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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 21-01-2010, 12.04.05   #221
Franco
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Riferimento: Dio non esiste

Citazione:
Originalmente inviato da Noor

Citazione:
Originalmente inviato da Franco
Le cose vive e presenti, affinchè siano tali, hanno bisogno di un preciso riconoscimento collettivo.


Preciso sì,ma collettivo chi lo impone?
Pensi che l’esperienza religiosa debba sottostare alle regole della scienza per rendersi “credibile”? Chi impone questa regola,un altro dogma?
Bastano in realtà soltanto due esseri senzienti,coscientemente “simili” per com-provare e riconoscere la stessa realtà non-ordinaria.
Gesù ne trovò tredici e gli furono sufficienti..
Oltretutto,chi ha bisogno di dimostrare la "sua verità" fa solo del proselitismo,sia che ci si trovi in ambito religioso che scientifico..
In ogni caso..forse che gli elettroni dell’atomo son vivi e presenti ai tuoi occhi o allora anche credere nella scienza è dogma?

Noor,

quanto hai citato è de-contestualizzato. Provo a ri-contestualizzare.

Quando dico che una cosa viva e presente ha bisogno di un preciso riconoscimento collettivo non intendo dire che ad esistere, ad esser-reali, ad esser-sussistenti sono e possono essere solo gli enti che rientrano nella facoltà umana di riconoscerli sensorialmente e razionalmente. Non esiste solo ciò che si dà, offre come presente. La storia metafisica (speculativa) e scientifica (empirico -sperimentale) dell'ente-atomo cui fai riferimento, lo dimostra in pieno. A titolo di esempio si potrebbe far riferimento alle miriadi di specie viventi che nascono e si estinguono senza che l'uomo ne venga in qualche modo a conoscenza. Se però qualcuno mi dicesse. "è stata scoperta una forma di mollusco velenosissimo sulle coste dell'Adriatico" gli risponderei: " da chi? come ? Come è stato effettuato l’accertamento?Ed in quali condizioni? In altri termini comincerei ad applicare un procedimento di verifica delle condizioni di riconoscimento collettivo (universale) dell’esistenza di quel mollusco. In via di principio, chiunque potrebbe recarsi sul mar Adriatico e verificarne la presenza (esistenza presente).

Abissalmente diverso il discorso avente per oggetto entità quali "Dio" (Esser-divino della tradizione ebraico-cristiana) e "Cristo". In questi due casi ed in via di principio, quel procedimento di verifica non si dà e non può darsi. Se nella storia del passaggio dell’ente –atomo da ente speculativo (Democrito) ad ente scientifico, si è realizzato qualcosa come il passaggio da un ente solo possibile ad un ente reale e vero, grazie ad un potere tecnico- scientifico che in quanto tale potrebbe esser inteso come un prolungamento della facoltà umana razional-sensoriale, il passaggio dal Cristo concepito come tale duemila anni fa circa al Cristo concepito come tale oggi – ovvero l’in-carnazione di ente distinto dal mondo e creatore del mondo (Dio come causa creante) – è il passaggio da un’entità creduta ad un’entità ancora e sempre creduta e credibile. Nel caso di “Dio” e di “Cristo” non si è ancora dato nessun procedimento di verifica-controllo per chiunque ed in qualsiasi momento.
Detto per inciso, la gravità del problema sta anche nel fatto che atomo e particelle sub-atomiche non mi propongono-impongono un’etica.

Franco

Ultima modifica di Franco : 21-01-2010 alle ore 21.33.33.
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Vecchio 21-01-2010, 21.24.25   #222
Noor
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Riferimento: Dio non esiste

Citazione:
Originalmente inviato da Franco
la gravità del problema sta anche nel fatto che atomo e particelle sub-atomiche non mi propongono-impongono un’etica.
L'unico neurone rimastomi non mi consente di capire ahimè il resto del tuo discorrere..
Noto qui ,però,un appunto che forse capisco ma non comprendo appieno..
Non ho mai letto nessuna imposizione etica,ad esempio nel dogma cristiano,se si parlava di questo..a meno che non s'intenda un'imposizione etica la Forza dell'Amore..
Beh siamo OT.. e non credo porti a molti sbocchi questo dialogo,considerando anche i miei limiti..
Noor is offline  
Vecchio 21-01-2010, 22.10.44   #223
Franco
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Riferimento: Dio non esiste

chlobbygarl,

il tuo ultimo contributo non può che essere di oggettivo interesse.

Eppure vorrei far notare come in quanto da te citato e che vado a ripetere

Citazione:
Originalmente inviato da Franco
Ben detto. Anche perchè se così non fosse, all'utente Franco non sarebbe possibile fare delle attribuzioni di tipo umano. Risulta forse da qualche indagine socio-psicologica o psico-sociologica che che l'idea di "Dio" venga scoperta nei bambini prima che glie ne si cominci a parlare?

io mi curi di virgolettare il sostantivo Dio. Esso aveva anche un valore di battuta. Lo stesso Emmeci, in modo particolarmente ispirato devo dire, riferendosi a Nikolaj si è affrettato a chiarire come segue

Citazione:
Originalmente inviato da Emmeci
Però vorrei, a scanso di equivoci, farti notare che se parlavo dell’ombra di un’entità suprema nella nostra coscienza, intendevo qualcosa di diverso da quello che proclamano le chiese, forse di più vago ma più profondo, ossia dell’idea, o meglio dell’intuizione, dell’emozione, della brama d’Assoluto: è questo che abbiamo tutti dentro di noi e ci accompagna per tutta la vita

Accompagnando tali importanti parole, mi preme sottolineare come il mio rilievo fosse destinato al Dio della tradizione ebraico-cristiana e non a ciò che si potrebbe chiamare inclinazione religiosa. L'esser-Dio, anche nella cultura occidentale, non esaurisce la sfera della divinità, dell'esser-divino. Quando leggo cose come quelle scritte da emmeci penso spesso a ciò che nel celeberrimo scritto "Il disagio della civiltà" Sigmund Freud chiama "sentimento oceanico" . Ecco, quello di sentimento, senso, percezione oceanica è ciò che potrebbe ben conciliarsi con la neuro-logia cui fai riferimento con il contenuto del tuo link.
Tanto il sentimento oceanico di Freud quanto il "god module" - e perchè non piuttosto "goddess" module? - cui fai riferimento possono essere espressi "filosoficamente" con l'idea dell' uomo nel suo esser-trascendente, del suo non esaurirsi nella propria presenza e presentabilità, in fin dei conti dell'uomo nel suo essere. Forse che l'essenza umana si esaurisce in un esser-presente e presentabile? Per l'uomo contemporaneo abituato al chiasso del progresso tecnico-sceintifico ben poco senso ha un'espressione come "l'uomo é". Ma l'uomo è, ed in quanto tale è necessariamente aperto alla trascendenza.
In questo senso non è azzardato dire che l'uomo è in sè stesso divino.

Franco

Ultima modifica di Franco : 22-01-2010 alle ore 11.40.47.
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Vecchio 23-01-2010, 17.15.32   #224
Il_Dubbio
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Riferimento: Dio non esiste

Orabasta aveva detto:
non ho + dubbi


Elijah risponde:
Citazione:
Originalmente inviato da Elijah
La logica, il senso, la ragione...

Ha senso fare un discorso basandosi sulla logica, reputando il mondo illogico, senza senso, senza alcun fine logico?

È logico basarsi sulla ragione, se si considera il fatto che la ragione è venuta in questo mondo in modo irragionevole?

Ha senso cercare un senso in Dio, se si reputa in ogni caso la vita (o persino tutto) senza senso?

Io francamente faccio fatica a compredere chi cerca di confutare Dio tramite la logica, tramite la ragione, tramite il buon senso.
Perché?
Perché c'è una contraddizione di base nel voler fare questo (è un circolo vizioso), visto che è pur sempre la logica a dimostrare alla fin fine anche l'illogicità del mondo in cui viviamo, eppure questo mondo mi pare che esista, o no?

Che senso ha la sofferenza in un mondo senza Dio? La logica, la ragione, il buon senso, sono in grado di dare risposte esaurienti? Perché soffriamo?

Di fronte a questa domanda la logica non può aiutarci (con o senza Dio).

Qualcuno infatti in passato disse: La croce non bisogna comprenderla, va vissuta.

Mi sto rileggendo pian piano i primi interventi (gli ultimi li ho compresi poco probabilmente perché non ho ancora individuato i punti di partenza), e mi è sembrato quello quotato il migliore, in quanto parte dall'inizio.
Si vuole passare per illogico qualcosa infatti che effettivamente nasce già illogico.
Per quale motivo allora deve esserci una logica che sottende l'esistenza di Dio?


Ora però collego quel intervento (datato) alla frase attuale di Franco:
Citazione:
Originalmente inviato da Franco
Per l'uomo contemporaneo abituato al chiasso del progresso tecnico-sceintifico ben poco senso ha un'espressione come "l'uomo é". Ma l'uomo è, ed in quanto tale è necessariamente aperto alla trascendenza.
In questo senso non è azzardato dire che l'uomo è in sè stesso divino.

Certamente per noi uomini ormai abituati ai criteri che auto ci imponiamo, ha poco senso l'espressione “l'uomo è”. Il problema è che da li (da queste evidenze) che derivano tutti i nostri meccanismi. Quindi noi uomini siamo tali non in quanto facenti parte di meccanismi. Siamo solo evidentemente tali.
A questo punto la domanda che possiamo farci è: secondo quale meccanismo Dio non esiste e non c'è motivo di dubitarne?
Chiaramente se dio non rientra in alcun meccanismo dio non esiste perché i meccanismi trovati non lo giustificano.
Possiamo chiederci però: Esiste un meccanismo che possa giustificare dio? Potrebbe esserci se dio stesso fosse un meccanismo. Il problema sorge quando poi notiamo che noi stessi non siamo “meccanismi”. Quindi perché dio dovrebbe essere un meccanismo da riconoscere?
Secondo quale logica?

Come dice emmeci, resta il fatto che di dio abbiamo un'idea e ne parliamo, come è possibile dire che non esista? Vogliamo giustificare logicamente che non esista li fuori quando poi non sappiamo giustificare (dal di fuori) nemmeno chi siamo noi dal di dentro?
Sembra quasi che il primo indizio evidente siamo noi stessi; Dio non può essere rinchiuso dentro dei meccanismi.
Probabilmente il nostro può essere un gioco che potrebbe essere intitolato: trova il miglior meccanismo per giustificare dio.

Chiaramente quello però non sarà dio sarà il risultato di un gioco, come infatti esiste l'Intelligenza Artificiale che presume di riuscire a creare una persona cosciente utilizzando dei meccanismi.

Per quanto concerne, per esempio, la necessità che un ente esista io ho già mostrato, tempo fa, che è un ragionamento possibile. Non l'ho chiamato dio, l'ho chiamato "ente". Infatti i detrattori di dio sostenevano che l'universo è in-causato. Cosa falsa, in quanto non esistendo le leggi che prevedono l'in-causalità dell'universo niente esisterebbe, quindi è impossibile prescindere da una causa prima.

Altri giochi comprendono l'attribuzione degli attributi che dio deve avere per essere dio. Qui libertà e coscienza (nel loro significato puro) potrebbero già essere sufficienti per indicare un essere quasi "divino" (come detto più sopra da Franco).
Per il resto è possibile continuare a giocare...
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 24-01-2010, 13.21.43   #225
Leporello
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Riferimento: Dio non esiste

Perdonatemi il ritardo con cui mi faccio vivo, ma un problema di salute, già risolto, mi ha impedito di alzarmi dal letto!
Per quel che riguarda l'analisi delle critiche kantiane alla prova cosmologica, mi è stato (giustamente) suggerito dalla moderazione di inserirla in un thread a parte... il resto è giusto che stia qui!
Andiamo, dunque, a quelle questioni che ho lasciato in sospeso: i rilievi che il signor Franco ha fatto a me.

Citazione:
Originalmente inviato da Franco
Non solo metodo e contenuto in una discussione come quella inaugurata da Orabasta non possono non procedere insieme, sintetizzandosi, ma ciò che ho tentato di comunicarLe e comunicare è che Lei ha fatto un uso di un linguaggio concettuale erroneo. Lei ha in sostanza utilizzato il linguaggio concettuale proprio delle questioni di fatto per portare avanti un discorso proprio delle questioni di principio
1) Mi sembra quantomeno singolare ciò che ho quotato! Potrebbe (lascio il beneficio del dubbio a chi legge) essere vero che in una discussione come quella inaugurata da Orabasta metodo e contenuto debbano procedere insieme; ma nella replica che ho fatto io no!
Orabsta, infatti, ha esordito con una definizione di dio che io ho rigettato, perché immotivata (e ripeto, per l'ennesima volta, che in filosofia non si dà nulla per scontato), cioè posta lì: imposta!
Il mio primo intervento, dunque, mirava a chiedere qual era stato (e quale dovrebbe essere) il procedimento più adeguato per poter pervenire alla dimostrazione dell'esistenza di dio. Lei, signor Franco, sbagliando, ripete continuamente che "in una discussione come quella inaugurata da Orabasta...", e con ciò stesso dimostra di non aver letto con la dovuta attenzione il mio primo post, nel quale -le rammento ancora una volta- io avevo scritto:
Citazione:
Originalmente inviato da Leporello
Ma vorrei insistere sul perché (quando "si filosofa") non si può partire da una previa definizione di dio
Come è chiaro (ma doveva esserlo anche prima di questo andirivieni di repliche da lei iniziato) il mio primo post era e resta di natura metodologica... quello che ha detto e/o sostenuto Orabasta a me interessa poco e niente, in quanto non ha nulla a che vedere con ciò che ho detto io.
La solfa: "in una discussione come... etc." non tiene minimamente conto degli sviluppi che lo stesso topic ha preso. Le ripeto il consiglio che le diedi qualche post fa: quando legge dovrebbe prestare maggiore attenzione a ciò che è scritto, prima di imbarcarsi in una barcarola di repliche, frutto di suoi malintesi (quanto sarebbe più facile ed intellettualmente più onesto riconoscere di aver frainteso!).

2) Andiamo a ciò che ho saltato nei miei precedenti post, e che lei indica essere il rilievo più importante e grave a me rivolto; ossia il fatto che io abbia utilizzato
Citazione:
Originalmente inviato da Franco
un linguaggio concettuale proprio delle questioni di fatto per portare avanti un discorso proprio delle questioni di principio
il che, a suo dire, sarebbe
Citazione:
Originalmente inviato da Franco
un altro esempio di come si possa giocare di fantasia, credendo di applicare, usare il linguaggio proprio delle questioni di principio a questioni di fatto. Quando ci si mette alla ricerca di qualcosa di cui si disconosce l'essenza si usa il linguaggio della probabilità/possibilità e non quello della certezza
e conclude questa sezione, rivolgendosi a me, affermando:
Citazione:
Originalmente inviato da Franco
Lei ha un'unica possibilità per negare il mio rilievo: dire che in fondo la verità non esiste e che ciò che sto leggendo, che lei sta leggendo e che stanno leggendo gli altri forumisti, potrebbe essere un sogno
Successivamente, rispondendo a Giorgiosan, ha espressamente scritto:
Citazione:
Originalmente inviato da Franco
La critica principale da me mossa a Leporello è stata infatti quella del suo uso del modo temporale dell'indicativo per porre e discutere enti e problemi affrontabili soltanto con il modo temporale del condizionale
Con tutto il rispetto, a me sembra che le sue osservazioni siano del tutto irrilevanti e fuorvianti.
Infatti, a proposito del linguaggio, in qualsiasi genere di dimostrazioni, e particolarmente in quelle geometriche (e ciò si può verificare anche solo sfogliando un qualunque testo di scuola media superiore), quando si formula l'ipotesi che deve essere dimostrata (cfr., i vari problemi alla fine di ogni capitolo) si utilizza il linguaggio che lei ha definito della certezza, ossia l'indicativo.
Porto un esempio per tutti: "dimostrare che il segmento che ha per estremi i punti C e D è anche bisettrice dell'angolo esterno del triangolo isoscele BAC, di base BC; il punto D è il punto di intersezione tra la bisettrice dell'angolo ABC e la retta parallela del lato BC passante per il punto A"...
Ripeto: in questo ed in tutti gli altri casi, prima della dimostrazione (cioè prima di sapere se effettivamente il segmento CD è bisettrice dell'angolo esterno in C), il linguaggio utilizzato è quello da lei definito "della certezza", ossia l'indicativo. Se, dunque, fosse vero quanto da lei sostenuto, e cioè che prima di aver dimostrato un fatto si deve utilizzare il linguaggio della probabilità/possibilità (che arbitrariamente lei identifica con il condizionale, scartando l'indicativo), dovremmo affermare senza esitazione che il linguaggio della matematica (in cui le dimostrazioni sono il "pane quotidiano") è erroneo... cosa che neanche il più digiuno di "lettere" si sognerebbe di sottoscrivere.
Un'altra osservazione, correlata alla precedente. Chi ha detto che il linguaggio della probabilità/possibilità sia il condizionale? Se, a chi mi domanda di mio fratello se è in casa, replico: "forse è rimasto in camera sua... io non l'ho visto né sentito", non sto rispondendo utilizzando il modo indicativo? Ora, come è chiaro, anch'esso -in questo caso almeno-è utilizzato nel "linguaggio della probabilità/possibilità", togliendo l'esclusiva al condizione, ossia a quel modo che lei aveva indicato come il solo utilizzabile nel linguaggio della probabilità/possibilità. La sua argomentazione, dunque, (per utilizzare le sue stesse parole) non è verificata "coi metodi di accertamento collettivo", anzi da essi smentita.

Citazione:
Originalmente inviato da Franco
Prima di metterci a cercare risposte, dobbiamo fare attenzione a non porre domande mal costruite. E la Sua Signor Leporello è una questione mal-posta
Alla luce di ciò che ho appena finito di scrivere, pare, invece, che siano proprio le sue considerazioni ad essere mal-poste.

continua...
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Vecchio 24-01-2010, 13.23.27   #226
Leporello
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Riferimento: Dio non esiste

... continua dal post precedente

Citazione:
Originalmente inviato da Franco
Ad un certo punto, Signor Leporello, Lei afferma qualcosa di sorprendente. Quando l'ho letto per la prima volta non ho creduto ai miei occhi.
Citazione:
Originalmente inviato da Leporello
Non centra assolutamente nulla, quindi il dio della tradizione ebraico cristiana
[…]
Le chiedo: è stato Lei ha ad utilizzare l'argomento di Tommaso d'Aquino per impostare il Suo primo discorso metodologico?
A scanso di equivoci, chiedo: qual è il contesto dal quale è stata tratta quella mia frase?
Pongo la domanda per evitare polpettoni!
Ora, per facilitare nella lettura, riporto testo e contesto di seguito, e poi mostrerò il polpettone che ha tentato di rifilare a tutti.

Citazione:
Originalmente inviato da Leporello
Citazione:
Originalmente inviato da Franco
Lei fa affermazioni sul Dio al quale si è fatto riferimento sin dall'inizio del thread e rispetto al quale Orabasta ha formulato una dichiarazione d'inesistenza
Da quanto scritto in ciò che ho appena quotato, signor Franco, è chiaro che lei non ha letto o ha letto solo parzialmente (o, peggio ancora, molto superficialmente) il mio primo intervento.

Lei, infatti, ha appena scritto che io faccio affermazioni sul Dio al quale si è fatto riferimento sin dall'inizio del thread!
Mi domando, con una certa perplessità, se e fino a che punto lei ha letto il mio primo intervento.
Per risparmiarle la fatica di andarlo a cercare, ricopio e quoto di seguito ciò che avrebbe dovuto leggere prima di imbarcarsi in questo botta e risposta con me, ossia la prima parte del mio primo intervento in questo thread:
Citazione:
Originalmente inviato da Leporello
una domanda: la definizione che è stata data di dio da dove la si è presa?

Ipotizzo alcune risposte possibili (l'elenco è passibile di miglioramenti o integrazioni):
- dalla fede (propria o altrui);
- dall'esperienza "diretta" (propria e non altrui, in quanto assumere come vero il contenuto di un'esperienza altrui presuppone un atto di fede in chi l'accoglie);
- dallo studio e dall'approfondimento (proprio o altrui);
- altro [???] (da specificare per il contributo di qualcuno dei lettori del presente intervento).

La domanda non è oziosa, poiché da essa dipende il punto di partenza dell'analisi o dell'argomentazione che ciascuno porta avanti.

Dunque, se la definizione di Dio che è stata data dipende dalla fede, l'interrogativo si sposta; non più se esiste o no il dio definito "così e così", piuttosto da cosa dipenda l'atto di fede che ha fatto assumere come vera la definizione; ossia, perché questa definizione di dio la si è assunta come vera?

Se, invece, essa dipende da una esperienza (cfr., Bernardo di Chiaravalle, Giovanni della croce, Blaise Pascal...), allora -dal punto di vista strettamente filosofico- la definizione può anche essere rigettata (almeno all'origine dell'indagine), in quanto questo personale "contatto" non è di tutti; infatti, per avere una qualsivoglia conoscenza, e quindi anche una conoscenza di dio, si deve partire da ciò che è accessibile a tutti gli uomini.

Non resta che lo studio e l'approfondimento personale; ma in questo caso, prima ancora o contestualmente alla definizione, si devono fornire le ragioni che hanno indotto a formularla; viceversa ci sarebbe una tacita richiesta di fiducia al lettore da parte di chi ha messo per iscritto la definizione stessa (ossia, si chiederebbe a chi legge un atto di fede... ma in filosofia non ci sono questioni passate "in giudicato", poiché l'atteggiamento del filosofo è quello critico, quello di estrema/massima spregiudicatezza)
e immediatamente dopo rincaravo, per così dire, la dose, scrivendo
Citazione:
Originalmente inviato da Leporello
Ma vorrei insistere sul perché (quando "si filosofa") non si può partire da una previa definizione di dio (forse per la formazione tomista che mi porto come zavorra sul groppone) e specificarne le motivazioni

Spero sia chiaro adesso... FINALMENTE? non si può partire da una previa definizione di dio... così ho scritto e così confermo!

Come è lampante, fin dal mio primo intervento io ho ricusato la definizione data da Orabasta perché non dimostrata, ma postulata arbitrariamente.
Non c'entra assolutamente nulla, quindi, il dio della tradizione ebraico-cristiana
Torniamo alla sua citazione della frase da me scritta al termine dell'intervento che ho appena quotato ed alla domanda da lei stesso posta.
Collocata nel contesto in cui è nata e da cui è stata tratta, la frase da lei citata mostra con chiarezza il suo primo ed il suo secondo (ossia l'attuale, quello cioè di cui sto trattando) malinteso.
Infatti, col mio primo post, ripeto, ho ricusato la definizione di Orabasta e, di più, ogni altra definizione (anche quella del dio della tradizione ebraico-cristiana), perché in filosofia il punto di partenza è l'evidente; ed io ho dato delle motivazioni per cui la definizione di dio data da chicchessia (Orabasta compreso) e, quindi, ogni definizione, prima di essere posta, deve essere motivata, ossia deve avere un fondamento… ragion per cui -ripeto- non c'entra nulla il dio della tradizione ebraico-cristiana.
Lei, signor Franco, erroneamente, ha creduto di vedere nelle mie parole (e forse solo perché ho citato Tommaso d'Aquino) un riferimento al dio della tradizione ebraico-cristiana; lei, cioè, ha fatto -e lo ha fatto malamente- un processo alle intenzioni; ha pensato: "questo tizio [scilicet Leporello], che cita Tommaso d'Aquino, vuole rifilarci la dimostrazione del dio cristiano", e così facendo ha preso una cantonata (l'ennesima).
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Vecchio 24-01-2010, 13.24.56   #227
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Procediamo oltre.
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Originalmente inviato da Franco
bisognerebbe dapprima curarsi di non porre falsi problemi, ed il falso problema è nel caso della discussione tra me e Lei, è quello della posizione di qualcosa come un "Dio" a partire da qualcosa come "la realtà di cui abbiamo esperienza e conoscenza come contraddittoria (contingente) in quanto non ha in sé la ragione del proprio essere".
Per contestare ciò, Lei o chi per Lei dovrebbe (ciò vale anche per Tommaso d'Aquino e per coloro che ancor oggi e "miracolosamente" ne seguono le dottrine) di-mostrare, far vedere, o in senso empirico-sperimentale o in senso speculativo, in che modo ed in che senso il reale di cui abbiamo esperienza e conoscenza sia "il" reale, ed anche in che senso ed in che modo, ammesso che lo fosse, esso dovrebbe essere delimitato, trovare limite in una sfera d'essere diversa da se medesima
Ho sempre sostenuto e continuerò a sostenere che, data la inconsistenza della prova ontologica (in quanto "pone prima" la definizione di dio; e, così facendo, ne presuppone la conoscenza… ma, poiché non abbiamo intuizione diretta di dio, non possiamo porre in anticipo alcuna definizione di lui), l'unica modalità che ci resta per dimostrarne l'esistenza è quella che parte dalla conoscenza delle cose di cui abbiamo esperienza e conoscenza (spero che adesso, posto in modo così sintetico, sia chiaro il mio intento metodologico).
Io non ho posto alcuna definizione di dio né di alcunché, bensì ho indicato solo un/il modo per poter conoscere dio "sola ratione" (cioè a prescindere dalla fede).
Indicata, dunque, questa metodologia (in quanto si è scartata l'altra), si può verificare se essa è adatta oppure no (ma sempre a prescindere dai contenuti, poiché la prima la si è scartata proprio a prescindere dal contenuto [contenuto consistente nella definizione di dio], ossia in quanto metodologia che non funziona; scartata per la sua presunzione della conoscenza di dio. Con l'altro metodo si pretende di dimostrare che il dio che già si conosce esiste; ma qualcuno, giustamente, potrebbe domandare: «come fai a dire che dio è "così e così" se non sai neppure se esiste»)…
È, dunque, inutile (e, diciamolo pure, infantile) continuare a dire, come fa lei, signor Franco, che non si può usare il metodo da me indicato perché la realtà di cui abbiamo esperienza non è "così e così" (semmai, questa sua osservazione potrà avanzarla dopo aver valutato, criticato e ponderato, l'analisi della realtà che verrà proposta, ma non prima), in quanto il discorso sulla realtà che è o dovrebbe essere "così e così" si pone in un secondo momento, ossia quando si affronta la questione inerente ai contenuti.
Se poi desidera, una volta chiusa la questione del metodo, che io le fornisca la dimostrazione della contingenza della realtà di cui abbiamo esperienza e conoscenza, me lo chieda pure: sarò ben lieto di fornirgliela... ma che sia e resti chiaro: quest'ultima riguarda il contenuto della dimostrazione, ossia inerisce al primo passo della stessa!

Citazione:
Originalmente inviato da Franco
Per sperare che il terreno produca buoni frutti è necessario seminare, certo, ma prima di seminare, ove richiesto, è necessario bonificare. Per rimanere in metafora: il suo primo intervento è piuttosto erbaccioso
Per rimanere nella stessa metafora: io ho scelto gli attrezzi da lavoro!

Citazione:
Originalmente inviato da Franco
dopo il reale di cui abbiamo esperienza e conoscenza, potrebbe darsi molto, molto di più; un di più che potrebbe essere anche sempre esistito. Di qui il mio rilievo rivolto a coloro che come Lei vorrebbero partire dalla contingenza ai fini di una dimostrazione. Tra l'altro, dopo il reale ponibile come contingente si potrebbe dare e porre un reale non contingente
Su ciò che si pone dopo o al-di-là del reale di cui abbiamo esperienza e conoscenza non possiamo dir nulla prima dell'analisi del reale stesso, altrimenti ricadremmo nel discorso (già a ragione criticato) dell'argomento ontologico (il quale, prima di dimostrare qualcosa, ci dice come essa deve essere).
Una noterella solo di passaggio, comunque, è doveroso che la faccia: se il reale che, come dice lei, "si potrebbe dare e porre" dopo il reale ponibile fosse non contingente, sarebbe necessario; ma come facciamo a dirlo prima di aver analizzato e studiato il reale che si pone sotto la nostra esperienza e conoscenza?

continua...
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Vecchio 24-01-2010, 13.27.37   #228
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Originalmente inviato da Franco
L’uso che ho fatto del passo della Storia della filosofia occidentale di Russell aveva ed ha lo scopo di dare sostanza alla tesi per la quale l’impianto dottrinale dell’Aquinate era ed è sostanzialmente apologetica cristiano cattolica
Galileo Galilei rimproverava ai suoi colleghi di rifiutarsi di guardare nel cannocchiale; ed il motivo da loro addotto per tale rifiuto era: "Aristoteles dixit"... e tanto bastava (e doveva bastare) loro per essere sicuri della verità delle cose: lo aveva detto "il maestro di color che sanno"!
Meno male che Galilei è voluto andare proprio "dentro" le stelle, per verificare se le cose stavano effettivamente come aveva detto Aristotele.
Fuor di novella, si "dà sostanza" alle tesi non quando si cita questo o quest'altro, perché così facendo si ripete, nei fatti almeno, il motto "ipse dixit" di pitagorica memoria; invece, si dà sostanza alle cose quando si dimostra, cioè, si fa vedere che le cose stanno in un determinato modo... e si realizza ciò quando si affronta di petto una questione; ossia, nel caso specifico di Tommaso d'Aquino, quando si prende un testo filosofico dello stesso (dato che prendere l'autore oggi è impossibile) e lo si scandaglia minuziosamente, facendo emergere da esso (ossia di-mostrando) quali siano i suoi punti deboli.
Citare alcuni commentatori, ossia riportare giudizi altrui, è come abdicare alla ragione; cioè, è come vedere con gli occhi degli altri: "ipse dixit", e quindi non ho bisogno di verificare col cannocchiale!
Questo il principio generale, adesso entriamo nel merito delle citazioni fatte, ma prima una veloce digressione, suggeritami da ciò che lei ha scritto.
Citazione:
Originalmente inviato da Franco
All’epoca ero solito chiamarli collezionisti e/o ripetitori della/di filosofia. Di specialisti di questo o quel filosofo ne ho conosciuti e letti, ma ciò non significa che i loro scritti non siano poco più che una collezione di opinioni commentata o un sistema di commenti collezionanti opinioni
Onestamente, leggendola, sembra che lei, signor Franco, abbia imparato benissimo la loro lezione, emulandone, in modo encomiabile, lo stile; infatti, ha stilato un elenco di "commenti collezionanti opinioni"... un detto molto delle mie parti mi sembra azzeccatissimo: "impara l'arte e mettila da parte".
Un corollario: dalla lista di coloro che lei era solito chiamare "collezionisti e/o ripetitori della/di filosofia" non sapremo mai se possa essere annoverata la professoressa Vanni Rovighi, per il semplice motivo che non la conosce (non è mica detto, infatti, che tutti gli specialisti siano come quelli da lei conosciuti)!

Prima di andare alle citazioni da lei riportate, vorrei chiarire un punto cruciale, onde evitare malintesi (Cartesio, indicandoci il suo metodo, ci aveva visto bene: nella confusione, nelle idee indistinte e non-chiare, si annidano gli errori!).
In teologia si distinguono due ambiti:
1) quella naturale,
2) quella rivelata.
La prima è studiata "sola ratione", ossia "dalla sola ragione", ed è, per ciò stesso, una branca del più vasto mondo che chiamiamo "filosofia"; è, cioè, quella parte della filosofia che si occupa (come amano definirla alcuni) dell'essere trascendente; e, ripeto, essa fa uso solo ed esclusivamente del lume della ragione.
La seconda, in quanto accoglie nella fede il dato rivelato, non si identifica -né può identificarsi- con la prima, in quanto la teologia rivelata (o dogmatica: il dogma, infatti, è la verità che dio stesso fa conoscere) indaga con la ragione (ossia tenta di capire umanamente) ciò che dio ha detto di se stesso, del mondo, etc.; Tommaso afferma che quest'ultima è "scientia sanctorum et beatorum", è cioè la conoscenza che hanno santi e beati (in quanto essi già vedono Dio "faccia a faccia").

Forti di questa distinzione, andiamo a metter mano alle citazioni da lei, signor Franco, gentilmente offerteci.
Citazione:
Originalmente inviato da Franco
La teologia si salva dalle contraddizioni che la minacciano al prezzo di un abbassamento del pensiero a mero intelletto. E’ vero che in tal modo si rende possibile assimilare la conoscenza aristotelica del mondo, ma questo ha luogo in un atteggiamento di razionalità antifilosofica. Da questa liberazione e svalutazione del pensiero deriva il fatto che Tommaso usa in teologia metodi che in verità sono filosofici, mentre la teologia si volge agli stessi oggetti della filosofia (ad eccezione dei misteri e dei sacramenti), ma considera ora questi oggetti in rapporto e alla luce dei principi superiori dati dalla rivelazione”. Cfr. Karl Jaspers, La fede filosofica di fronte alla rivelazione, Longanesi, Milano, 1970, pagg. 59-60
Jaspers di cosa sta parlando, a cosa si sta riferendo, chi sta criticando: Tommaso il teologo oppure il filosofo?
Queste domande sono cruciali al fine di determinare l'effettiva validità delle sue critiche alla filosofia (lei, in verità, signor Franco, ha parlato, molto più elusivamente, dello "impianto dottrinale dell'Aquinate", ma poiché stiamo alludendo alle 5 vie, questo "impianto dottrinale" non può se non essere quello filosofico) di Tommaso d'Aquino, sostanziate -per suo stesso dire- dalle citazioni da lei addotte.
Una cosa è, infatti, muovere critiche al filosofo Tommaso, un'altra, invece, è muoverle al teologo Tommaso (non perché egli si sia occupato di entrambe le discipline si può, come nulla fosse, muore una critica dicendo che non è stato un buon filosofo perché si è anche occupato di teologia, o viceversa).
Lo stesso Jaspers ha detto (cito ancora il brano da lei gentilmente offertoci):

Citazione:
Originalmente inviato da Jaspers
Come il regno della natura è ricoperto dalla volta del regno della grazia, così la scienza filosofica è ricoperta dalla scienza teologica. Tra le due scienze [quindi le scienze sono effettivamente due] non può esistere una contraddizione definitiva (poiché ambedue provengono da Dio) e noi non abbiamo il diritto di proporla. Esse però si possono distinguere in modo fondamentale solo se si abbandona la concezione agostiniana della conoscenza
(concezione agostiniana che Tommaso, come è risaputo, non accetta).
Ora, se Jaspers sta parlando del teologo Tommaso, che cosa c'entra il Tommaso filosofo, di cui, invece, stavo parlando io (citando il testo della Vanni-Rovighi, il quale analizza le vie tomiste, per far emergere [in altri termini: "di-mostrare"] la loro perenne validità filosofica: non dimentichiamo da dove è partita la seguente digressione).
Proseguiamo.
Mentre, chiaramente, Jaspers critica il Tommaso teologo, Russell critica il Tommaso filosofo (accusandolo di professare la teologia).
Le ricopio la citazione russelliana, con le sue stesse sottolineature, le mie evidenziazioni saranno in grassetto per evitare di sovrapporle e/o scambiarle.
Citazione:
Originalmente inviato da Russell
"nell’Aquinate c’è ben poco del vero spirito filosofico. A differenza del Socrate platonico, egli non segue il ragionamento ovunque questo possa condurlo. Non è impegnato in una ricerca di cui è impossibile conoscere in anticipo il risultato. Prima di cominciare a filosofare, conosce già la verità, che è quella annunciata dalla fede cattolica. Se Tommaso può trovare argomenti apparentemente razionali in appoggio a qualche dogma della fede, tanto meglio; se non può, deve solo rifarsi alla rivelazione. Trovare argomenti in sostegno a una conclusione già data in anticipo non è filosofia, ma solo una forma di apologetica. Non posso quindi accettare che Tommaso meriti d’esser posto su uno stesso piano con i migliori filosofi della Grecia o dei tempi moderni" Cfr., Bertrand Russell, Storia della filosofa occidentale, Longanesi, Milano, 1975, pag. 445
Qual è la verità annunciata dalla fede, se non quella data da dio stesso ed accettata, appunto, nella fede ed indagata dalla teologia? Chi si rifà alla rivelazione, se non il teologo? Ora, di fronte a questo chiaro e distinto (Cartesio docet) riconoscimento di Tommaso come teologo della rivelazione, come si può poi dire che proprio in ciò egli non è filosofo... io mi permetto aggiungere: menomale! Grave, gravissimo se lo fosse! Il teologo si occupa di indagare le cose che dio stesso ha rivelato, e quindi, in qualche modo, il teologo possiede già la verità, quella stessa accettata nella fede!
Il filosofo no; il filosofo, invece, va alla ricerca della verità, non ce l'ha prima (come, invece, è per il teologo)... come ho più volte ribadito in queste pagine: in filosofia non si dà nulla per scontato!
Dunque, concludendo, il commento di Russell su Tommaso è fazioso ed ideologico!

continua...
Leporello is offline  
Vecchio 24-01-2010, 13.29.54   #229
Leporello
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Riferimento: Dio non esiste

... continua dal post precedente

Cosa ha combinato, infatti, l'esimio premio nobel? Niente meno che un bel polpettone concettuale: ha messo assieme filosofia e teologia presenti nella riflessione di Tommaso d'Aquino è l'ha presentate come fossero una cosa sola; verità della rivelazione e verità della ragione (che lo stesso Tommaso nella prima quaestio della Summa Theologiae distingue con precisione) vengono da Russell considerate come fossero una cosa sola, vengono cioè mischiate, come si fa con gli ingredienti del ripieno del polpettone (anche se -ripeto- in questo caso il polpettone è concettuale).
Concludendo sui due filosofi. L'uno, l'esistenzialista (più onesto), tenta di riconoscere l'effettivo significato della scienza teologica (ma l'intenzione non poteva essere che quella, dato il titolo del libro da cui è tratta la citazione), l'altro, il logico (fazioso ed ideologico), mentre da un lato si riferisce alla teologia come scienza rivelata, dall'altra critica Tommaso il filosofo, accusandolo di essere teologo (ed io mi chiedo: che forse un filosofo [oppure un teologo] non può occuparsi di altro? forse che il mio docente di teoretica non poteva occuparsi, a tempo perso, di storia patria, o magari di teologia, perché insegnava filosofia all'università? o che qualcuno possa mettere in dubbio la sua competenza filosofica solo perché egli scrive anche di altro? Qualcuno risponderà: sciocchezze, l'una cosa non è l'altra... bene! esattamente quello che penso io: l'una cosa non è l'altra! Anche per Tommaso vale lo stesso: la teologia filosofica in lui è un'altra cosa rispetto alla teologia razionale; chi, come Russell e o i suoi eponimi, mischia le due, tentando di denigrarlo come filosofo, fa una vera e propria sciocchezza!).
Stesso discorso può farsi per le citazioni di Heidegger (risparmio a tutti l'analisi minuziosa del testo bi-citato).

Citazione:
Originalmente inviato da Franco
Né lei, né la Signora Sofia Vanni Rovighi, nè Tommaso d’Aquino dimostrano l’esistenza di “Dio” a partire dalla tesi fondamentale (principio) di non-contraddizione
Due rilievi!

Primo.
a) Lei non ha ancora letto mie argomentazioni dimostranti la contingenza della realtà, in quanto su queste pagine web non ho ancora scritto un rigo in merito a tale argomento;
b) Lei non ha letto alcuno scritto di Sofia Vanni Rovighi in merito allo stesso argomento di cui sopra, dato che -per sua stessa ammissione- non la conosce (ed io stesso le ho indicato alcuni suoi libri);
c) Lei, di Tommaso d'Aquino, ha una conoscenza "recondita", per due motivi: sia perché distante nel tempo (lei stesso ha scritto che il suo primo approccio con il nostro è avvenuto 12 anni or sono, in un corso universitario), sia perché la sua conoscenza è "mediata", indiretta (e ciò si può sostenere alla luce del fatto che lei stesso ha dichiarato di non possedere alcun testo dell'aquinate). In altre parole, lei si è "fidato" di coloro che le hanno parlato di Tommaso d'Aquino; cosa utile, ma solo al fine di una conoscenza superficiale, o per sentito dire... tuttavia, per conoscere veramente un pensatore, è necessario affrontarlo direttamente: cosa che a lei, ohimè, ancora manca!
Stante tutto ciò, come può sostenere che egli, Tommaso d'Aquino, non ha dimostrato l'esistenza di dio a partire dal principio di non-contraddizione? Forse perché alcuni (docenti, scrittori, etc.) le hanno detto così? E come fa a dire che le notizie a lei offerte dalle sue fonti siano autentiche, se non le ha confrontate con la fonte originale, ossia non le ha confrontate direttamente con gli scritti di Tommaso d'Aquino? Si è fidato delle sue fonti e si è affidato a loro! "Ipsi dixerunt... dunque non c'è motivo di guardare nel cannocchiale" (povero Galileo!).

Secondo.
Lei, signor Franco, a proposito della correttezza nell'utilizzo delle forme verbali, predica bene ma razzola male!
Come fa, infatti, ad utilizzare l'indicativo presente (che per sua stessa ammissione [l'indicativo] è il modo della certezza), nella parte che ho quotato sopra, senza avere assolutamente nulla (almeno per quel che riguarda me o la professoressa Vanni Rovighi) su cui fondare il suo giudizio; il suo è solo un pregiudizio, o, tutt'al più, una probabilità... ma in questo caso (per coerenza) avrebbe dovuto utilizzare il modo condizionale. Cosa dovrei replicare, che la sua è una osservazione mal-posta?

Sulla questione dell'ens creatum non replico, dovrei citare e commentare troppi brani di Tommaso (lascio alla buona volontà di chi vorrà approfondire, la sola indicazione di leggere la quaestio 2 della prima pars della Summa Theologiae, prologo compreso); anche perché mi rendo conto che ho già scritto più di quanto una persona possa sopportare tutto in una volta... sono, comunque, sempre pronto a qualsiasi replica.

Gaetano T.
Leporello is offline  
Vecchio 24-01-2010, 14.38.51   #230
Giorgiosan
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Messaggi: 2,009
Riferimento: Dio non esiste

Schopenhauer ha definito l'essere umano animal metaphysicum perchè esso è spirito e materia, corpo ed anima.
Chi non riesce a cogliere quel piano della realtà rappresentato dalla vita spirituale è nell'impossibilità di vedere, di credere all'esistenza di qualcuno che supera i limiti della vita biologica, di credere a quegli eventi che superano la fisica e la biologia non contraddicendole ma compiendole.

La metafisica è stata liberata dal progresso scientifico da una supplenza che l'ha restituita al suo autentico oggetto.
Ha detto un conoscitore della storia della filosofia: per l'essere umano la metafisica è una esigenza biologica ovvero è una esigenza connaturale, primaria e fondamentale, come l'esigenza di mangiare, dormire, vestirsi.
La negazione della metafisica viene a coincidere con la banalità.

Perchè esseri umani vedono lo spirito ed esseri umani non lo vedono?

Ho il sospetto che non vogliano vederlo ed ho questo sospetto perchè le loro argomentazioni sono sempre "eccessive", prescindono dal senso comune, sono aride, non sfiorano mai l'estetica, non considerano la storia, e nemmeno i sentimenti.

Mi chiedo il perchè e mi chiedo quanta responsabilità hanno di questo coloro che vedono.

Ultima modifica di Giorgiosan : 24-01-2010 alle ore 19.47.42.
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