrivi addirittura a dire che il credente non “VERIFICA” l’esistenza di DIO. Ma “VERIFICA” come la intendi tu è una costruzione che vive e opera sul piano fenomenico scientifico e non su quello religioso. “VERIFICA” sul piano fenomenico religioso non ha alcun senso. E’ una baggianata.

Sgiombo:
Perché io ho forse scritto che il credente verifica l’ esistenza di Dio?!?!?!?!?!?!?!?!
Ho sostenuto proprio il contrario!
Sono invece molti credenti (un autorevole esempio per tutti: san Tommaso d' Acquino) a credere e ad affermare a chiare lettere -erroneamente- che l’ esistenza di Dio possa essere verificata, seppure indirettamente, dall’ osservazione empirica dei fatti reali (e non io a pretendere indebitamente che lo credano).
Ed è una grandissima baggianata negare la differenza fra tesi scientifiche verificabili e tesi religiose non verificabili (solo perché si riferirebbero a “piani fenomenici” diversi: entrambi si riferiscono al- ”piano del-" -la realtà”, entrambi parlano di ciò che é -o meno- reale).



FMJ:
E’ come le rette parallele nella geometria ellittica. Che vuoi fare? Ridurre, schiacciare tutte le costruzioni alle sole costruzioni scientifiche e agli ASSUNTI e “facciamo finta che” scientifici? Libero di farlo. Come di non farlo. Tu lo farai. Altri no.

Sgiombo:
E ci mancherebbe altro che chi crede in Dio non fosse libero di farlo!!!
Ma c’ è una bella differenza fra credere che esiste Dio e credere nelle tesi scientifiche (per esempio che f = ma o che e = mcc): le seconde credenze sono empiricamente verificate, la prima no.
E scusa se è poco!
(Per la verità che sia molto oppure poco è una valutazione del tutto soggettiva e arbitraria; per me è tantissimo).



FMJ:
Tu usi i termini in maniera, direbbe Kelly, molto lassa e vaga: parli di adeguatezza all’ambiente, di soggetto, di oggetto… io ti chiedo: dove? Su quale piano fenomenico?

Sgiombo:
Il soggetto e l’ oggetto delle sensazioni fenomeniche coscienti (se esistono; e non è dimostrabile) sono per definizione entità non fenomeniche (non facenti parte delle esperienze coscienti), bensì noumeniche (congetturabili, pensabili esistere ma non empiricamente, sensitivamente constatabili, non “percepibili”).



FMJ:
Se tu mi dici: “la somma interna degli angoli di un triangolo è 180°”, io ti rispondo: dove? Dimmi “in quale costruzione e piano fenomenico” e ti dico se è “vero”. Tu parli di affermazioni che superano la verifica empirica e le scambi per qualcosa come la VERITA’?

Sgiombo:
Non le “scambio per”, bensì le “definisco” (arbitrariamente, secondo le convenzioni linguistiche correnti) “vere”.


(A-ri-continua)

Ultima modifica di sgiombo : 05-07-2014 alle ore 21.41.38.
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Vecchio 05-07-2014, 17.35.15   #120
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A-ri-continuazione (e fine; meno male!)

FMJ:
Le tue costruzioni vengono INVALIDATE e non anticipano più gli eventi? Dovrai fartene delle altre con maggior potere “anticipatorio”. Ma la dinamica è tutta interna al TUO piano fenomenico, alle TUE costruzioni, alle TUE distinzioni, ai TUOI costrutti. “La verità non è tale perché ontologicamente rappresentativa della realtà, ma funziona se sopravvive attraverso il grado di efficacia di una conoscenza, attraverso un principio di viabilità: letteralmente, capacità di sopravvivere (viability). L’essere umano, mente-cervello-corpo, costruisce verità in dialettica con l’ambiente esterno (COSI’ COME COSTRUITO SU UN CERTO PIANO FENOMENICO) e in interazione con gli altri soggetti umani, ma la verità cui giunge è una proiezione del reale, non la sua rappresentazione”.

Sgiombo:
La dinamica (la “bontà”) delle “anticipazioni” non dipende affatto esclusivamente da noi come soggetti e dai nostri costrutti arbitrari, altrimenti tutte esse “funzionerebbero”, “anticiperebbero gli eventi” sempre e comunque.

Ovviamente la verità non è la stessa cosa della realtà, ma essa è -per definizione- predicazione conforme alla realtà, ovvero rappresentazione (solitamente verbale) fedele di essa.



FMJ:
Secondo te, la distanza, appartiene al mondo là fuori? Intendo dire, una cosa che sta a dieci metri da un'altra, sta a dieci metri da un'altra? No. Giusto? Se tu mi dicessi che A sta a dieci metri da B e che l’hai misurato empiricamente e l’hai verificato con il laser e che là fuori nel mondo c’è A che sta a dieci metri da B… io riderei. Io ti chiederei: “Giombo, cos’è un metro? Di che parli?”. E tu, ragazzo mio, saresti costretto a dirmi la verità: “Caro FMJ, in origine venne fissato il metro come la quarantamilionesima parte del meridiano terrestre, poi, però, venne definito, nel 1983, come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un intervallo di tempo pari a 1/299 792 458 di secondo”. Ma allora, ti risponderei io, è una costruzione umana di significato e convenzionalmente utilizzata per rappresentare la “realtà”, sul piano fenomenico della geometria e noi, invece, ci comportiamo “facendo finta che” per esempio, Roma e Milano siano “davvero” (nel senso di ontologicamente e non convenzionalmente) distanti 585 km. Insomma, “la matematica non esiste senza i matematici”, e il metro della realtà è la costruzione che l’uomo ne fa (ontogenetica e filogenetica).

Sgiombo:
Una cosa a 10 metri di distanza da un’ altra sta a 10 metri di distanza dall’ altra nell’ ambito della mia esperienza fenomenica cosciente (esse est percipi!) e corrispondentemente nelle altre esperienze fenomeniche coscienti (quest’ ultima affermazione non è dimostrabile: la credo per fede).
Quindi non è “là fuori nel mondo”, ma “qui dentro nella mia esperienza fenomenica cosciente”.
Di convenzionale c’è solo l’ unità di misura, non le misure delle cose (ammessi certi postulati indimostrabili): tra Roma e Milano c’è una distanza reale convenzionalmente misurabile in chilometri oppure miglia, o pollici o altro ma non arbitrariamente”costruibile” ad libitum, altrimenti quando ho fretta sarebbe di soli 2 o 3 Km (o equivalentemente in qualsiasi altra arbitraria unità di misura convenzionale).

Termino con un consiglio amichevole:
Cerca di assumere un atteggiamento meno saccente negli interventi nel forum, di non collocarti su un ideale pulpito parlando come se tu fossi l’ unico sapientone e gli altri tutti dei grandi ignoranti: risulterai più simpatico ai tuoi interlocutori ...sempre che non ti accontenti di “costruirti” la simpatia dei tuoi interlocutori “su un (immaginario) piano fenomenico” strettamente tuo personale.
sgiombo is offline  

 



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